I veri problemi dell’Italia sono quelle piccole cose che rendono la vita difficile: i bar che non sanno fare i caffè, le precedenze ignorate nelle rotonde. È ora di mobilitarsi

No, no, no e ancora no. Vi viene mai voglia di urlare un bel NO? Non state nemmeno lì a pensare «no a cosa», semplicemente date voce a un no generalizzato, rivolto a tutto e a tutti e in ultimo luogo anche a noi stessi. Quanto è che non lo fate? E poi basta con il trovare il senso a tutto, basta con la logica, con «l’impiccio del realismo» come lo chiamava Celati.

 

A forza di cercare sempre una morale, uno scopo altissimo, la gente diserta le elezioni e sembra animarsi per battaglie di cui non riesco a sentirmi partecipe. Invece vorrei averne di mie…che ne so, contro i treni, che detta così è pure un po’ fantasiosa. Chiaramente non con il mezzo del treno che è così green, ma contro le ferrovie nostrane che sono un disastro.

 

Anni che viaggio in ritardo e non ottengo i rimborsi perché la neve è un fattore naturale e se ritardi tre ore la compagnia ferroviaria non può farci niente; anni che programmo le mie partenze con ore di anticipo perché so che le coincidenze saltano tutte. E me ne sto a Santa Maria Novella, in cui manco ci sono le panchine per sedersi in sala d’attesa, le hanno tolte ai tempi del Covid, mai più rimesse; me ne sto lì a terra, accanto ai piccioni, vinto. Eppure…mai vista una mobilitazione di massa contro i treni. A volte sono i ferrovieri che scioperano col loro datore di lavoro, ma mai i passeggeri che si ammutinano.

 

In milioni a fare gli hashtag per le minoranze, ma nessuno che se ne sbatte dei problemi della maggioranza. Quelli sono dati per assodati, irrisolvibili, facenti parte del corpo mezzo addormentato dell’Italia che quasi necessita di romanzare i suoi difetti e di scherzarci piuttosto che provare a cambiare qualcosa. Eppure sono le piccole cose che rendono la vita più difficile, non chi sarà il segretario di un partito.

 

L’altro giorno ho provato a buttar giù una lista dei più grandi problemi d’Italia e ne ho individuati circa venti. Sembrano ridicolaggini, invece sono cose serissime. Tipo:

 

1) Riscaldamento troppo alto negli alberghi. Basta, si schiatta dal caldo. Aboliti gli ormai vetusti termosifoni, i riscaldamenti sono dei tubi invisibili installati sotto il parquet o nelle pareti e non si possono mai davvero regolare. Entri in stanza e sei alle Maldive, ma umide, e quasi a sfottò ti mettono pure il piumone nel letto. Ma se devo dormire in mutande con la finestra aperta, dai!

 

2) Nessuno sa dare la precedenza nelle rotonde. Mai visto un vigile a presidiare una rotonda. Eh già, i guidatori dovrebbero sapere come si dà la precedenza, in fin dei conti hanno la patente e hanno superato un esame, invece è una roulette russa. Ti guardano negli occhi, ti sfidano, ma non si fermano.

 

3) La gente che parla al telefono in pubblico. Fenomeno inspiegabile. I peggiori sono quelli che «fanno una call», ovvero una specie di riunione dell’Onu con i premi Nobel dei colleghi, e godono nel farsi sentire da te, magari in treno, magari sul Frecciarossa, magari nel vagone silenzio.

 

4) La pessima qualità del caffè ormai ovunque. Cavolo, per una cosa eravamo famosi e ce la siamo giocata, letteralmente. Come dice Bottura: «Robusta bruciata».

 

5) La gente che puzza. Ma vogliamo essere il formaggio Bel Paese oppure il polo turistico? Eddaiii (detto alla Mughini).

 

Mi fermo a cinque, potrei andare avanti ore. Già così potrebbe essere una sorta di manifesto politico per un nuovo partito. Scommettiamo che un botto di persone tornerebbe a votare?