Una tournée mondiale con sei date in Italia. La grande cantautrice maliana presenta “London KO”, il suo disco più legato all’Europa. Dalla newsletter de L’Espresso sulla galassia culturale araboislamica

Il primo appuntamento? Giovedì 13 luglio a Ravenna. Ma se non potete andarci niente paura: la tournée mondiale di Fatoumata Diawara toccherà l’Italia diverse altre volte, fino al 19 novembre, quando sarà protagonista, nello stesso giorno dei concerti del chitarrista tuareg Bombino e del virtuoso della kora Ballaké Sissoko, del “Gran finale in musica” del Romaeuropafestival.

È ora di andare a sentirla per vedere dal vivo una cantante che riesce a unire il meglio di tre continenti – Africa ed Europa ma anche l’America del jazz e delle grandi interpreti della musica black. Originaria del Mali, Diawara è cantautrice, chitarrista ma prima ancora attrice (ha lavorato in “Timbucktu” del grande regista Abderrahmane Sissako). E la sua familiarità con la recitazione – ha iniziato la sua carriera artistica come artista di strada con una compagnia di teatranti francese – a rendere unici i suoi spettacoli.

L’avevamo lasciata nel 2019 con l’album “Fenfo”, che le è valso la nomination ai Grammy Awards statunitensi e ai francesi Victoires de la Musique. L’ultimo disco, “London Ko” (Wagram Music) richiama fin dal titolo il legame tra Londra e Bamako ed è una collezione di collaborazioni che mostrano l’apertura verso ambienti musicali ma anche produttivi europei: ritmi africani mixati con basi elettroniche, e musiche che mescolano afrobeat e pop, electro e hip hop. Nei testi in lingua bambara da cui ogni tanto emerge qualche parola di origine neolatina (“fimmena”) o controcanti in inglese e francese: e su tutto una voce che, come ha scritto il Guardian, ha ancora più fascino grazie alla sua cupezza di fondo.

In questo contesto sono gli occidentali ad essere ospiti: dalla grande interprete di soul americana Angie Stone al virtuoso del pianoforte cubano Roberto Fonseca. London KO però non sarebbe esistito senza Damon Albarn, leader di Blur e Gorillaz: «Questo disco ha permesso a me e a “mon frére” Damon di fare il punto sul nostro amore per il mestiere che facciamo», ha detto Diawara. «Lui aveva già lavorato spesso in Mali e con artisti del posto. Sa quanto rispetto la cultura maliana e mi ha aiutato a valorizzarla».

Il mix culturale si riflette nei video: è di pochi giorni fa un remix del singolo “Nsera” realizzata con Solomun, famoso dj e produttore nato in Bosnia e cresciuto in Germania, una versione “deep tech” già testata durante i suoi recenti dj-set. In “Massa Den” e “Sete” Diawara torna a collaborare con -M- (Matthieu Chedid), musicista e compositore francese con cui l’artista ha già lavorato per l’album Fenfo. Ma la collaborazione più originale e commovente è quella con il Brooklyn Youth Chorus, un coro composto da bambini di ogni provenienza che canta in “Sete”.

E se con nomi come Albarn, che compare a vario titolo in sei brani, Diawara va sul sicuro, in altri brani si presta a fare da trampolino di lancio per talenti africani ancora da valorizzare: il rapper ghanese M.anifest nel brano “Mogokan” (“Gossip”) e la nuova voce dell’afrobeat nigeriano, Yemi Alade, in “Tolon” (“A call to celebration”). Il legame con l’Africa non è certo acritico («Sono molto militante, non canto per cantare ma per guarirmi. Quando parlo di temi come l’infibulazione è perché io stessa sono una donna mutilata. Devo continuare a parlare e a cantare di questo perché voglio che le generazioni future non sappiano cosa sia l’infibulazione»), ma è una missione che Diawara sente profondamente: «Tra vent’anni la kora, il balafon, lo ngoni e tutti gli strumenti che i nostri antenati ci hanno lasciato spariranno, se non ci impegniamo per evitarlo».

La stessa passione la lega alla lingua: «Il bambara è una lingua bellissima, ed è la mia lingua. Quando canto in bambara le vibrazioni delle parole mi fanno vibrare il cuore, mi parlano di più. Posso scegliere cinque o sei frasi e giro tutto intorno a queste parole, perché ho bisogno di sentirmi profondamente connessa con quello che canto. E poi tutti i grandi cantanti maliani finora hanno conquistato il mondo cantando in bambara: ora sono io a girare il mondo, quindi tocca a me». Fino al punto da registrare, per il prossimo film di Sissako, una versioni in bambara di “Feeling good” di Nina Simone: è una perla del servizio che le ha dedicato in Francia il canale Arte, da cui provengono le frasi citate in questo articolo.Ecco tutte le date del tour di Fatoumata Diawara: il 13 luglio al Ravenna Festival, l’11 agosto al Locus Festival di Locorotondo, il 6 settembre a Palcoscenici Metropolitani di Venezia, il 7 settembre al festival Ferrara Sotto le Stelle, il 19 novembre all’Auditorium Parco della Musica per il Romaeuropa Festival, il 20 novembre al festival H/Eearthbeat Festival al Teatro Puccini Firenze.