Festeggia un secolo Palazzo Barolo, lo stupefacente edificio della capitale argentina che ricalca l’opera più celebre di Dante Alighieri. Omaggio alla cultura di milioni di emigranti italiani in Sud America

Con l’esibizione dell’orchestra del Teatro Colón sono cominciati i festeggiamenti del centenario di Palazzo Barolo, il più eclettico edificio di Buenos Aires, organizzati dalla Fondazione “Amigos del Palacio Barolo”. Dante Alighieri in Argentina: era questo il progetto alla base della costruzione dell’edificio in quella che, nel primo Novecento, era di fatto la nuova grande capitale degli italiani. A ideare il trasferimento delle spoglie del Sommo Poeta furono un architetto, Mario Palanti, e un industriale, Luigi Barolo. Nato a Biella nel 1869, Barolo sbarcò dall’altra parte dell’Atlantico nel 1890 e avviò un importante cotonificio a Valentin Alsina. Ad appassionarlo all’idea fu l’architetto Mario Palanti, nato a Milano nel 1869, accanito lettore della “Divina Commedia” e arrivato in Argentina nel 1909 per costruire, con Francesco Gianotti, il Padiglione Italiano all’Esposizione del Centenario dell’indipendenza dello Stato latino-americano.

 

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Il Palacio, nella centralissima Avenida de Mayo, numero civico 1370, ha visto riattivato il grande faro in cima grazie al contributo dello Stato italiano per celebrare il Bicentenario dell’Indipendenza. Dopo la guerra 1915-18 Palanti e Barolo temevano una nuova catastrofe bellica sull’Europa ed in particolare sull’Italia, che ne avrebbe distrutto l’ingente patrimonio storico-artistico, tra cui il tempietto di Ravenna dove si conservano le ossa di Dante. Per prima cosa scelsero un terreno centrale, in Avenida de Mayo, l’arteria principale della capitale porteña, che porta dal Palazzo del Congresso alla Casa Rosada. Il primo ostacolo che si trovarono di fronte furono le regole urbanistiche che imponevano edifici non più alti di 20 metri per non oscurare la cupola del Congresso Nazionale. Barolo riuscì a strappare una costruzione cinque volte superiore. I lavori ebbero inizio nel 1919 e si conclusero nel 1923 anche se il progetto era di trasferire le ceneri nel 1921 in occasione dei settecento anni dalla morte di Dante. Il 7 luglio 1923, compleanno del poeta fiorentino, giorno dell’inaugurazione, Barolo non c’era più, era morto l’anno prima, senza vedere conclusa l’opera. Il palazzo celebra la prosperità dell’emigrante italiano, della storia e della cultura che trascinava oltreoceano in un’epoca in cui a Buenos Aires gli italiani superavano per numero i nativi e gli altri emigranti. Mario Palanti, allievo di Brera e del Politecnico, costruì il suo capolavoro in uno stile architettonico che mischia elementi del gotico veneziano e architettura religiosa dell’India. Per lo storico dell’architettura Carlos Hilger, Palazzo Barolo è il miglior esempio dell’architettura esoterica degli inizi del secolo XX, riflettendo il sistema letterario e simbolico della Divina Commedia. Le bugie del faro rappresentano i nove cori angelici e la rosa mistica. Ogni anno, il 4 giugno, dalle 19.45 alle 20, si allinea con la costellazione della Croce del Sud, creando simbolicamente una porta di accesso al Paradiso. Il progetto prese le mosse dalla sezione aurea come le misure del Tempio di Salomone e dal numero d’oro, in proporzioni di origine sacre che l’architetto individuò nella metrica della Divina Commedia. La divisione del palazzo corrisponde alle sezioni del poema: Inferno, Purgatorio e Paradiso. Il piano terra è l’Inferno, i primi 14 piani sono il Purgatorio, i restanti sono il Paradiso, il faro rappresenta l’occhio di Dio. Il numero di gerarchie infernali è nove, come nove sono le volte d’accesso all’edificio, passi d’iniziazione. I canti della “Divina Commedia” sono cento, come cento sono i metri di altezza del palazzo. La maggioranza dei canti del poema hanno 11 o 22 strofe, i piani dell’edificio sono divisi in 11 moduli per fronte, 22 moduli di uffici per blocco. L’altezza è di 22 piani.

 

Quel visionario di Palanti preparò anche una statua di bronzo di 1,50 metri di altezza detta “Ascensione”, che rappresentava lo spirito di Dante. La statua poggiava i piedi su un condor, simbolo del viaggio verso il Paradiso. Dante sarebbe uscito dal Purgatorio verso il Paradiso passando dalla Croce del Sud. Due misteri restano aperti: nei versi 22-27 del Purgatorio Dante cita proprio la Croce del Sud. Come faceva a conoscere una costellazione non visibile dall’Europa e scientificamente identificata solo nel 1516? Il secondo riguarda l’autorizzazione data nel 1929 per l’apertura di una teca del Banco Rari nel Magazzino Manoscritti della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze contenente due cimeli risalenti al 1865, sesto centenario della nascita del Poeta. In quella occasione fu aperta la cassetta nella quale riposavano le ossa di Dante. Il tappeto sul quale poggiava la cassetta e il contenitore furono liberati dai sedimenti, polvere e scaglie d’ossa di Dante. Il notaio Saturnino Malagola autenticò questi prelievi che furono conservati in varie buste. Una fu donata dallo scultore Enrico Pazzi alla Biblioteca Nazionale. Le ceneri sono affiancate da una carta che ha ricevuto l’impressione del cranio di Dante. Erano forse destinate a Palazzo Barolo?