Per riconoscere il merito, occorre rilevare la quantità e la qualità dei servizi pubblici forniti ai cittadini

La scorsa settimana, commentando lo spostamento a sinistra del Pd registrato negli ultimi mesi, ho accennato al ruolo che nella società e nell’economia dovrebbe avere il merito. Oggi vorrei sottolineare un punto, sempre relativo alla questione del merito, che dovrebbe essere ovvio, ma che trova scarsa applicazione in Italia, soprattutto nel settore pubblico: un passo necessario per aumentare il ruolo del merito nel nostro Paese sarebbe quello di misurare in modo sistematico i risultati ottenuti dalle varie pubbliche amministrazioni.

 

In altri termini, se vogliamo premiare i meritevoli – non necessariamente i singoli dipendenti pubblici, ma anche i gruppi di dipendenti pubblici e quindi le relative organizzazioni (un Comune, una scuola, un ospedale) – occorre misurare la quantità e la qualità dei servizi forniti.

 

Questa misurazione dei risultati è, però, necessaria indipendentemente dalla specifica finalità di premiare chi fa bene il proprio lavoro. Misurare i risultati ottenuti serve anche a capire se un certo programma di spesa è utile o meno, oppure se è sotto o sovra-finanziato.

 

Insomma, per tutti questi motivi la misurazione dei risultati dovrebbe essere prioritaria nel settore pubblico. Purtroppo, invece, non lo è.

 

Prendiamo un esempio di particolare importanza: la misurazione della lunghezza delle liste di attesa nella sanità pubblica. Ognuno di noi conosce probabilmente casi che confermano quanto il problema sia ormai percepito come serio da una gran parte della popolazione italiana. La lunghezza delle liste di attesa spinge chi se lo può permettere a rivolgersi al settore privato: siamo uno dei Paesi avanzati con la più alta percentuale di spesa sanitaria per prestazioni private, almeno in Europa.

 

Nonostante la gravità del problema, non esistono sistematiche rilevazioni della lunghezza dei tempi di attesa: una carenza da imputare sia ai governi regionali – che sono responsabili per la gestione della sanità in Italia – sia al governo centrale, comunque responsabile del finanziamento della spesa, della definizione dei Livelli essenziali di assistenza (che inevitabilmente dovrebbero includere i tempi di erogazione delle prestazioni sanitarie) e, in generale, del coordinamento delle politiche sanitarie.

 

Senza informazioni precise sulla lunghezza di tali periodi di attesa, diventa difficile valutare l’andamento nel tempo del fenomeno, l’efficacia di eventuali interventi per migliorare la situazione e le differenze tra diverse amministrazioni sanitarie. Come pure risulta difficile riconoscere il merito degli amministratori delle unità che forniscono prestazioni sanitarie.

 

Non si tratta di un esempio isolato. In realtà, sono pochi i casi in cui la pubblica amministrazione misura sistematicamente la qualità dei servizi prestati, compresi quelli altrettanto rari in cui lo fa attraverso sondaggi sul parere dei cittadini sulla qualità dei servizi pubblici, che invece dovrebbero essere usati sistematicamente.

 

Tutto ciò fa capire perché sia anche difficile garantire una buona qualità ai nostri servizi pubblici. Misurare, misurare, misurare dovrebbe diventare il mantra nella gestione della nostra pubblica amministrazione. Lo richiedono i principi di efficienza e di trasparenza nella gestione delle risorse fornite dai contribuenti.