Due assistenti fanno causa: "Pagati dal partito, ma eravamo al servizio dell'ex Cavaliere". E raccontano la lotta di potere nella villa di Arcore

«Cari ragazzi, mi spiace ma ho finito i soldi». Così Silvio Berlusconi ha messo alla porta due dei suoi assistenti, che ora si sono rivolti al Tribunale del Lavoro. Lo rivela “l'Espresso” nel numero in edicola. Paolo Cagnoni e Giuseppe Villa per quindici anni sono rimasti in servizio ad Arcore, assunti dal partito, mentre in realtà erano agli ordini diretti di Berlusconi. Avevano compiti di altissima fiducia: rispondevano alle lettere dei questuanti, ricevevano politici e amministratori locali, telefonavano ai ministri per impartire indicazioni.

«Con Berlusconi avevamo un rapporto diretto soprattutto quando a capo della sua segreteria c’era Marinella. E nel momento in cui lei se ne è andata il clima generale nelle stanze di Arcore è cambiato in peggio», racconta ancora Villa.

Il comando finisce in mano a Maria Rosaria Rossi, che fa mettere sull’ingresso della dimora brianzola una targa di ottone con il suo nome: neppure Silvio Berlusconi ne ha una.

I due assistenti, di fatto, sono le prime vittime della spending review di Maria Rosaria Rossi.

I due si sono rivolti ai giudici per vedere riconosciuti i loro diritti: il 30 marzo Berlusconi sarà chiamato a rispondere al Tribunale del Lavoro di Monza insieme a Forza Italia e Pdl per licenziamento illegittimo e per presunti contratti fittizi. Sostengono infatti che i loro contratti co.co.co in realtà celassero un rapporto di lavoro subordinato non coi partiti ma direttamente con Silvio Berlusconi.

«Villa utilizzava esclusivamente mezzi e strumenti di Berlusconi, avendo a disposizione nella sede di Arcore una regolare postazione di lavoro con computer, linea internet, telefono, nonché vitto ai ristoranti locali che venivano pagati dallo stesso Berlusconi», si legge in uno dei due atti.

Ma le accuse vanno oltre evidenziando che i contratti, reiterati e con sede diversa da Arcore (era indicato l’indirizzo della segreteria regionale di Forza Italia a Milano), «sarebbero stati fittiziamente voluti dal Berlusconi». Tra le accuse, i mancati pagamenti previdenziali, frodi attraverso fittizie ricevute fiscali, progetti inventati e non rispondenti alle reali mansioni, licenziamento senza giusta causa.

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