L’intellettuale Röttgen, il "continuista" Laschet e il destro Merz si contendono la guida della Cdu dopo la Cancelliera. Sullo sfondo incombe il bavarese Söder

Rottgen, Merz e Lachet
Il 2021 cambierà a fondo la scena politica tedesca. Perché è uno di quegli anni “Super-elettorali” con una serie di appuntamenti importanti: il 14 marzo, le elezioni nel Baden-Württemberg, la regione di Stoccarda, e in Renania-Palatinato. Poi, il 26 settembre, quelle federali, le prime politiche dal 2005 in cui il candidato della Cdu non sarà più Angela Merkel. Una Kanzlerin che dopo 16 anni al potere ha segnato, forse più di Helmut Kohl, i destini della nazione e dell’Europa, ottenendo sempre più fiducia da parte dei tedeschi. Che anche nella tempesta della pandemia si sono identificati nello stile così calmo e razionale della loro “Mutter”.

Se domenica prossima dovessero votare, alla Cdu andrebbero oggi il 37 per cento dei voti; ai Verdi il 20 per cento e ai socialdemocratici della Spd solo il il 16 per cento. Già, ma nell’era post-Merkel chi sarà il candidato dell’Unione Cristiana-Democratica alla cancelleria? E dopo il breve intermezzo di Annegret Kramp-Karrenbauer, la pallida Akk, chi prenderà le redini del partito che fu di Konrad Adenauer e Helmut Kohl?

Tutti i riflettori sono puntati sul 16 gennaio, giorno in cui i 1001 delegati della Cdu eleggeranno - in un congresso digitale - il loro nuovo presidente. Più diversi fra loro i tre matador in lizza non potevano essere: Arnim Laschet, è il governatore del Nordreno-Westfalia; Norbert Röttgen, presidente della commissione Esteri al Bundestag e Friedrich Merz, ex capogruppo della Cdu ed acerrimo nemico della Kanzlerin. Nati e cresciuti tutti e tre nel Nordreno, incarnano alla perfezione le “correnti” in cui oggi la Cdu è divisa. Laschet è quello con più esperienza sul campo, dato che dal 2017 governa il Nordreno-Westfalia, con 18 milioni di cittadini il Land più popoloso in Germania. «Se aspiri alla cancelleria», dice orgoglioso, «devi aver governato e sapere come si vincono le elezioni». Giornalista di professione, sempre gioviale, Laschet ha gestito bene (ma non alla perfezione) l’emergenza Covid nella sua regione. Al voto dei delegati si presenta «come un vero Team player e l’uomo del Centro».

Scenari
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A differenza del più irruento Merz o dell’intellettuale Röttgen, lui rappresenta la continuità con l’era Merkel, l’uomo in grado di integrare «le diverse anime del partito e del Paese», ripete spesso. Non per niente la biografia ora uscita su di lui si intitola “Il lato umano del potere”, quello a cui il renano Laschet - uno che si pagò gli studi facendo l’autista e che in camera aveva un poster di Solidarnosc - si ispira. In più Laschet ha convinto il 40enne Jens Spahn, l’ambiziosissimo ministro della Sanità, a fargli da Vice nel caso in cui spuntasse le primarie. I sondaggi però non lo danno come favorito. Meglio va il 64enne Friedrich Merz, sino allo scorso marzo manager del gruppo finanziario Blackrock (e di altre imprese), il politico più facoltoso della Cdu e con i migliori agganci nel mondo dell’economia. «Sono un borghese del ceto alto», si autodefinisce il milionario Merz.

Uno dei pochissimi che è riuscito a giudicare «schifosa» la politica della Große Koalition Cdu-Spd al governo di Berlino. Già nel 2018 Merz perse la corsa alla presidenza contro Akk, allora protetta dalla Merkel, ma ora ci riprova a spada tratta come alfiere dell’ala più conservatrice della Cdu, «per un risveglio del partito», dice lui. Un partito in effetti tormentato, dal 2015, dalla Afd, la forza d’estrema destra che risucchia almeno il 10 per cento dei voti alla Cdu. È al recupero di questi voti e alla lotta all’estremismo di destra che Merz mira con la sua candidatura: «abbiamo sottovalutato il problema dell’estremismo di destra», spiega, «come quello dell’immigrazione illegale in Germania». Ai ragazzi della Junge Union, l’associazione giovanile della Cdu, questo Merz che rivendica i valori più tradizionali piace molto. Alle donne del partito invece il suo brusco stile da macho (Merz fa battute sugli omosessuali ed è contrario alla parità dei sessi ai vertici della Cdu), molto meno.

Beniamino della “Frauen Union”, le donne della Cdu che rappresentano un terzo dei delegati, è invece Norbert Röttgen, elegante avvocato, cattolico e fine oratore. Che non a caso ha scelto di candidarsi insieme alla 38enne Ellen Demuth, sua partner strategica alle primarie. «Una donna giovane che incarna», spiega, «la modernizzazione della Cdu a cui aspiro». Non solo sulla parità dei sessi o sul digitale la Germania, secondo Röttgen, è indietro. Anche sulla sfida dell’ecologia. Röttgen - ex ministro dell’Ambiente, prima di esser costretto dalla stessa Merkel alle dimissioni - ha in mente di realizzare, insieme ai Verdi, un profondo rinnovamento ecologico». Ma è la sua agenda di politica estera che lo distingue dai due rivali. Nella Cdu è uno dei pochi a dire stop a Nord Stream 2, la pipeline russa che sfocia sulle coste tedesche del Baltico e a cui Putin tiene molto.

«Come europei», spiega, «dobbiamo sapere ciò a cui Putin punta con la sua politica energetica». Sulla emergenza migrazioni poi Röttgen riscopre i valori umanitari della Cdu: «siamo l’Unione Cristiano-democratica», dice, «la dignità umana è il nostro principio ed ogni migrante a Moria ha la stessa dignità di ognuno di noi». Posizioni coraggiose con cui Röttgen ha già surclassato nei sondaggi Arnim Laschet, fermo al 12 per cento delle simpatie, arrivando al 32 per cento e superando anche Merz, dato intorno al 29. I “compagni” della Spd nutrono ovviamente più simpatia per Röttgen che per Merz; ed anche per i Verdi Röttgen sarebbe il presidente ideale della Cdu. Peccato solo che oggi in Germania, subito dopo la Merkel, sia Markus Söder, presidente della bavarese Csu nonché premier in Baviera, il politico più stimato. Nei sondaggi è sempre lui, il coriaceo Söder a figurare come il migliore candidato della Cdu/Csu alla cancelleria per le politiche di settembre.

Certo, per ora il 53enne Söder ripete il mantra: «il mio posto è in Baviera». Èd è vero che le due volte in cui l’Unione candidò alle federali un premier bavarese - nel 1980, Franz Josef Strauß e nel 2012 Edmund Stoiber - finì in un disastro. Oggi però la Cdu è al governo e con un consenso, grazie alla Merkel, alle stelle. L’ambizioso Merz ha fatto sapere che lui «si presenta per vincere», anche alle elezioni di settembre e non solo a gennaio. Laschet è persuaso che «ogni governatore sappia fare il cancelliere», anche lui dunque e non solo il bavarese Söder. Dei tre, Röttgen è l’unico a vedere la fatidica K-Frage, la questione del candidato alla cancelleria, distinta dall’incarico di presidente della Cdu. Ai Grünen in ogni caso andrebbe benissimo sia il liberale Röttgen che il pimpante Söder nel ruolo di Kanzler del primo governo“nero-verde” che, a settembre, si profila sempre più nettamente all’orizzonte. Anzi, fra i due è Söder quello che preferiscono. La nomina del candidato alla cancelleria è ancora ingarbugliata, ma Laschet e Söder giurano che per marzo si saprà chi dovrebbe diventare il primo Kanzler dell’era post-Merkel. Il 2021 sarà un anno pieno di sorprese per la politica tedesca.