Dodici milioni di connazionali dormono poco e male. Una tendenza sempre più evidente, che colpisce persino bambini e ragazzi. E mentre cinema e libri la raccontano, il mercato prospera: da quello degli psicofarmaci all’e-commerce

Ci sono due città, una dentro l’altra. Quella degli occhi chiusi e quella degli insonni.

Mentre gli altri dormono, lasciando il mondo incustodito, settecento milioni di insonni nel mondo vegliano, spiano, controllano l’ora e le ombre. Tessono fili, accendono rotte e segnali.

Altro che spettri del malaugurio, o figure iettatorie, tra pallore e occhiaie! Dopo essere stati, per secoli, calunniatissimi e sospetti, guardati a vista come creature ambigue, con qualche punta demoniaca (d’altronde se “il sonno è dei giusti”, chi non dorme è un reietto, no?), per gli insonni è arrivata l’ora. Le quattro, solitamente.

È in quel momento, ogni notte, che si sveglia la città segreta, nel silenzio si accendono luci e lampade, schermi e televisori, fornelli e ferri da stiro (sic), danzano tasti e mouse, riempendo i cavi sotterranei (o i tavoli in cucina) di lampi e rintocchi. Dodici milioni di insonni in Italia (raddoppiati dalla Pandemia, stime dell’Oms), mentre tu dormi come Dio comanda, vivono, chattano, si fidanzano/tradiscono/ritrovano sui social, frequentano app, vendono e comprano cose, vedono film e concerti d’epoca, consultano siti e tutorial, seguono corsi on line di ricette e di scrittura, cucinano piatti e romanzi (anche separatamente), o fanno sedute di psicoterapia. Girano il mondo e se stessi, tra casa e pc. La città degli insonni pulsa e freme, si riconosce e ricolloca: si sente adesso comunità.

 

Va detto, ci avevano già provato scrittori e poeti, a viverla come spazio altro, da Kafka (“Vita miserevole, soltanto sogni e niente sonno”, scriveva nel Diario) a Proust (insonne perso tra le lenzuola, lui e il suo doppio della Recherche), da Nabokov, che la notte giocava a scacchi da solo, a Hemingway che alle 4 scriveva, in piedi, bevendo the mischiato al gin.

C’è una mitografia dell’insonnia tutta scritta da poete, insonni per natura e urgenza, tra cui Emily Dickinson, Sylvia Plath, Elizabeth Bishop, Anne Sexton, Amelia Rosselli - ma d’altronde la notte sta alla poesia come la bacchetta al sushi. E non è un caso, ancora, che l’insonnia sia sofferta e combattuta più dalle donne (al sessanta per cento), in quanto inclini all’introspezione, sensi di colpa e analisi, ovvero pratiche ansiogene e notturne.

Ma i poeti sono una razza a parte, ahinoi. Nell’immaginario comune e popolare, dall’epica all’aneddotica, gli insonni per secoli sono dannati, creature dell’ombra e del guasto, del rimorso: insonne il ladro e il traditore, il condannato e il bugiardo. Insonni leggendari, è vero, anche gli innamorati e i mistici, ma in fondo è la stessa schiera, quella dei poeti.

Poi è arrivata la pandemia, e dunque la perdita del lavoro, la paura della morte, la riduzione di orizzonte e di futuro, la difficoltà delle relazioni. Siamo tutti insonni, in transito o permanenti, insonni stabili o dilettanti, professionisti o a fasi alterne, insonni per caso o necessità, in viaggio o sul divano. Persino bambini e ragazzi, il venti per cento del totale.

L’insonnia non è più quella terra insana e off limit, lembo estremo e visionario del giorno, adesso è spazio in cui si incrociano le mosse del mercato. Non a caso le richieste di psicoterapia, anche on line, sono cresciute in Italia nell’ultimo anno del trenta per cento (grazie anche al “bonus psicologo”) ed è nato lo “psicologo di base”, in coordinamento coi servizi ospedalieri e territoriali.

La più favorita, si capisce, è l’industria degli psicofarmaci. Da quando l’insonnia si è liberata da quell’aura di maledizione sociale - e chi non dorme non si vergogna più a confessarlo, e a chiedere aiuto a medici e analisti - la vendita di farmaci ipnotici, benzodiazepine e barbiturici è in continua crescita (il 20 per cento in più nell’ultimo quinquennio, secondo l’Espad, istituto fisiologia clinica del Cnr) assieme ai prodotti più o meno naturali a base di erbe o melatonina per ridare il sonno perduto.

L’insonne ha fatto outing, infatti, ma non basta. La città dei normo-dormienti mal sopporta (anche se lo nasconde) chi non fa il giusto uso della notte. Cioè quello di ricaricare le energie da investire il giorno dopo nel lavoro, in ufficio, in studio, per strada, in famiglia, nel sistema.

Avete presente la faccia stordita e ottenebrata di Al Pacino in Insomnia di Christopher Nolan? L’identikit è impietoso. L’insonne cronico arriva in ritardo, ha passi lenti e malfermi, i gesti monchi o imprecisi, è iracondo, si distrae. E poi quell’aria malmostosa e sciatta, la voce torbida e molle, i riflessi tardi nel traffico. Nella visione del capitalismo smart l’insonne inceppa il congegno della città , è un teppista. E per di più col danno, contagioso, della depressione, altra minaccia sociale.

D’altronde, se un adulto su quattro è insonne cronico o transitorio (ultime rilevazioni dell’Aims, Associazione italiana medicina del sonno), l’impatto economico socio-sanitario degli insonni è altissimo e dispendioso, e non solo per il trattamento farmacologico, e per le malattie connesse (soprattutto neurodegenerative, e poi diabete obesità depressione infarto) ma anche per il calo di produttività e per gli incidenti sul lavoro, in auto e domestici.

L’insonne non ha scelta. Se non ha la rassegnazione del Sognatore delle Notti bianche di Dostoevskij, ma nemmeno i poteri paranormali di Ralph, il protagonista della visionaria Insomnia di Stephen King, compra farmaci e li ingoia.

Chi dorme non piglia pesci, forse. Ma chi non dorme piglia pesci, lancia ami. Compra.

Il silenzio, l’intimità e il favore delle tenebre allentano i freni inibitori, e la notte gli acquisti si impennano. Compriamo di tutto, ma specialmente cose non urgenti né necessarie - oggetti di arredo e vestiti, borse e cosmetici – perché si schiude il desiderio rimosso, il bisogno di risarcimento – dalla solitudine, dalla malinconia. Dall’insonnia.

L’insonnia produce ansia, dunque insonnia. La città degli insonni prospera, e questo piace alla città del giorno, perché i notturni comprano e soprattutto navigano, fornendo dati e informazioni, algoritmi e tracciabilità, nuovi profili del consumatore. Insonni stabili o a fasi alterne, pentiti o recrudescenti contribuiamo tutti, se connessi.

All’infinita domanda del profeta: «Sentinella, a che punto è la notte?» gli insonni sono gli unici a poter rispondere. Sanno ogni voce, ogni buco della notte.

Lo hanno capito anche le aziende (complice il Covid che ha fatto impennare sia l’uso di Internet che l’insonnia): chi sta sveglio la notte, meglio se giovane e pratico, può lavorare a committenza dal suo letto o dalla scrivania - ad esempio per raccolta e sequenziamento dati, sondaggi e compilazione moduli per studi professionali.

Una dritta, infine. L’ Aims ha lanciato la sua Maratona del sonno, tra webinar e video on line per far conoscere la ricca mappa dei Centri di medicina del sonno e delle cliniche specializzate, e insegnare a combatterne i segni e le derive. Utilissimi i video informativi, specie visti di notte, uno per uno. Occupi il tempo, e c’è il rischio (felice) di addormentarsi.