Libertà di stampa
La reazione di Hong Kong alla repressione cinese: le copie del giornale sotto attacco vanno a ruba
Dopo la maxi operazione del 17 giugno portata avanti da centinaia di poliziotti, le copie di Apple Daily sono esaurite nelle edicole. Ma il direttore e l’ad della testata rischiano mesi o anni di carcere
«La libertà di stampa è appesa a un filo». È il messaggio lanciato dal tabloid pro-democrazia di Hong Kong, Apple Daily, oggetto di una dura repressione nelle ultime ore da parte delle autorità cinesi. Le perquisizioni, le requisizioni e gli arresti avvenuti il 17 giugno non ne hanno fermato le pubblicazioni ma, anzi, sembrano averne aumentato il sostegno. Nella mattinata del 18 le edicole sono state prese d’assalto dai cittadini, esaurendo le copie della testata nonostante una tiratura speciale di circa 500mila giornali, rispetto alle 80mila normali.
Una notizia positiva in quella che però rimane una giornata nera per la democrazia. Sempre il 18 giugno, infatti, due dei dirigenti fermati sono stati incriminati. L’accusa è quella di aver agito in collusione con paesi o elementi stranieri con l’obiettivo di mettere in pericolo la sicurezza nazionale. L’identità dei due è stata rivelata dalla testata stessa: sarebbero il direttore Ryan Law e l’amministratore delegato della holding Next Digital che detiene il giornale, Cheung Kim-hung, mentre le autorità avevano parlato in maniera generica di «due persone di 47 e 59 anni». Il tribunale sabato 19 potrebbe condannarli a mesi o anni di carcere.
Il 17 giugno sono stati dispiegati circa 500 agenti per una dimostrazione di forza mascherata da operazione di polizia. Ingressi e uscite della sede del tabloid bloccate, in una perquisizione show che ha portato al fermo dei due dirigenti e di tre giornalisti, al sequestro di 44 dischi di memoria e decine di computer, e al congelamento di beni per 18 milioni di dollari di Hk (circa 2,3 milioni di dollari Usa).
Non era mai avvenuto un raid simile, neanche quando era stato arrestato nel 2020 il proprietario del giornale, l’imprenditore 72enne Jimmy Lai, attualmente in carcere con le accuse di frode, collusione straniera e manifestazioni non autorizzate. L’intero caso si basa su una trentina di articoli “discutibili”, pubblicati dal 2019 sul cartaceo e sul sito del giornale, che avrebbero avuto come tema la richiesta di sanzioni straniere nei confronti di Hong Kong e della Cina. Per Steve Li, sovrintendente dell’unità di sicurezza nazionale, avrebbero «avuto un ruolo cruciale nella cospirazione».
Un attacco ancora più esplicito alla stampa è arrivato da John Lee, Secretary for Security della città, che in una conferenza ha accusato Apple Daily di aver usato il giornalismo come «strumento per minare la sicurezza nazionale». Sono gli effetti della nuova legge varata esattamente lo scorso anno che agitano la società civile e democratica di Hong Kong. E ora sono i giornalisti a temere a causa del proprio lavoro.
La World Association of News Publishers (Wan-Ifra) ha chiesto l’immediato rilascio dei lavoratori della testata, invitando le autorità a non catalogare come criminale l’attività giornalistica. «La legge sulla sicurezza nazionale viene deliberatamente utilizzata in modo improprio per sopprimere l’opinione critica e prendere di mira chi dissente», secondo Andrew Heslop, direttore esecutivo di Wan-Ifra per la libertà di stampa.
E dello stesso avviso è stato Dominic Raab, segretario di Stato britannico, che in un tweet ha attaccato Pechino, colpevole a suo dire di puntare a eliminare il dissenso: «La libertà di stampa è uno dei diritti che la Cina ha promesso di proteggere nella Dichiarazione Congiunta e dovrebbe essere rispettato».
Dal Regno Unito agli Stati Uniti. Il portavoce del dipartimento di Stato americano, Ned Price, ne ha parlato con toni simili: «Siamo profondamente preoccupati per l’uso selettivo della legge sulla sicurezza nazionale da parte delle autorità di Hong Kong che prendono di mira arbitrariamente organizzazioni di media indipendenti». Inoltre Price ha evidenziato che queste azioni «non minano solo le istituzioni democratiche ma danneggiano anche la sua credibilità e praticabilità come hub internazionale».
La libertà di stampa è appesa a un filo quindi, nonostante le rassicurazioni di John Lee per i cosiddetti «giornalisti normali che svolgono liberamente e legalmente il loro lavoro in conformità con la legge». La promessa di Apple Daily traspare da un editoriale firmato Li Ping: «continueremo a lottare fino alla fine». La morsa di Pechino, però, continua a stringersi.