Le hit parade sono dominate dal festival. E da un meccanismo commerciale che uccide ogni originalità. E le rende tutte uguali

C’era una volta il mercato della musica, con le sue varietà e oscillazioni temporali, le mode, i mutamenti generazionali, le ventate di innovazione creativa. Ora c’è una sfarzosa vetrina, dove però gli oggetti in vendita tendono ad assomigliarsi sempre di più. Le classifiche ufficiali della discografia e le graduatorie delle piattaforme danno lo stesso identico risultato. Nei primi 50 posti ci sono tutti e 28 i pezzi del festival di Sanremo, e nei primi 20 ce ne sono ben diciotto; su Spotify dal primo al nono posto è un’unica passerella, dalla Cenere di Lazza fino all’Alba di Ultimo, passando per Mengoni, Mr. Rain, Madame e Rosa Chemical, cose da pazzi e mai viste prima d’ora.

Lazza straccia ogni record tra album e singolo, e chiede scusa a Vasco perché gli avrebbe tolto un primato di permanenza in classifica, anche se, senza nulla togliere all’esplosiva avventura di Lazza, i paragoni col passato sono impropri perché i meccanismi sono talmente diversi da giustificare una sorta di anno zero, di tabula rasa da cui ripartire da capo, come fosse un nuovo mondo, cosa che di fatto è.

Ma non mancano gli aspetti paradossali. Nel nuovo mondo ci sta che l’ex regno del male, il festival di Sanremo, l’oggetto in assoluto più antico in circolazione, sia diventato una sorta di Eldorado della nuova musica. O meglio, la produzione discografica è arrivata ad alcune forti semplificazioni. Si lavora sostanzialmente con due scadenze: Sanremo e i singoli per l’estate, il che ovviamente porta anche a una semplificazione creativa. C’è fretta, poco tempo per agganciare l’attenzione del pubblico, c’è un effetto di polverizzazione che arriva dall’invasivo linguaggio di TikTok, drop, ganci, trucchi di ogni tipo si inseguono in una rincorsa senza fine, secondo logiche ferree e sempre più irrinunciabili. Questi sono i fatti.

Giorni fa, ricordando la scomparsa di Alberto Radius, genio discreto della storia della canzone, abbiamo riascoltato in radio un pezzo come “Eppur mi son scordato di te”, scritto per la Formula 3 da Battisti e Mogol. Bene, non stiamo parlando di dodecafonia, stiamo parlando di una hit memorabile, che tutti ricordano, che tutti cantano, eppure è di fatto quasi un pezzo progressive, c’è un intro di chitarra che dura più di un minuto, il pezzo cambia ritmo, atmosfera, sembra una minisuite.

La domanda è questa: se qualcuno oggi proponesse un pezzo del genere verrebbe preso in considerazione? Arriverebbe in classifica? Forse no, e se è così allora dobbiamo preoccuparci seriamente. La musica deve essere il regno del possibile, non un imbuto che si stringe sempre di più.

 

UP & DOWN

Nel sito creato per accompagnare la cerimonia dell’incoronazione di Re Carlo d’Inghilterra, il 6 maggio scorso, è stata immaginata una playlist con 27 canzoni che attraversano decadi pop rock inglese. Ci sono ovviamente Beatles e Queen, ma anche Boney M e Spice Girls.

 

Bacchettando i giovani trasgressori (verosimilmente i sanremesi Rosa Chemical e Blanco), per uno spessore artistico che non c’è, Renato Zero ha peccato di scarsa benevolenza. Quando ha iniziato lui gliene dicevano di molto peggio. Per acquisire spessore c’è sempre tempo.