Il governo ha promesso fondi per 3,5 miliardi. Ma quelli stanziati nel 2014 saranno molti meno. Le scuole chiedono più autonomia e interventi strutturali. Si dovranno accontentare. Tra coop coninvolte nello scandalo Expo e bidelli trasformati in pittori

Per migliorare la vita di dieci milioni di studenti e professori e rendere le scuole sicure, il premier Matteo Renzi si è speso in prima persona:«Il 15 settembre, quando riprenderanno le lezioni, vogliamo che sia visibile, plastica, evidente l’opera di investimento che è stata fatta». Era febbraio. E per la sua prima uscita da presidente del Consigio, il leader del Pd aveva scelto un istituto di Treviso, dopo aver messo l’istruzione in cima alle sue priorità anche nel discorso per la fiducia al Senato.

Per rimettere in sesto le sgangherate aule italiane, il governo annuncia un piano da tre miliardi e 500 milioni.  A giugno conclusi gli esami e chiusi i portoni, le delibere del Cipe (il Comitato interministeriale per la programmazione economica) danno il via libera ai primi stanziamenti: 510 milioni. Quattrocento andranno alla messa in sicurezza del programma #scuolesicure. Gli altri 110 saranno destinati agli interventi di piccola manutenzione previsti dal piano #scuolebelle, cui si aggiungono altri 40 messi a disposizione dal Miur.

Sul piatto, il Def (Documento di Economia e finanza) di aprile aveva messo 784 milioni di euro, 244 milioni dei quali per il progetto #scuolenuove. La somma investita sarà assai più bassa di quella annunciata. Perché buona parte dei lavori non potrà essere effettuata.

Il programma messo a punto dal ministro Stefania Giannini piace poco agli istituti, che spesso e volentieri non richiedono abbellimenti, ma veri e propri interventi strutturali. Tante scuole si sono trovate con una cifra inferiore a quella attesa. E senza la possibilità di destinarla alle esigenze reali. Il ministero ha infatti posto una serie di vincoli che, ad esempio, impediscono di scegliere le ditte si occupano delle ristrutturazione.

Dal Piemonte alla Basilicata sono in tanti a chiedersi se veramente quei fondi non potevano essere impiegati in maniera migliore. Il caso limite in Lombardia: nonostante il coinvolgimento della cooperativa Manutencoop nella maxi-inchiesta Expo, dal ministero sono comunque arrivati milioni di euro.

PRIMA L’ARRESTO POI L’APPALTO
Manutencoop fa la parte del leone in Lombardia, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Trentino e Veneto. L’azienda, guidata da Claudio Levorato, è finita nel mirino dei giudici di Milano per gli appalti Expo. Levorato è indagato per turbativa d’asta insieme all'ex senatore di Forza Italia Luigi Grillo, all'ex segretario provinciale della Dc milanese Gianstefano Frigerio e a Primo Greganti. In ballo c'era l'assegnazione di un appalto milionario per le pulizie del nuovo ospedale di Sesto San Giovanni.

[[ge:espresso:attualita:1.175699:article:https://espresso.repubblica.it/attualita/2014/08/04/news/quota-96-la-beffa-per-gli-esodati-della-scuola-docenti-in-cattedra-fino-a-67-anni-1.175699]]Il nome del manager di Manutencoop rientra nel faldone di indagini che hanno visto l'inibizione dai lavori del sito di Rho-Pero della società di costruzione Maltauro: per la società vicentina lo stop ai lavori è stato chiesto e ottenuto dal presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione Raffaele Cantone.

Manutencoop, invece, si è tuffata nel giro dei lavori di #scuolebelle. E ha fatto un affare.  Su dodici lotti assegnati, ne ha ottenuti tre: la cooperativa bolognese è la ditta che più lavorerà nell’opera di maquillage, incassando oltre 20 dei 150 milioni messi a disposizione. Non male per un'azienda il cui numero uno è stato arrestato il 30 luglio, esattamente un mese dopo l'assegnazione dell'appalto.

Sorgono dubbi anche sulle reali competenze del colosso emiliano da oltre settemila dipendenti. Per soddisfare le esigenze dei dirigenti delle scuole non è bastato il corso di formazione fatto in fretta e furia agli addetti in cassa integrazione da mesi. I lavoratori potranno soltanto dipingere le pareti fino all'altezza di due metri, non potendo salire su nessuna impalcatura. E dovranno limitarsi a lavori di manutenzione ordinaria.

Nella circolare arrivata sulla scrivania delle segreterie si citano espressamente le opere autorizzate: «Verniciatura delle pareti e degli infissi a smalto o cementite con cancellazione di scritte, piccole riparazioni e rifacimento della coloritura degli infissi esterni e interni, al piano terra o comunque raggiungibili dall'interno, piccoli interventi all'impianto idrico escluse le caldaie». Insomma i classici lavoretti domestici come dipingere, riparare i rubinetti o sistemare il giardino.

Non è tutto: molti edifici non vedranno nemmeno i soldi stanziati dal governo Renzi. L'accordo prevede che ci siano degli istituti capofila, che raccoglieranno le esigenze di tutti gli altri e, tramite la centrale degli acquisti degli enti pubblici (la Consip), compreranno i servizi da Manutencoop. Ma chi sono le scuole capofila? Quelle che avevano già contratti aperti con il colosso emiliano, che fornisce da anni il personale che, in molti casi, ha sostituito i vecchi bidelli.

Il programma di interventi, presentato come fiore all'occhiello dell'esecutivo, lascia perplesso chi vive la scuola ogni giorno. «Abbiamo ricevuto molto meno di quello che in realtà ci servirebbe», spiega Corrado Ezio Barachetti della Cgil scuola della Lombardia:«Secondo il programma ministeriale, "decoro" significa rifare la facciata delle scuole, che però hanno bisogno di interventi strutturali. Il piano di ristrutturazione copre il 75 per cento degli interventi necessari, nel nostro caso bastava finire i lavori che aspettano da anni. Forse il governo poteva avere un occhio particolare per Milano dove ci sono edifici che hanno anche più di duecento anni».

In provincia le cose non sembrano andare meglio. Come racconta Maria Teresa Barisio, preside degli istituti comprensivi di Mortara e Gambolò, due piccoli centri in provincia di Pavia: «L'idea di fondo è buona e giusta perché per anni le scuole sono state trascurate, ma non andrebbero dati i soldi a pioggia. Servirebbe una maggiore attenzione sulle ditte appaltatrici».

SOLO UNA SCUOLA SU NOVE
In Piemonte il piano è rimasto un sogno. «Ad oggi, su più di 300 istituti, solo 35 hanno firmato l'attivazione che permetterebbe di partire con i lavori», denunciano Cgil, Cisl e Uil. Il numero è venuto fuori dall'ultimo tavolo dei primi di agosto con il ministero dell'Istruzione. Per le sigle si tratta di un "dato drammatico".

Solo in una scuola su nove sono entrati operai e imbianchini durante questa estate. Ma in gioco non ci sono soltanto intonaci freschi, tapparelle nuove e bagni rifatti. Questi lavori servono a reimpiegare il personale delle cooperative che fino a pochi mesi fa hanno pulito e svolto servizio di vigilanza negli istituti piemontesi.
Solo nel Torinese dovrebbero essere 286 gli edifici scolastici interessati dalla mossa del Governo, che per quest'area ha stanziato più di quattro milioni, una media di 14 mila euro a istituto. Eppure, evidenziano i sindacati, finora si è mosso ben poco e, come a Milano, il blocco è principalmente concentrato nella città di Torino, dove gli studenti sono migliaia.

Cosa è accaduto? In teoria le scuole interessate avrebbero dovuto essere pronte con le gare d'appalto, entro fine luglio, anche se l'annuncio del via libera all'erogazione dei fondi ministeriali era arrivato appena dieci giorni prima. Per i sindacati, l'impasse ha tre responsabili: «L'Ufficio scolastico regionale, che non ha fatto pressione sui direttori scolastici, i direttori stessi, che hanno preferito aspettare, e le cooperative sociali che hanno seminato ulteriore confusione affermando di non essere ancora pronte». Il termine ultimo, per tutti, è il 31 agosto: se gli appalti non verranno attivati entro questa data, le risorse torneranno indietro.

Antonio Catania, vicedirettore dell'Ufficio scolastico regionale, tranquillizza: «Il numero di scuole che hanno già avviato gli appalti è aumentato in questi ultimi giorni e abbiamo già inviato una circolare in cui sollecitiamo gli istituti a completare le operazioni».

Il periodo è tutt'altro che facile, perché in questi giorni le segreterie sono quasi deserte, con buona parte del personale in ferie. Catania però è convinto che i soldi non andranno sprecati: «Le scuole si muoveranno per tempo. In alcune ci sono problemi di sicurezza, legate per esempio al fatto che la cooperativa che prima prestava servizio è di tipo "B", dunque ha personale disabile che difficilmente sarebbe in grado di svolgere i nuovi lavori richiesti. Ma anche per questi casi troveremo una soluzione».

DA BIDELLI A PITTORI
In Basilicata la società che ha vinto l’appalto è la stessa che durante l’anno scolastico si occupa delle pulizie negli istituti. Si chiama Team Service e ha iniziato lo scorso aprile con l’obbligo di far lavorare tutte le persone impegnate con il precedente appalto: 400 sono state destinate alle due province lucane. A giugno ecco la sorpresa: due settimane di formazione obbligatoria per trasformarli in pittori, operai, giardinieri. Sono tutte persone sopra i 50 anni e per la maggior parte donne. Costrette alla “riqualificazione”. In provincia di Potenza, l’istituto comprensivo del comune di Bella è capofila per gli appalti per la manutenzione di tre scuole dove sono impiegati in trenta.

Il direttore Mario Coviello si sfoga con “l’Espresso”: «Il nodo di fondo è che questi sono bidelli da dieci anni e non pittori. Inoltre io che sono un dirigente scolastico e come me la direttrice dei servizi amministrativi non abbiamo le competenze tecniche per garantire che i lavori vengano eseguiti a regola d’arte. Ho a disposizione 22 mila euro e se avessi avuto la possibilità avrei chiamato un’impresa. È vero che il governo e l’Anci hanno raccomandato ai Comuni di collaborare con noi ma quanti sono i tecnici comunali disponibili a luglio e agosto e quali poteri hanno per eventualmente correggere interventi fatti male?».

Per questa estate la “vigilanza” sulle opere si aggiunge a tutta la mole di burocrazia e impegni (a partire dalle infinite graduatorie per gli insegnanti) da smaltire prima della riapertura. Rimane un dubbio a Coviello, condiviso da molti presidi: «Siamo già a metà agosto. Se non si interviene entro i primi di settembre, quando potranno essere abbellite le aule e le palestre?».