Le persecuzioni degli ebrei nelle colonie francesi. Ricostruite in disegni dettagliati e pubblicate dalla Stanford University Press. Perché un graphic novel può avere il valore di un saggio storico. Dalla newsletter de L’Espresso sulla galassia culturale arabo-islamica

«Vedi quella croce di ferro appesa al muro? Me l’ha data Hindeburg in persona: mi fido di lui». Ha fiducia nel suo Paese l’anziano berlinese con la kippah in testa, che risponde così all’ansia del figlio preoccupato per l’ascesa del nazismo: «Ho combattuto per la Germania nella grande guerra, sono quasi morto per lei». Pochi giorni separano questa scena dalla marcia degli ebrei europei verso i campi di sterminio sotto le nevicate invernali. E pochi mesi dalla deportazione dei loro confratelli nordafricani in mezzo le sabbie del deserto.

 

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A raccontare la Shoah degli ebrei maghrebini è un graphic novel sui generis: non un romanzo ma un saggio, non un reportage giornalistico ma un testo accademico. A pubblicarlo è l’università di Stanford, che lo ospita nella collana di “Studies in Jewish history and culture”: e dimostra così grande fiducia in una forma narrativa che i professori italiani sentono ancora più vicina a “Topolino” che alla Cultura con la maiuscola.

 

Il libro si intitola “Undesirables. A Holocaust journey to North Africa” ed è firmato da Aomar Boum, storico marocchino e docente di studi sefarditi alla Ucla (università di Los Angeles), e da Nadjib Berber, illustratore algerino-americano. Boum ha alle spalle numerosi saggi “tradizionali” incentrati sulla vita delle minoranze etniche e religiose nel periodo post-coloniale del Mena (Medio Oriente e Nord Africa): non solo ebrei ma anche Bahai, sciiti e cristiani.

 

Berber, alla prima esperienza di graphic novel storico dopo una carriera da illustratore e vignettista, soprattutto per la stampa algerina, è morto quando questo volume era in corso di stampa: ha lasciato un volume sui “Fratelli Barbarossa”, famosi pirati diventati ammiragli della flotta ottomana, e il progetto di un volume sulla setta degli Assassini (quella che ha ispirato “Assassin’s Creed”). Nei suoi disegni in bianco e nero, le vicende dei protagonisti si snodano all’interno di una riproduzione accuratissima dei dettagli della vita dell’epoca: i tram di Berlino, i minareti magrebini, i titoli dei giornali tedeschi o francesi e dell’algerino “L’Antijuif”…

 

La narrazione è affidata a Hans Frank, giornalista ebreo berlinese che fa parte di una rete clandestina contro l’antisemitismo. Frank decide di arruolarsi nella Legione straniera ma arriva in Algeria proprio pochi giorni prima che il regime di Vichy condanni tutti gli ebrei della Francia e delle colonie come “Undesirables”, indesiderati. Un eufemismo, rispetto alle deportazione che li attende. E mentre gli ebrei del Marocco rientrano nella protezione del sultano Muhammad V, che si rifiutò di accettare la distinzione tra i suoi sudditi imposta dai colonizzatori, quelli algerini non ebbero alcuna riparo.

 

Il loro destino, il lettore lo rivive insieme a Frank: arrestato, detenuto in campi di concentramento che vedono fianco a fianco gli ebrei, gli arabi invisi al regime e gli stranieri, costretto ai lavori forzati per costruire una ferrovia in mezzo alla sabbia. A salvarli sarà lo sviluppo della guerra, la disfatta della Francia di Vichy e la sconfitta dei nazisti e dei loro alleati nel Nordafrica nel 1942.

 

Il risultato, che gli autori nella postfazione inseriscono nel solco di “Maus” di Art Spiegelman, è «un graphic memoir, quasi una forma di antropologia retroattiva: un racconto nel quale la testimonianza passa attraverso una visione guidata dai dati d’archivio». I disegni inoltre permettono di notare a prima vista un tema a cui gli autori tengono molto: la fratellanza che nasce tra tutti gli “Undesirables”, non solo gli ebrei ma gli arabi invisi al regime, gli oppositori spagnoli sfuggiti al franchismo, i neri delle colonie dell’Africa centrale… Nella sua lunga recensione sul sito Africa is a country, Grégory Pierrot cita la frase del "Discorso sul colonialismo" di Aimé César su Hitler, la cui più grande colpa agli occhi degli occidentali sarebbe stata quella di «avere applicato agli europei procedure colonialiste che fino a quel momento erano state riservate esclusivamente agli arabi d'Algeria, ai coolies in India e ai neri in Africa».

 

"Undesirables” si concentra sulla situazione nelle colonie francesi. Solo qualche cenno alla situazione italiana («Benito Mussolini è un patriota!», esclama a un certo punto l’avventore di un bar). Ma sarebbe il caso di tradurre in graphic novel, più leggibili e aperti a un pubblico di liceali e si non addetti ai lavori, anche i libri che in anni recenti hanno strappato il velo sulle persecuzioni subite dagli ebrei nelle colonie italiane, dalle leggi razziali del 1938 alla deportazione nei lager tedeschi: da "Uccideteli tutti. Libia 1943” di Eric Salerno a “Gli ultimi ebrei di Rodi” di Marco Clementi ed Eirini Toliou, da “Per questo ho vissuto” di Sami Modiano a “Una voce sottile” di Marco Di Porto. Per finire con “Cento volte sabato” (Einaudi), il recente memoir costruito da Michael Frank sui ricordi di Stella Levi: italiana deportata da Rodi, sopravvissuta ad Auschwitz e oggi brillante centenaria newyorkese.