La classe politica targata Lega e Fratelli d’Italia comincia a mostrare il suo vero volto: uscite nostalgiche che rispolverano i termini del Ventennio, politiche razziste, battaglie contro l’aborto farmacologico. E no, non è folclore

I cumuli di macerie all’ingresso di Camerino, le strade deserte con le case incerottate, il rinascimentale e maestoso Palazzo Ducale, sede dell’Università, sbarrato e vuoto. Sono trascorsi quattro anni dal terremoto che ha colpito al cuore questa regione e secondo padre Alberto Maggi, teologo e animatore del centro spirituale di Monte Fano, occorre partire da qui, e da queste immagini di abbandono, per capire cosa sta accadendo nelle Marche: una culla della lotta di Liberazione, ricca di città che hanno bene in vista la medaglia al valor civile della Resistenza contro il nazifascismo, finita invece da un po’ di tempo a questa parte agli onori della cronaca per le sparate dal sapore di Ventennio della nuova classe politica al governo targata Lega e Fratelli d’Italia.

 

«Se non si comprende il malcontento profondo dei cittadini per il dopo terremoto e per la crisi economica che ha fatto esplodere la disoccupazione, se non si comprende il dolore dei marchigiani che non sono diventati adesso fascisti e razzisti ma che hanno votato a destra per protesta contro la mancanza di risultati, non si capirà  mai quello che sta accadendo e che lascia davvero senza parole», continua Maggi, utilizzando nello sfogo anche espressioni colorite, raccontando la nuova destra alla guida della sua regione.

 

 

Lo scorso settembre è diventato governatore delle Marche Francesco Acquaroli grazie a Lega e Fratelli d’Italia arrivati a raggiungere il quaranta per cento dei consensi, in una regione che dal dopoguerra era stata governata sempre da giunte democristiane e di centrosinistra. Un passato nel Fronte della gioventù, pupillo della leader di Fdi, Giorgia Meloni, già in campagna elettorale era finito al centro delle polemiche per aver partecipato il 29 ottobre del 2019 a una cena fascista ad Acquasanta Terme per ricordare la marcia su Roma. Insieme a lui c’era un altro pupillo della Meloni, il sindaco di Ascoli Marco Fioravanti. Travolti dalle polemiche, i due hanno preso le distanze da quell’incontro inneggiante ai tempi andati del Ventennio, sostenendo di essere solo passati per un saluto e di non aver preso parte al resto della serata con “il menù del Duce”. Non ha deposto bene, però, che l’intera giunta regionale appena insediatasi sia stata successivamente assente in consiglio regionale durante la Giornata della memoria. 

 

 

Nel frattempo diventa capogruppo in consiglio per Fratelli d’Italia Carlo Ciccioli, un ex missino che nel 1974, passeggiando nel centro di Ancona, sparò alle gambe di un ragazzo iscritto a un movimento extraparlamentare di sinistra. Un tipino a modo fin da ragazzo, noto per la sua fama di picchiatore, oggi volto di punta del partito della Meloni che si batte contro l’aborto e la sostituzione etnica. Presentando un disegno di legge, sulla famiglia chiaramente, Ciccioli ha detto serafico: «Mi ha chiamato un genitore che dovrebbe iscrivere suo figlio per il prossimo anno in una certa scuola media della mia città, in un quartiere di Ancona dove attualmente si iscrivono solo ragazzini stranieri. Fino a pochi anni fa era una scuola prevalentemente di bambini italiani.  Cosa significa tutto questo? Che in quel quartiere nascono solo figli di stranieri e non ci sono figli di italiani. C’è stata una sostituzione. Anche gli italiani hanno diritto di vivere come popolo e di riprodursi». La conclusione del suo intervento è un po’ il suo credo: «Il padre deve dare le regole, la madre accudire, sono cose che si studiano in psicanalisi». E giù un’altra polemica. La Meloni lo ha difeso: «Lo conosco, è uno stimato professionista e c’è stata una semplificazione delle sue parole».

 

 

 

Ma in tema di riproduzione e di etnie, a dare manforte alle teorie dell’ex missino Ciccioli era arrivata poco prima la consigliera della Lega Anna Menghi: «Mussolini sì che difendeva la natalità, ammettiamolo, su questo fronte ha fatto meglio di chi è venuto dopo».

 

 

In questo bel clima non sorprende quindi che il direttore dell’ufficio scolastico regionale, Marco Ugo Filisetti, per l’inizio dell’anno scolastico si sia ispirato a certi toni del Ventennio: «Il nostro reverente pensiero va a tutti i figli d’Italia che dettero la vita per la Patria…e per questo ricordando i loro nomi sentiamo rispondere, come nelle trincee della Grande Guerra: presente!».

 

 

Fin qui il folclore, potrebbe pensare qualcuno, tanto che sui social c’è anche una pagina che si chiama “Fascisti su Marche”, riprendendo il film satirico di Corrado Guzzanti. In realtà quello della Marche sembra proprio un laboratorio politico dell’asse Lega-Fratelli d’Italia, al governo della regione con il quaranta per cento di consensi, nella speranza di replicare in tutto il Paese, visto che a livello nazionale i sondaggi attestano i due partiti alla stessa percentuale marchigiana. A vedere le prime azioni della giunta regionale e dei sindaci di destra eletti lo scorso settembre il folclore è in realtà una linea politica.

 

Il sindaco di Macerata, il leghista Sandro Parcaroli, appena insediatosi ha chiuso il progetto “Macerata accoglie”  destinato a rifugiati e richiedenti asilo: «Basta immigrazione illegale» ha tuonato, ricevendo subito il plauso del leader Matteo Salvini: «Ma qui di illegale non c’era nulla, Macerata è stata tra le prime città ad avviare progetti di accoglienza, nella piena legalità, e adesso stavamo ospitando trenta migranti che da un giorno all’altro sono stati messi sulla strada dalla giunta. Questo è stato il primo atto politico della nuova giunta dopo una campagna elettorale giocata solo sui temi dell’immigrazione e del pericolo dello straniero», dice Lina Caraceni, di Welcome Refugees. Una campagna elettorale che ha soffiato sul fuoco di un clima già teso: tre anni fa, poche settimane prima del voto politico del 2018, qui l’invasato di destra Luca Traini sparò a sei migranti. A proposito, il suo avvocato Giancarlo Giulianelli è stato appena nominato da Acquaroli Garante dei diritti: ma qui l’ideologia c’entra poco, l’avvocato in passato ha sostenuto i dem, alle ultime regionali si era candidato con il centrodestra ma non era stato eletto. E adesso arriva un incarico di sottogoverno.

 

 

Tornando al programma della destra, che non è più folclore,  la prima mossa che ha fatto la giunta Acquaroli è stata quella di togliere il finanziamento all’Istituto provinciale per la storia del movimento di liberazione di Ascoli. «Questo taglio non può essere letto se non come il disprezzo del valore fondativo della storia», ribatte la presidente dell’Istituto, Maria Paola Alviti. Ma il programma di governo non finisce qui: in consiglio regionale come prima legge da trattare è arrivata la proposta di Fdi, primo firmatario Ciccioli, sul sostegno alla famiglia. La seconda proposta invece riguarda le case popolari e l’allungamento degli anni di residenza in Italia per poter ottenere l’alloggio. Mentre in consiglio è stata appena bocciata la richiesta del Pd di far rispettare la legge sull’aborto, visto l’enorme numero di medici obiettori (in alcuni ospedali fino al 90 per cento): in tutta risposta l’assessore regionale alla Sanità Filippo Saltamartini della Lega ha fatto sapere che nei consultori non sarà distribuita nemmeno la pillola abortiva, come previsto dalle direttive ministeriali. Un ritorno al passato, che ha fatto scattare la protesta di associazioni e del Movimento donne contro i fascismi che hanno organizzato sit-in in diverse città marchigiane. Recentemente, inoltre, è arrivata in consiglio regionale la proposta di modifica del regolamento che limita lo spazio dell’opposizione nelle repliche e nella presentazione delle mozioni.

 

L’ex presidente del consiglio regionale, il dem Antonio Mastrovincenzo, non ha dubbi: «Altro che sparate fascisteggianti, le Marche sono il laboratorio politico della nuova destra, il governo sta spingendo la nostra regione verso una deriva culturale pericolosa. Il paventato “rischio di sostituzione etnica”, l’idea che gli uomini devono dare le regole e le donne accudire, le persone disabili totalmente dimenticate nel piano vaccinale, la maggioranza che tenta di mettere il bavaglio all opposizione limitando fortemente le sue prerogative: sono tutti esempi della direzione in cui si vuole andare. Non possono essere spazzati via anni di battaglie per affermare diritti civili e giustizia sociale sbandierando ideologie nostalgiche e pericolosissime soprattutto in questo momento di emergenza sanitaria in cui è complicato salvaguardare la tenuta sociale. Non mi arrendo all’idea che le Marche abbiano dimenticato i loro valori più profondi».

 

Il timore è che un certo vento di destra sdogani alcuni comportamenti e prese di posizione razziste e contro i più deboli, in una terra che dopo l’assassinio della giovane Pamela Mastropietro e il caso Traini è già stata messa a dura prova: «Da giornalista credo che le parole abbiano un peso importante, che possano costruire ma anche ferire molto. E considerare i figli dei migranti sostituti etnici degli aborti fa rabbrividire», dice Asmae Dachan, giovane cronista italo-siriana.

 

Claudia Mazzucchelli, segretaria regionale della Uil, è preoccupata: «Io non so se stiamo diventano un laboratorio della destra, ma so che stiamo vivendo un grande disagio per certe dichiarazioni e atti di governo. Credo comunque che anche chi ha governato nel recente passato debba fare una riflessione, ma di una cosa sono certa: la pandemia, il terremoto, la crisi economica e di alcune banche, come quella delle Marche molto vicina alle piccole imprese, hanno creato un grande malessere nei cittadini. Adesso dobbiamo dare loro riposte, non ulteriore odio e divisione. Di questo non ne abbiamo davvero bisogno». Come non si sente il bisogno di un ritorno al passato remoto, forse da qualcuno ancora sognato.