Yetide Badaki, attrice nigeriana immigrata negli Usa, interpreta l’antica divinità Bilquis nella serie cult di Gaiman. “Non so come reagiranno i miei genitori, se mai vedranno quelle scene”

“Hollywood è la quintessenza degli Stati Uniti, perché è una comunità fatta da persone arrivate da ogni parte del mondo capaci di portare le proprie idee, il proprio bagaglio culturale, le proprie esperienze diversissime in un ambiente creativo che, per dare i frutti migliori, ha bisogno di questa diversità”. Così Yetide Badaki descrive il luogo in cui ha deciso di trasferirsi per recitare: lei che, nata in Nigeria, è quasi la personificazione dei temi trattati nella serie American Gods.

“Sono un’immigrata e ho la cittadinanza da tre anni. Mi sento nigeriana e americana al tempo stesso, un’appartenenza non esclude l’altra, perché in fondo l’America è solo un grande puzzle fatto da persone provenienti da Paesi diversi”. Nel telefilm Badaki interpreta l’antica divinità Bilquis, ispirata alla regina di Saba della tradizione islamica-etiope: “È un personaggio bello e potente, una dea che sente profondamente il peso della mancanza del rispetto e dell’adorazione che aveva in passato”, spiega Badaki.

E infatti nel romanzo e nella serie tv, costretta come gli altri dèi antichi a reinventarsi in una nuova attività al fianco degli uomini, è immaginata come una prostituta che irretisce i propri amanti e nell’atto dell’amplesso chiede loro di adorarla e invocarne il nome, prima di nutrirsi della loro venerazione facendoli letteralmente svanire nel proprio sesso.

Le sequenze abbastanza esplicite sono la dimostrazione della libertà che è possibile prendersi nelle serie non prodotte per la tv generalista, dove probabilmente sarebbero tagliate dalla censura.

“Non so come reagiranno i miei genitori, se mai le vedranno”, scherza Badaki, “anche perché nella famiglia e nella cultura da cui provengo fare l’attrice non è mai stata un’opzione: i miei genitori me lo hanno vietato e così mi sono dovuta iscrivere a scienze ambientali e frequentare di nascosto un corso di recitazione che per fortuna risultava con un’altra dicitura ufficiale: letteratura inglese”.

Eppure è singolare come il desiderio di raccontare storie per lei provenga proprio dalle più antiche tradizioni familiari: “La mia passione è nata ascoltando quelle storie che, nel mio Paese, di solito si raccontano al calar della sera, davanti al focolare. È stato allora, a 6 anni, che ho percepito una strana magia e capito che avrei voluto in qualche modo esserne parte. Ed è curioso come sia stato proprio allora il momento in cui per la prima volta ho sentito parlare di Anansi. Proprio quel dio vendicativo che in American Gods incita i futuri schiavi a ribellarsi contro l’uomo bianco”.