L’adolescenza è una tragedia: otto episodi su Rai Play ispirati all’Otello. Gli elementi per il successo ci sono tutti. Ma non è sufficiente sfruttare all’osso il filone teen per fare un buon prodotto

Succede in modo ineluttabile che si arrivi alla fine del dentifricio ma per non lasciarne neppure un’idea, si tende a spremerlo sino in fondo con impegno e fatica, al punto che si trovano in commercio persino delle micro torchiatrici perché la pasta appiccicosa non venga sprecata. Un metodo interessante che viene più o meno replicato coi filoni seriali che hanno avuto successo. Primo fra tutti “Skam” e a seguire “Mare fuori”, che sta dando tante di quelle soddisfazioni che in confronto l’alito fresco è poca roba.

 

Così la produzione si omologa seguendo quelle tre o quattro regolette per puntare al successo. Mirare a quel target giovane che generalmente la televisione non la considera neppure. Ma cercare anche di inserire qualche scontro generazionale, considerando che i ragazzi magari guardano insieme ai genitori. Puntare allo streaming. Confidare in una struttura granitica. Romantica. Un po’ di dolore. Realismo sociale. Espressione dialettale. Uso smodato del rallenty.

Quindi molto teoricamente, applicando la formula magica suddetta ecco creato il prodotto teen macina successi.

Questo debbono essersi detti gli ideatori di “Shake”, quando hanno dato vita agli otto episodi disponibili su Rai Play. Ovvero un’idea di base che si ispira alla lontana all’Otello di Shake(speare), dramma della gelosia da adolescenza, che già è una bella tragedia di suo, buttato tra le fauci della contemporaneità giusto in tempo per essere masticato dal ritmo della Capitale.

Peccato però che il tentativo di sfornare serie utilizzando ChatGpt funzioni per modo di dire.

Otello è Thomas (Jason Derek Prempeh) ed è di origini ghanesi. Desdemona è Beatrice (Giulia Fazzini), biondissima e non si sa bene perché parla come se fosse milanese di Porta Venezia con gli accenti a caso (quèsto, béne, dètto…) e Iago è femmina, lesbica e si chiama Gaia. E l’idea del quasi anagramma è forse la migliore dell’intera serie. I protagonisti che frequentano un improbabile liceo Mamiani dove nessuno sta mai in classe, sono tutti belli, decisamente benestanti e ideologicamente di Roma Nord con punte sovversive verso Tor Bella Monaca per avere il fattore periferia che non guasta.

Dovrebbero avere sedici anni, poi gli attori hanno superato i 24 da un pezzo ma pazienza, si tratta sempre di un multiplo di otto. Infine c’è la storia, ispirata appunto al testo del Bardo che con le trame un po’ ci sapeva fare.

Eppure, nonostante tutte le caselle siano state riempite, non funziona. Sarà che manca il momento “what the fuck” come dicono i produttori Netflix ne “Il sol dell’avvenire”. Ma a noi non resta che fare come Nanni Moretti, che ringrazia ed esce con eleganza.

 

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DA GUARDARE MA ANCHE NO

CinAmerica - La sfida è un esperimento del tutto inedito (Rai Tre il venerdì). Si analizza un tema complesso, il confronto tra due superpotenze. Con una conduzione competente, la sinologa Giada Messetti e il giornalista Francesco Costa. Con ospiti autorevoli. E servizi inseriti non per occupare il tempo a caso. Incredibile, vero?

 

Continua la strada in salita per il povero tifoso di calcio. Che per il prossimo anno dovrà decodificare il significato di partite in “co-esclusiva”, un po’ su Dazn, un po’ su Sky. A rigor di logica l’esclusiva non si condivide, ma rendere difficile la visione per l’abbonato da curva praticamente è un nuovo sport.