Il festival dei numeri record è diventato il bersaglio della maggioranza di governo. Perché è il momento di una “nuova narrazione” più “tradizionale”. E di piazzare gli amici sulle poltrone giuste

La destra aveva bisogno di una leva. E Sanremo tra baci e rapper “trasgressivi”, si è rivelato lo strumento perfetto per colpire i dirigenti Rai. Il piano è semplice: cambiare i vertici della tv pubblica mettendo persone più vicine alla nuova maggioranza e portare il paese verso la tanto agognata “nuova narrazione”. Un cambiamento collettivo della coscienza grazie a una rappresentazione più “tradizionale”.

 

Più delle precedenti, la settantatreesima edizione del Festival è stata infatti presentata come una kermesse infestata dal fantasma gender. La paura più presente negli ultimi anni, cavalcata da Fratelli D’Italia, è quella del declino dei valori: della famiglia “tradizionale”, dei nuovi diritti e di un mondo che cambia. Sanremo, che mai come negli ultimi anni ha rispecchiato la nuova società italiana in termini di pluralismo e rappresentatività di voci diverse, è diventato così il bersaglio perfetto.

 

In principio erano stati i Pro-Vita, il gruppo anti-scelta e anti-lgbt che da sempre diffondono la teoria cospirazionista che vuole una non meglio specificata lobby Lgbt impegnata nel tentativo di “cancellare i maschi e le femmine” e “distruggere la famiglia naturale”. Fratelli d'Italia segue questo movimento fin dalla sua prima manifestazione a luglio del 2013 a Roma. Così dietro il twerking di Rosa Chemical su Fedez, seguito da un bacio e dietro la collana a forma di utero di Chiara Ferragni, ci sarebbe lui, il complotto del pensiero unico.

 

Lo spettro del gender
Per gli studiosi le espressioni “il gender”, “ideologia gender” o “la teoria del genere” sono categorie polemiche create dal Vaticano verso la fine degli anni Novanta che puntano a distorcere studi scientifici e demonizzano analisi e teorie che pensano l’ordine sessuale come politico e storico che pesa fortemente sulle spalle delle donne o delle persone non-eterosessuali. Lo scopo, dichiarato, è di riaffermare la visione secondo la quale uomini e donne sarebbero gruppi naturali e naturalmente complementari, considerando eterne e universali quelle che invece sono solo il risultato di una certa epoca: cioè che l’identità vera della donna sia essere madre e moglie.

 

Lo spettro del gender è entrato così nell’armamentario retorico della destra insieme alla “grande sostituzione dei popoli europei da parte di popoli non europei” e alla difesa della “famiglia naturale” e delle “radici cristiane dell’Europa”. Parole chiave dell’estrema destra europea, da Vox in Spagna all’Afd in Germania, passando per la Lega e Fratelli d’Italia nel nostro paese.

 

La Presidente Giorgia Meloni si è fatta più volte portatrice di questo messaggio allarmante. Anche se candidamente ha dimostrato la sua fallacia: «Non ho idea di cosa voglia dire».

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Il vero obiettivo di Fdi
Grazie a Sanremo la narrazione si irrobustisce. Basta sfogliare i quotidiani più vicini alla compagine di governo: Libero parla di “Festival Inquinato e ideologia gender-fluid”. Per La Verità quella appena conclusa è “l’edizione fluida del Festival di «Zan Remo» con bacio omo”. Il Giornale scrive di “ostentazione e ossessione della diversità”.

 

Il palco di Sanremo è in realtà da tempo il palco dei baci ostentati. Come dimenticare Luca Bizzarri e Gianni Morandi nel 2011, Paolo Bonolis e Luca Laurenti nel 2009, Fiorello e Fabrizio del Noce e ancora Fiorello con Tiziano Ferro nel 2020. Per non parlare della gag di Roberto Benigni con un imbarazzato Pippo Baudo a cui toccò anche le parti intime in diretta televisiva di fronte a milioni di telespettatori.

 

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Eppure, dentro questo turbinio di polemiche iniziate con l'invito a Zelensky e incendiate dallo show di Fedez che ha strappato in diretta la foto del viceministro Galeazzo Bignami travestito da nazista, è stato il bacio tra due uomini (Fedez e Rosa Chemical) a portare Fratelli d’Italia a bollare il festival come «killeraggio politico».

 

Così il gender è diventato un pretesto, un modo per fare una cosa. Ma la Cosa – la luna, non il dito - è un'altra. La cosa è la presa della tv pubblica. A svelarlo senza ipocrisie è Gianmarco Mazzi, sottosegretario alla Cultura: «Cambiare i vertici della Rai? Non dipende da me o solamente da me ma penso che lo faremo. È giusto cambiare la narrazione del Paese». Anche l’ideologo della destra Francesco Giubilei, presidente della fondazione Tatarella e collaboratore del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano: «Sul piano culturale il mondo conservatore è determinato a dire basta a una certa egemonia culturale».

 

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Il festival dei record - una media di share del 63,1%, la più alta dal 1995 - è il ponte che la destra usa per rivoluzionare i vertici dell’azienda e ottenere la testa dell’ad Carlo Fuortes. E spuntano i profili dei suoi possibili successori: fra i candidati ci sono Roberto Sergio, direttore di Radio Rai, Paolo Del Brocco, amministratore delegato di Rai Cinema, e Giampaolo Rossi, che nella precedente legislatura fu consigliere d'amministrazione dell'ente in quota FdI. Su questo nome spingerebbe Giorgia Meloni.

 

Rossi, come raccontato da Susanna Turco su L’Espresso, può vantare un profilo «marinettiano» per autodefinizione, già presidente della commissione cultura della Regione Lazio e direttore del master di Media&Entertainment alla Link campus university, direttore di RaiNet tra il 2004 e il 2012. Lanciò per Fratelli d’Italia il “Natale dei conservatori”. Prima di entrare in Rai aveva paragonato Mattarella a Dracula e lo aveva assimilato a un golpista.