L’Alta velocità Torino-Lione coagula la lotta sui due versanti delle Alpi. Evidenziando la necessità di un movimento internazionale e popolare che unisca forze eterogenee senza omologarle. Si deve pensare e agire localmente, così come pensare e agire globalmente

Il 17 giugno, nella Val Maurienne in Francia, si è tenuto un corteo popolare e internazionale contro il Tav. Nella valle, per la prima volta dopo diversi anni, i due lati della montagna coinvolta nel progetto si sono uniti per dare un nuovo slancio alla lotta franco-italiana contro la costruzione della «nuova» linea ferroviaria ad alta velocità tra Torino e Lione. All’evento hanno partecipato 4 mila manifestanti di numerose realtà francesi tra cui il sindacato contadino Conféderation Paysanne, il sindacato Sud Rail e i vari comitati di lotta locale No Tav. Massiccia la presenza del movimento ecologista francese Soulévements de la Terre che nell’ultimo anno ha alimentato numerose lotte territoriali francesi, riuscendo a bloccare ogni singolo progetto contestato; dal 21 giugno, il movimento sarà probabilmente costretto dal governo Macron allo scioglimento.

L’unione delle forze e delle energie franco-italiane sono particolarmente rilevanti viste le voci che trapelano da Oltralpe sul possibile rinvio dei lavori al 2043. Che il Tav sia un progetto ormai obsoleto e costosissimo, oltreché dannoso per tutto il territorio che attraversa non è una novità. Il weekend di giugno è stata un’ulteriore occasione per ribadire la resistenza contro l’opera e la sua capacità di aggregare e moltiplicare i movimenti. Dalle questioni più strettamente ecologiche come l’accaparramento e l’inquinamento delle acque, alle emissioni di gas serra e l’alterazione degli habitat, il Tav tocca anche i nervi di molte questioni sociali quali la perpetrazione di opere inutili e speculative, di cui rimane un simbolo.

Nelle parole di un militante: «Se non fosse esistito il movimento No Tav, avrebbero già accantonato il progetto da decenni». La natura delle lotte odierne ha qualcosa di apertamente frattale: la necessità di un movimento internazionale e popolare è quella di tenere insieme forze, slanci e aspirazioni disordinate senza perciò allinearle, omologarle. Tempo fa si diceva: «Pensa globalmente, agisci localmente». Ora si deve pensare e agire localmente, così come pensare e agire globalmente.

Spesso la contestazione di un progetto, significa contestare la società per quella che è. Nella contestazione, si crea un nuovo immaginario, si esprimono dei desideri di un mondo possibile: la possibilità, per esempio di ri-immettersi in un destino già scritto. «La natura si ribella, la terra trema, la montagna resiste». Personificare la natura non è solo uno sforzo poetico-militante, ma la realizzazione del fatto che gli esseri umani, in quanto parte della natura, si ribellano: non con essa, ma in quanto parte di questa.

Oltre il consueto uso massiccio di lacrimogeni, durante il corteo sono state lanciate una decina di granate, ferendo gravemente una cinquantina di persone, con 6 ricoveri di cui 2 in prognosi funzionale minacciata. La mattina del 17 giugno, circa 300 manifestanti sono stati bloccati al confine tra Italia e Francia per più di quattro ore, a cinquanta di loro è stato negato l’ingresso nel territorio francese per uno o più giorni. Così si tenta di disperdere le energie, di frammentare, di creare tensione e paura, ma soprattutto confusione e smarrimento. Ogni diritto sembra revocabile, le frontiere, invisibili per chi ha il privilegio dei documenti, d’improvviso diventano più spesse: Stati non ancora totalmente militarizzati, certo, ma militarizzabili, secondo le evenienze.