È come se stessimo abitando il Paese, ma ne fossimo inquilini passivi; come se l’amministrazione fosse solo burocrazia e i cittadini un plotone di distratti da tenere buoni

Domenica mattina la gente legge il giornale al bar (non la propria copia, non sia mai, quella del locale) stancamente, brancolando tra i risultati delle partite e cercando qualche fatto locale. Un tizio col cellulare a tutto volume guarda i video del sindaco su Instagram, io spio e mi sento morire. Il sindaco, con un tono di voce sempre sopra il limite del sopportabile, inaugura aiuole con la solennità di un capo di Stato di fronte a una grande opera pubblica; poi il sindaco, mentre il giardiniere è in pausa, monta su un trattore per tagliare l’erba e mette su un teatrino che dovrebbe far ridere, ma deprime.

 

Sul suo account il primo cittadino è seguito da duemila persone, ma ha pubblicato più di trentamila post. Trentamila solo su Instagram, senza considerare le ore di dirette quotidiane su Facebook. Credo abbia passato più tempo sui social che sul territorio, nonostante abbia fatto due mandati; è stato condannato per vicende legate ai soldi, ma a nessuno interessa, anzi al giorno d’oggi è quasi la norma e non voglio nemmeno essere il suo giudice. Però, ecco, sono otto anni che fa il sindaco e nella nostra città non è mai successo niente. Mai una vera iniziativa culturale, mai un segno di vita, solo strisce blu dei parcheggi a pagamento, sensi di marcia che cambiano a caso e uno stanco incedere della vita di provincia, priva di ogni sorpresa. Pure priva di un sogno. Però abbiamo trentamila post auto-riferiti in cui un uomo con una carica pubblica gioca a fare il comico.

 

Chi sono queste persone? Che senso ha ormai votare per affidare la cosa pubblica alle loro mani? Non faccio il nome solo perché di sindaci come lui ce ne sono tanti. E non solo sindaci, ma anche politici di più alto grado.

 

La domenica continua. Scruto la gente distratta, sono tutti assuefatti dal telefono, nessuno mi nota, potrei camminare in mutande dentro al bar e a malapena se ne accorgerebbero. I tavolini sono pieni di Gratta e Vinci grattati e non vinti, nei bar la musica alta non riesce mai a coprire il rumore delle slot machine, i cui proventi vanno diretti nelle casse dello Stato e generano plotoni di ludopatici che non si fanno curare e dissipano patrimoni o piccole pensioni, distruggendo famiglie. È moralmente accettabile che lo Stato lucri su una dipendenza? Un assistente scolastico si lamenta per la multa che ha preso perché ha varcato una Ztl. Quasi 100 euro su uno stipendio di 1.100: non che non sia giusta la multa, ma per le sue tasche è spropositata, pure se lavora.

 

Vorrei leggere il giornale anche io, ma sono distratto. Il sindaco, il giardiniere, la gente qui attorno mi interessano di più e improvvisamente capisco perché. È come se ci fosse la realtà dei media, delle grandi notizie, delle manovre politiche che si rivelano tutte effimere e poi quella fuori dalla porta di casa; come se la prima, invece che una cosa seria, fosse una forma di intrattenimento per distrarsi dalla seconda.

 

La realtà della gente in solitudine e ai margini la racconta più “Chi l’ha visto?” che qualsiasi altra inchiesta. È come se stessimo abitando il Paese, ma ne fossimo inquilini passivi; come se l’amministrazione fosse solo burocrazia e i cittadini un plotone di distratti da tenere buoni coi fatti trasformati in show. Chissà cosa penserebbero di noi oggi i partigiani che tra poco festeggeremo, i padri costituenti. Chissà loro cosa direbbero al mio sindaco.