Gli insegnanti a contratto sono disoccupati durante le vacanze. E costretti al calvario dell’indennità. Che può tardare mesi e avere importi del tutto casuali

Caro Inps e cari ministri dell’Istruzione e del Lavoro, è luglio, fa caldo, la gente è in vacanza. La maggior parte dei precari della scuola no e il motivo per cui succede è vergognoso. È giusto che il pubblico lo sappia.

 

La scuola chiede tanto a questi 225mila insegnanti che tengono in piedi il sistema: che si accontentino degli stipendi più bassi d’Europa e nei mesi estivi diventino disoccupati in modo che non gravino sulle casse dello Stato. Così a giugno finisce l’erogazione dello stipendio e inizia un ingiusto e umiliante calvario a cui questi disgraziati sono sottoposti.

 

Una volta disoccupati, i docenti hanno diritto a ottenere la Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego (Naspi), un’indennità mensile di cui ci sarebbe da esser contenti, ma purtroppo la burocrazia richiede fino a 60 giorni per processare la domanda; giorni che possono diventare anche di più, a seconda di quanto gli uffici siano intasati. Si tratta di lunghe e calde settimane in cui si vive in attesa di un segnale, mangiando scatolette col conto in rosso e a carico dei familiari visto che durante l’anno si riesce a mettere da parte poco o niente.

 

Poi un giorno il miraggio: arriva il messaggio che la richiesta è stata accettata e da lì uno vive in attesa del bonifico, tipo tossico in attesa di una dose. Niente più figure meschine in cassa al supermercato quando passi il bancomat e la cassiera giudicante sentenzia: «Transazione negata». Che umiliazione per un lavoratore… Una volta idoneo alla Naspi il precario è tranquillo solo a parole, perché qui scatta un’altra sola. Il disoccupato non sa mai in che giorno del mese potranno arrivargli dei soldi e per i primi mesi, di solito almeno tre o quattro (peccato che a quel punto ritorni al lavoro), gli importi sono sempre diversi. Possono arrivargli 50 euro come 500, a sorpresa. Impossibile programmare una spesa qualunque, figuriamoci una vacanza. Si vive sperando di non aver bisogno urgente del dentista o del meccanico, perché nel caso non li si può pagare. Puoi parlare coi call center, coi dipendenti dell’Inps anche loro sconvolti, con l’avvocato, col patronato, col tuo sindacalista, ma nessuno è in grado di dare risposte sulla Naspi. Andiamo su Marte, abbiamo l’Ia, possiamo costruire un ponte in pochi giorni, ma non si possono sapere le date in cui arriverà il bonifico o gli importi; non si possono cambiare i mostruosi tempi d’attesa per ottenerlo. Farebbe ridere, se non facesse incazzare.

 

Cari ministri e cari vertici dell’Inps, mentre siete in ferie come è giusto che sia, ricordatevi anche di quei poveracci che lodate sempre nei vostri rari discorsi e per cui non state facendo niente da decenni. Non dico che dovrebbero andare in ferie, forse sarebbe troppo, però almeno mettiamoli in grado di pagare le bollette in modo che siano degli schiavi virtuosi. Il Novecento è stato il secolo in cui i lavoratori, anche con scioperi e occupazioni delle fabbriche, hanno ottenuto miglioramenti di vita.

 

Paradossalmente in questi anni digitali e di trasformazione, quando potrebbero ottenere grandi risultati, gli insegnanti sono del tutto arresi. Se scioperassero in blocco andrebbe in tilt un Paese, ma sapete perché non lo fanno? Perché quel giorno di lavoro mancato viene tolto dallo stipendio e loro sono fissi alla canna del gas. Sviliti, impoveriti. Cari ministri e vertici dell’Inps, perché non fate qualcosa?

 

Buone vacanze.