Nel cassetto del ministero delle Infrastrutture giace un piano che consentirebbe, già da ora, di traghettare i vagoni tra Messina e Reggio Calabria in un’ora anziché le oltre due che servono oggi. Ma può attendere, in attesa del ponte. E si rischia di perdere mezzo miliardo di investimenti

I riflettori devono restare puntati sul ponte. O sull’idea di ponte, poiché al momento manca il progetto e pure i soldi per finanziarlo. Al contrario stanno venendo a galla i nodi incagliati da 54 anni di discussioni, fra costi di gestione stellari, mancate autorizzazioni ambientali e tecniche e il piano a campata unica, vecchio di vent’anni, che già nel 2012 costava 8,5 miliardi di euro: questioni che hanno fatto dell’attraversamento di Messina una storia infinita. Anzi, una storia mai iniziata.

 

Ma dicevamo, ciò che conta è non spostare le luci della ribalta dal ponte sullo Stretto, facendo ombra, tra le altre cose, anche a un progetto del ministero delle Infrastrutture che risale al 2021 e punta a dimezzare i tempi di traghettamento dei treni fra Messina e Reggio Calabria: da due ore e un quarto a un’ora. Ma andiamo con ordine e riavvolgiamo il nastro: nel 2020 la ministra Paola De Micheli dà il via alla commissione tecnica per il ponte sullo Stretto, ma l’esito dell'indagine arriva a governo Conte II già tramontato. Il successore, Enrico Giovannini, presenta l’esito della commissione: il ritardo economico di Sicilia e Calabria è gravissimo e migliorare i collegamenti fra le due regioni consentirebbe un aumento del traffico merci, del turismo, della connessione con il resto d’Europa, un aumento demografico e un miglioramento delle condizioni economiche della popolazione. Il problema è la tempistica: il ponte arriverà (se arriverà) fra decenni, mentre il gap va risolto subito. Dev’essere per questo che nell’estate del 2021, in audizione alle commissioni riunite Ambiente e Trasporti, Giovannini fa sapere di aver affidato a Rfi la redazione del progetto di fattibilità tecnica ed economica per il ponte a una o più campate, e di aver deciso di intraprendere «una serie di azioni per aiutare cittadini e imprese a migliorare benessere e competitività». L’idea è: in attesa del ponte, proviamo a velocizzare i viaggi in treno. Del resto i dati della commissione De Micheli farebbero arrossire qualsiasi amministratore o manager locale e nazionale (ovviamente di un altro Paese, perché in Italia non si vergogna mai nessuno): per andare da Palermo a Napoli ci vogliono nove ore di treno, mentre da Torino a Roma ne bastano cinque. Siciliani e calabresi hanno un’accessibilità ferroviaria del 51 per cento inferiore rispetto a chi vive al Nord.

 

Giovannini presenta in commissione un progetto «che potrebbe essere operativo dall’estate 2022 e consiste nell’inserimento di batterie su 16 locomotive per velocizzare le manovre di carico e scarico treni e l’eliminazione della trazione diesel così da ridurre i tempi di trasbordo fino a un’ora, ma anche per l’acquisto di 12 treni Intercity elettrici di ultima generazione». Costo dell'operazione: 80 milioni. A causa della carenza di microchip il piano è stato prima rimandato all’autunno 2022 e poi è svanito nel nulla. A quanto risulta a L’Espresso, l’amministratore delegato di Trenitalia, il ligure Luigi Corradi, avrebbe nel frattempo portato a termine il progetto e 10 locomotori sarebbero pronti. Trenitalia spiega di «essere in fase di test, che proseguirà fino a settembre su tutti i dieci locomotori». I ritardi sul cronoprogramma derivano dalla mancata modifica degli orari dei treni in Sicilia da parte del Mit oggi a trazione leghista con Matteo Salvini.

 

Del resto è l’intero piano di velocizzazione della linea ferroviaria tra Reggio Calabria e Messina a essere cascato in un gigantesco buco nero con l’arrivo di Salvini, così come afferma una relazione della Corte dei Conti, che chiede conto dei 510 milioni di euro, provenienti da Pnrr e fondo complementare, investiti non solo per dotare di batterie i treni, ma anche per l’acquisto di tre nuove navi meno inquinanti (che ridurrebbero i tempi di trasbordo a 35 minuti) e di un’altra imbarcazione più lunga che accorcerebbe ulteriormente i tempi. La Corte dei Conti ritiene che, visti i ritardi nell’aggiudicazione dei bandi di gara e la lentezza nella realizzazione di questo piano, sarebbe utile rivedere gli investimenti alla luce dell’intenzione di realizzare il ponte. La gara d’appalto per le nuove navi, che è stata bandita a giugno 2022, è ancora in corso e, spiega Trenitalia «si stanno conducendo i necessari approfondimenti correlati all'eventuale aggiudicazione».

 

Ricapitolando: i treni da e per la Sicilia potrebbero impiegare un’ora in meno per il traghettamento, ma senza fretta. Mentre le gare d’appalto e l'intero piano da mezzo miliardo, già finanziato dall’Europa e dallo Stato, per ridurre i tempi di viaggio in treno, è sospeso su un ponte mai visto, che ci è già costato un miliardo e che potrebbe, forse, iniziare ad essere costruito fra due anni. Il risultato è la paralisi perenne per un territorio fra i più arretrati d’Europa. Del resto, dicevamo, l’obiettivo deve essere quello di non spostare le luci della ribalta dal ponte sullo Stretto. Perché è questo ciò che conta, non certo la possibilità per chi vive a Messina di poter raggiungere Reggio Calabria nel più breve tempo possibile, senza dover aspettare il ponte che verrà.