La pubblica amministrazione, grazie anche allo statuto speciale, garantisce posti di lavoro e consenso. Gli inoccupati sono il 5,5 per cento, mentre lievitano i bilanci delle due province autonome di Trento e Bolzano

Le istituzioni trasformate in fabbriche di consenso e di posti lavoro. Il tutto grazie a un’antichissima autonomia, che risale al 1961, e che consente alle due province a statuto speciale, Trento e Bolzano, di trattenere in loco il 90 per cento delle tasse. Libertà di spendere, dunque. Ma anche di sprecare. Risultato: la disoccupazione è al 5,5 per cento (dati Istat 2013), la più bassa d’Italia, inferiore persino alla Repubblica di San Marino, dove è al 6,1. Migliaia di cittadini, in Trentino Alto Adige, lavorano nei palazzi della politica e altrettanti vivono grazie all’indotto generato da enti pubblici con una capacità di spesa fuori dal normale. A mostrarlo sono i bilanci delle due province autonome: a Bolzano si spendono 100 milioni di euro l’anno per il personale, mentre a Trento si tocca la cifra record di 216 milioni.

Qualche raffronto mostra meglio quanto la spesa sia abnorme. Le province di Milano e Roma, spesso considerate sprecone, hanno una popolazione di 4 milioni di abitanti e spendono in personale rispettivamente 78 e 96 milioni. Quella di Palermo conta una popolazione di 1,3 milioni e ne spende 49 per pagare gli stipendi. In Trentino Alto Adige invece i costi risultano triplicati, nonostante l’esiguo numero di abitanti: all’incirca 500 mila per ognuna delle due province a statuto speciale.

Allora forse si capisce perché, da queste parti, c’è la classe politica più longeva d’Italia, che ha attraversato incolume la prima e la seconda Repubblica, nonostante gli scandali. In Alto Adige, dal dopoguerra a oggi, la Südtiroler Volkspartei non ha mai perso una competizione elettorale, arrivando spesso da sola sopra il 50 per cento, mentre in Trentino gli autonomisti, organizzati in liste civiche, mantengono il potere grazie a un accordo pluridecennale con il centrosinistra. La fedeltà degli elettori è impressionante, ricambiata da governanti che offrono sia servizi efficienti sia lavoro. Però il conto è salato. E a pagare sono i cittadini delle altre regioni, alle quali lo Stato trasferisce somme assai parche e molto spesso già vincolate. In Trentino Alto Adige, invece, la quasi totalità dei tributi raccolti resta sulle montagne e gli amministratori locali possono disporne a piacimento. La provincia di Trento incamera tasse per 4,6 miliardi e lo Stato ne restituisce la bellezza di 3,5. Stessa musica a Bolzano, dove le entrate tributarie superano i 4,2 miliardi, 3,6 dei quali rimangono in Südtirol.

E’ più facile amministrare così. Tanto che, in anni in cui si aboliscono le province e si tagliano i costi della politica, il Trentino Alto Adige va controcorrente: nel 2006 nascono le ‘comunità di valle’ – ente intermedio fra province autonome e comuni – e quando qualcuno pensa di risparmiare qualche soldo eliminando queste strutture di dubbia utilità con un referendum, il popolo dice ‘no’. Manca il quorum e i promotori della consultazione alzano bandiera bianca.

Qualcosa, tuttavia, è stato fatto. In provincia di Trento, dopo gli scandali delle consulenze facili (un esempio su tutti: un progetto per la creazione di un social network, poi risultato inesistente, ha ricevuto un contributo di 240 mila euro), è montata un po’ di rabbia popolare. I consiglieri provinciali hanno dunque deciso di ridursi gli stipendi: da 9.100 euro a 5.900 mensili. Parliamo di cifre nette, cui si aggiungono i rimborsi per le spese di viaggio di 0,33 centesimi al chilometro, che incidono sul bilancio per oltre 2 milioni di euro. Cosa analoga è successa in Alto Adige, eccezion fatta per il presidente della provincia autonoma Arno Kompatscher – succeduto al collega Luis Durnwalder, padre padrone della Svp, dopo 25 anni di potere incontrastato – che conserva la super indennità di 12 mila euro netti al mese: guadagna più del presidente degli Stati Uniti d’America.

Ma gli elettori sembrano ignorare sprechi e scandali. Un assessore è accusato di aver truccato le concessioni per l’energia idroelettrica per favorire la società elettrica altoatesina, ovvero amici e compagni di partito. E un’altra inchiesta riguarda i vitalizi: i politici del Südtirol avrebbero stracciato una consulenza da loro stessi richiesta perché l’esperto aveva calcolato vitalizi troppo bassi, affidando poi un nuovo incarico a un altro consulente, che avrebbe finalmente fornito le cifre desiderate e di molto superiori.

Intanto i cittadini delle province autonome di Trento e Bolzano continuano a godersi i privilegi di una situazione senza confronti, figlia della ‘notte dei fuochi’, ovvero la stagione degli attentati ai tralicci dell’alta tensione per chiedere il ritorno dell’Alto Adige all’Austria. La Democrazia Cristiana, pur di far cessare le violenze, siglò negli anni Sessanta un patto a tutto vantaggio degli indipendentisti che, ricoperti d’oro, decisero di rimanere italiani. Il leader della Südtiroler Volkspartei era Silvius Magnago, scomparso nel maggio 2010. L’anno scorso, al costo di 695 mila euro, gli è stata dedicata la piazza principale di Bolzano.