Al centro della serie Flaked, ambientata ?a Venice, c’è l’incapacità del protagonista?di rigenerare se stesso. Tra alcol e bugie

Venice, quartiere nel versante ovest della californiana Los Angeles, è la porzione di mondo esatta per implodere. Travolti da una luce in vena di sfumature arancioni, assecondati dalla profondità di spiagge affacciate per infiniti chilometri sull’oceano, sospinti come non bastasse da un complessivo retrogusto bohémien, i comparti più sepolti dell’anima ospitano - oltre a improvvise vampate di beatitudine - l’essenza della malinconia. Quella per l’appunto che genera l’implosione e che giustifica su Netflix il titolo della serie Flaked. Cioè sfaldato, spappolato, ridotto a poltiglia in attesa di una resurrezione che stenta a venire.

Questa, in sintesi, è la condizione quotidiana di Will Arnett nei panni del protagonista Chip, un quarantenne di conclamato charme che gestisce sulla costa un negozio di arredamento privo di clienti. Anni addietro, spiega la trama, ha investito in preda a un’ubriacatura un ragazzo, e dal giorno dell’omicidio il suo curriculum si è arricchito prima del cedimento all’alcol e poi di una redenzione che lo ha portato in un centro di rehab.

Percorso virtuoso, ad accontentarsi delle apparenze, e una corsa invece verso lo sprofondo se si considera il flusso di menzogne che Chip dissemina dentro se stesso e nel circolo delle proprie amicizie. Questioni legate al giorno dell’incidente stradale, ma anche alla relazione amorosa con un’anima tanto bionda quanto inquieta (l’esile London) che all’improvviso appare al suo orizzonte. Il superamento definitivo delle angosce più incontenibili, viene d’istinto da credere, mentre in realtà questo sentimento stronca ogni possibilità di pace interiore, smascherando tutti i limiti del ciondolante Chip.

Ne sa qualcosa l’ex coinquilino Dennis, inferocito e spossato da tanta miopia, e diventa presto chiaro anche al pubblico armato di telecomando, inevitabilmente sedotto in Flaked dall’alternanza di ironia e tristezze, speranze di miracoli e cadute a raffica. Poco importa, in fondo, se sia prevista dalla sceneggiatura una via d’uscita. La bellezza dell’opera sta nel seguire la parata di vite inchiodate all’oggi; anzi se possibile, a tratti, viziate dagli strascichi di un passato troppo pesante. L’esatto opposto di ciò che servirebbe a Chip e alla sua congrega di gente fragile per generare un poco di ottimismo, e anche uno sguardo carico di verità su cosa è davvero l’esistenza umana: un viaggio in grado ad ogni curva di costringerci alla modalità “flaked” e al tempo stesso - come conferma scena dopo scena la seconda stagione della serie, ora disponibile - un universo di bugie difficili da metabolizzare. A noi dunque la scelta, nella prateria del presunto libero arbitro. Chip intanto sbanda alla guida di un tandem prestatogli da chi gli vuole sempre e comunque bene: il solito Dennis. Già in attesa, quest’ultimo, del prossimo tradimento. O perché no, di un ulteriore e improbabile appiglio per ricostruire la fiducia svanita in sé e negli altri.