Tv, social, artisti: siamo sommersi da immagini e messaggi provocanti. E improntati all’esibizionismo. Ma l’ansia da prestazione ci spinge a fuggire dalle relazioni reali. Così finiamo per isolarci e sentirci soli

Fate più sesso, per favore. Non lo dico io, ma un articolo del New York Times secondo cui due terzi degli americani dichiarano di sentirsi soli e addirittura un intervistato su quattro dice di non aver avuto nemmeno un rapporto sessuale nell’anno precedente. Clamoroso per una società che qualche decennio fa James Ellroy descriveva così in “American Tabloid”: «La vera Trinità di Camelot era Piacere, Spaccare il culo e Scopare. Jack Kennedy è stato la punta di diamante mitologica di una fetta particolarmente succosa della nostra storia».

 

Succede in America, ma chiaramente anche in tutto il mondo. Un po’ ci hanno detto che il Covid ha deteriorato i rapporti, un po’ la coppia è in crisi e il matrimonio non ne parliamo. Però qualcosa manca nella narrazione, perché mai come ora siamo stati pervasi e invasi da immagini sessualizzate.

 

Tv, media, Instagram, il sesso esce da tutte le parti. E non è mai un’entrata in scena in grande stile, un richiamo al sano desiderio o a qualcosa di davvero proibito, ma piuttosto una strategia subdola di posizionamento e marketing. Ho ancora negli occhi le immagini dell’ultimo Sanremo e c’è qualcosa che non capisco: come mai gli artisti devono essere dei sex symbol? Perché è così importante non solo essere belli ma anche ammiccanti o arrapanti? Bisogna tenere tutti incollati allo schermo, tutti a fare like all’ultimo video, altrimenti si scompare.

 

Pensate a com’era ingenua la Carrà che cantava di far l’amore da Trieste in giù e poi visualizzate i Måneskin sempre nudi come in uno spettacolo di addio al celibato per sciure di tutto il mondo; Elodie in versione Beyoncé ma non posso; Levante che canta una canzone sulla gioia di masturbarsi; il bacio tra Fedez e Rosa Chemical. Il messaggio, dal look ai temi delle canzoni, è una provocazione continua.

 

Non c’è niente di male e le celebrità fanno sicuramente bene a fare il loro gioco. Credo solo che i loro video arrivino nei telefoni di persone comuni, che invece sono piene di complessi, di ansia da prestazione e ne vengono devastate. Il New York Times dice che ci sentiamo soli e non facciamo più sesso e sfido chiunque a dire che la comunicazione dei social non è una causa peggiore del Covid.

 

È molto più semplice fare sesso online o grazie a un algoritmo, non investire emotivamente in una relazione, nemmeno nell’amicizia. L’eterno presente in cui viviamo è tutto talmente fondato sulla tutela di sé che la relazione è ormai un pericolo. Dilagano la paura della fusione simbiotica, ovvero di entrare in contatto con l’altro e non sapersi più svincolare, e l’idea che la coppia sia una rinuncia all’autonomia, al nostro successo.

 

Quindi piuttosto non investo, vado contro le mie pulsioni e faccio tutto da solo, mi isolo, mi masturbo su OnlyFans, ma almeno non mi sento rifiutato o risucchiato. Poi c’è il disagio sociale: e se l’altro mi rifiuta? E se faccio cilecca? E se non sono figo come l’immagine del tizio famoso che mi arriva?

 

Non si possono più considerare i social network come una forma di intrattenimento e basta, ormai sono dei totem di valori che modificano il nostro comportamento e la nostra cultura. Sì, lo facevano anche il cinema e la tv, ma lì non eri mai tu il protagonista. Adesso più sei provocante più sei esposto. Senza essere nostalgico, penso che si stesse meglio quando si attaccavano i poster degli altri sul muro della cameretta, invece che il nostro.