Un massacro islamista in Sudan. Le radici dell’invasione dell’Ucraina. Le donne guerriere degli yazidi. Dal 24 luglio al Museo dello sbarco di Nettuno torna il Guerre&Pace FilmFest. Dalla newsletter de L’Espresso sulla galassia culturale araboislamica

Settantanove anni fa la costa tra Anzio e Nettuno è stata protagonista dello sbarco degli Alleati che ha portato alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Ventuno anni fa il Forte Sangallo di Nettuno, sede del Museo dello Sbarco, ha iniziato a ospitare un festival cinematografico dedicato alla guerra e alla pace. Il Guerre&Pace FilmFest torna dal 24 al 30 luglio con la sua selezione di titoli dedicati a conflitti più o meno noti scelti però, spiega la direttrice artistica Stefania Bianchi, «tra quelli che lasciano aperto uno spiraglio di speranza, che indicano una via verso la pace». Non a caso la kermesse si conclude con il “Macbeth” di Alessandro Sena, che fa del dramma scespiriano un manifesto contro tutti i conflitti armati.

 

«Il cinema di guerra», continua Bianchi, «è un cinema di impegno e di denuncia che racconta, sì, l’atrocità delle guerre ma sempre con un filo di speranza nel poter far conoscere e quindi far aprire le coscienze. Già il fatto di raccontare queste storie diventa un messaggio di pace: se non ci fossero i pochi registi che si dedicano a questo genere cinematografico, noi molte di queste storie non le conosceremmo affatto, e non potrebbe esserci nemmeno l’idea di una possibilità di pace».

 

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Il tema di quest’anno, “Guerre nel mondo”, è un invito a ricordarsi anche dei Paesi ignorati dai mezzi di informazione: «Le guerre in corso nel mondo oggi sono 59 ma si parla di pochissime, solo di quelle che diventano guerre mediatiche», ricorda Bianchi. E anche i conflitti di cui si parla vengono spesso raccontati in modo superficiale. Per questo nella selezione di quest’anno c’è “Donbass” di Sergei Loznitsa, «un film che porta alle radici dell’invasione russa in Ucraina, ci racconta come è scoppiata la guerra, che è scaturita da una propaganda di odio che esisteva da anni in quella regione».

 

E in un periodo in cui la guerra in Israele sembra tornata ad una fase che annulla ogni speranza, è interessante guardare “Il figlio dell’altra”: la storia simbolica di due bambini scambiati in culla, «un film in cui la guerra è solo sullo sfondo: in primo piano c’è la possibilità di un dialogo tra israeliani e palestinesi». Uno sguardo diverso sui conflitti in Medio Oriente è quello dato da “Red snake” di Caroline Fourest, ispirato dalla storia dell'irakena Nadia Murad, l'attivista yazida rapita dall'Isis che ha vinto nel 2018 il Nobel per la pace: «È un film raro, dedicato alle soldatesse, alle donne che combattono in prima linea e che spesso sono quelle che pagano di più».

 

Ad aprire il festival è un documentario che racconta vari fronti di guerra attraverso il lavoro di tredici fotoreporter (“In prima linea” di Matteo Balsamo e Francesco Del Grosso). Come prevedibile, il mondo araboislamico è molto presente tra gli film in programma: in “The last fighter” di Alessandro Baccini, un avvocato campione di arti marziali che decide di iscriversi a gare clandestine per vincere denaro da affidare all’associazione della fidanzata siriana. “Osama” di Siddiq Barmak segue la vita di una ragazzina afgana che si traveste da maschio per poter lavorare e mantenere la madre e la nonna: «Una storia di qualche anno fa, ma purtroppo tragicamente attuale», commenta Bianchi.

Come ancora attuale è il durissimo “Darfur” di Uwe Boll, un esempio perfetto del fatto che «film come questi, così impegnativi per lo spettatore, non entrano nei circuiti di distribuzione normali, e il pubblico può vederli in sala solo in un festival come il nostro». In questo film sei giornalisti occidentali, nell’imminenza di un attacco di una milizia islamista a un villaggio, si trovano nel dilemma se tornare subito in Occidente per raccontare quello che hanno visto fino a quel momento o rimanere, a rischio della vita, per cercare di evitare una nuova carneficina. «Un film che nobilita anche il ruolo del giornalista di guerra, una figura che spesso attira critiche severe. Anche questo è un messaggio di pace: fermarsi sul posto e provare ad aiutare chi è in difficoltà».

Il programma integrale del festival, che prevede anche presentazioni di libri, è sul sito www.guerreepacefilmfest.it. I film sono a ingresso gratuito, fino a esaurimento dei posti.