La perdita del potere d’acquisto del bolívar ha dato impulso alle criptovalute. E con il basso costo dell’energia ne beneficia l’export. Nonostante le cadute del mercato delle nuove monete

Sanzionare doveva servire a reprimere. Così da rovesciare il sistema. Ma il governo di Nicolás Maduro Moros, presidente della Repubblica bolivariana del Venezuela dal 2013, non è crollato sotto il peso dell’embargo imposto gli Stati Uniti. Non è successo nel 2019 e non sembra possibile adesso che la popolazione allevia le conseguenze delle sanzioni (alleggerite dall’amministrazione americana di Joe Biden dopo lo scoppio della guerra in Ucraina) grazie all’utilizzo delle criptovalute. L’incremento dei pagamenti in cripto e del mining, il processo di creazione delle monete digitali, fanno la loro parte per la ripresa economica, sia pure fragile, del Venezuela. Grazie al basso costo dell’energia e all’esigenza degli abitanti di relazionarsi con il resto del mondo, dal quale altrimenti sarebbero isolati.

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«Ho creato l’azienda perché i bolívares soberanos, la valuta locale, non valevano più nulla a causa della crisi economica che ha fatto crescere l’inflazione e svalutare la moneta fiat. Non avevamo più soldi né per il cibo, né per le medicine, mentre le criptovalute ci hanno dato la possibilità di pagare», spiega Theodoro Toukoumidis, Ceo trentunenne di Doctor Miner, un pool di professionisti accomunati dalla volontà di produrre Bitcoin. Che punta a guidare il movimento spagnolo dei miners, per insegnare a quante più persone possibili come estrarre la moneta digitale. «Oggi moltissime persone usano Binance, la piattaforma di scambio di valute digitali più conosciuta al mondo, come se fosse la loro banca principale. Così è possibile convertire la moneta fiat in valuta digitale con un click. Io apro l’app almeno dieci volte al giorno. Se organizzo una festa e devo comprare da bere pago direttamente in cripto, proprio come quando vado a fare la spesa».

 

Come spiega Luca Fantacci, condirettore dell’unità di ricerca sull’innovazione monetaria Mints dell’università Bocconi, «il successo delle criptovalute in Venezuela ha due principali motivazioni: da un lato serve per superare la perdita di potere d’acquisto della moneta locale che rende difficoltoso soprattutto il pagamento per i beni importati, dall’altro è un modo per portare i capitali all’estero e aggirare le sanzioni». Convertire i propri risparmi in criptovalute per un venezuelano è una garanzia di sicurezza perché le oscillazioni sul mercato delle valute digitali sono inferiori a quelle del bolívar. In più, secondo Fantacci, le criptovalute sono come un bene di esportazione, prodotte a basso costo grazie ai prezzi agevoli dell’energia, entrano a fare parte delle transazioni internazionali, diventando fonte di guadagno per il Paese.

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Il mining, l’attività attraverso cui le valute digitali vengono create, o meglio estratte, avviene con la risoluzione di un insieme di calcoli molto difficili che servono a chiudere ciascun blocco che compone la blockchain. Per elaborare codici così complessi, i computer necessitano di molta energia (le mining farm sono strutture, di solito molto grandi, piene di computer dotati di schede grafiche potenti, che hanno bisogno di essere raffreddate per evitare il surriscaldamento) a cui i miners venezuelani accedono con costi bassi sia perché utilizzano quella che avanza dall’estrazione di petrolio e di gas, materie prime di cui il Paese è ricco, sia grazie alle fonti rinnovabili, come l’acqua. La blockchain è un registro di informazioni digitali unico, immutabile ma condiviso e accessibile a tutti gli utenti. Di cui nessuno può modificare le specifiche che ne determinano l’esistenza. La ricompensa per chi chiude un blocco di codice è la criptovaluta. Ne esistono tante, basate sui differenti registri. Il Bitcoin è la più popolare ma ci sono anche Ether, Ripple Xrp, Litecoin. E poi ci sono le stablecoin, cioè le valute digitali caratterizzate da una minore volatilità, il cui valore è ancorato a quello della moneta fiat. Ad esempio, al dollaro, o al prezzo delle materie prime.

 

 

In Venezuela c’è il Petro, la criptovaluta lanciata nel 2018 dal governo del Paese per risollevare l’economia. Il suo valore dovrebbe essere ancorato a quello del petrolio ma non c’è trasparenza su come avviene l’emissione. Se gli investitori internazionali l’avessero considerata una buona opportunità di investimento avrebbe potuto portare notevoli entrate nelle casse dello Stato. Ma, il Petro non è entrato a far parte del mercato internazionale. «Alcune persone utilizzano la petromoneda per acquistare beni, servizi, cibo. Ma è una valuta creata dal governo, così si perde l’idea alla base del mondo cripto, la decentralizzazione. L’indipendenza del denaro da un’autorità unica», dice Toukoumidis. Che, invece, ha pensato al Bitcoin come possibilità per superare l’inflazione. «Una moneta smart, che non ha un capo ma deriva dal sostegno di tutti coloro che concorrono a crearla. Doctor Miner è una porta attraverso cui raggiungere la libertà. Perché il Bitcoin è libertà». Neanche il crollo della più importante moneta digitale al mondo, che in meno di un anno ha perso oltre il 65 per cento del suo valore, tornando ai minimi storici del 2020, ha fermato l’estrazione di criptovalute in Venezuela. Perché l’obiettivo, per molti, non è solo il guadagno ma anche sanare le ferite che attraversano la società. Doctor Miner concorre a migliorare le infrastrutture del Paese sia in maniera diretta, investendo parte dei proventi, sia perché l’innovazione tecnologica necessaria per far funzionare la blockchain porta benefici anche in altri settori, come in quello della produzione e dell’utilizzo dell’energia. In più crea posti di lavoro a cui accedono soprattutto i più giovani. «Nella mia azienda lavorano  70 persone e l’età media è 30 anni», conclude il ceo di Doctor Miner.

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Sono soprattutto i più giovani a interessarsi alle criptovalute anche secondo Carmen Salvador, ceo dell’accademia Fintech 4.0 e di Bitcoin Café Venezuela. L’accademia offre servizi di consulenza e formazione finanziaria e tecnologica, Bitcoin Café è il primo spazio di incontro pensato per le persone entusiaste dell’economia digitale e delle criptovalute: «Ma non sono soltanto under 30, il Cafè è frequentato da persone di tutte le età. Anche professionisti e anziani vogliono studiare l’argomento per aggiornarsi. La società venezuelana si è adattata velocemente al cambiamento, soprattutto a Caracas. Viviamo in un’economia multivaluta, in cui le cripto vengono utilizzate come forma di pagamento, riserva di valore, rimessa. E offrono nuove fonti di reddito grazie al mining e al trading». Per regolamentare questa trasformazione repentina il governo ha dato vita a Sunacrip, la Soprintendenza nazionale per i beni crittografici e le attività correlate, che sistematizza l’estrazione e l’utilizzo delle monete digitali nel Paese.

 

Anche perché il Venezuela, come si legge in un report delle Nazioni Unite pubblicato a giugno 2022, è il terzo Paese al mondo per l’adozione e l’utilizzo di criptovalute: oltre il 10 per cento della popolazione possiede e utilizza asset digitali. Cioè beni che grazie alla tecnologia blockchain possono essere sviluppati da tutti coloro che hanno le competenze. Così fa Cacica Honta, artista e attivista venezuelana, che da un anno è entrata nel mondo degli Nft, gettoni unici, non riproducibili, che certificano la proprietà e l’originalità di un’opera d’arte digitale. «Pensare che esista un mondo parallelo, costruito con la tecnologia, che permette alla mia arte di essere conosciuta, di rendere visibile l’identità afro-indigena, le nostre radici, la nostra storia, mi affascina. Ho sempre creduto che l’arte sia un bene sociale comune, fare in modo che sia accessibile anche dall’angolo più improbabile del pianeta serve per spronare le persone a riflettere e aprire spazi di conoscenza sulle culture».

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Come spiega Antonello Cugusi, docente alla Blockchain school management di Roma e amministratore di CoinBar spa, la piattaforma italiana per comprare e vendere criptovalute, «Nella produzione di monete digitali e per quanto riguarda la capacità di creare le infrastrutture collegate, il Venezuela è uno stato all’avanguardia. Rimane il problema politico, per cui i partner internazionali faticano a considerare la nazione affidabile per gli investimenti. Però, l’incremento della tecnologia blockchain e cripto è sicuramente un modo per attirare l’attenzione del resto del mondo sulla Repubblica bolivariana, dare alle persone una libertà finanziaria che altrimenti sarebbe improponibile e un incentivo per lo sviluppo e l’accesso alla tecnologia». E forse potrebbe essere anche il modo per promuovere una trasformazione sociale che non sia il risultato della politica estera di un altro Stato.