L'agenzia di rating: "Troppi titoli di stato nelle compagnie italiane". I commentatori insorgono a difesa del sistema Italia. Ma il bilancio del gruppo delle Coop dimostra che il richiamo non è infondato

Nessuno tocchi le nostre banche. Nessuno tocchi le nostre assicurazioni. Ci risiamo, riscoprendo un senso patriottico degno di miglior causa, molti commentatori di cose economiche hanno sommerso di critiche l'allarme lanciato ieri da Moody's.

La società di rating americana, così come aveva fatto pochi giorni fa la consorella Standard and Poor's, in un report diffuso oggi ha messo in dubbio la solidità a lungo termine delle compagnie di assicurazioni italiane. “Troppi Btp”, questo il verdetto degli analisti. Secondo Moody's le assicurazioni italiane hanno investito oltre il 50 per cento dei loro attivi in titoli di stato nostrani, soprattutto Btp. Questa esposizione, conclude il rapporto, aumenta la vulnerabilità delle compagnie a eventuali scossoni di mercato sul fronte del debito sovrano, tipo quelli, per dire, dell'estate-autunno del 2011.

Apriti cielo. Ecco che da siti internet e giornali è tutto uno stracciarsi le vesti per l'attacco dei perfidi capitalisti anglosassoni contro i baluardi dell'italianità. Certo – chi può negarlo - le società di rating negli ultimi anni hanno preso abbagli colossali. Dipende anche da loro la bomba finanziaria esplosa nel nel 2007 di cui ancora oggi scontiamo le conseguenze. Però forse, al di là delle tirate patriottiche converrebbe dare un'occhiata alle cifre, quelle dei bilanci. E farsi qualche domanda.

Si può definire prudente un investitore che punta la metà del proprio portafoglio in una singola categoria di prodotti? La risposta, lo insegna qualunque manuale, è negativa. E se alcuni gruppi come le Generali, che hanno una forte proiezione internazionale, hanno  ridotto al 17,5 per cento il peso dei titoli di stato italiani sul totale degli investimenti (55 miliardi su 319 miliardi) altre compagnie si sono mosse in direzione opposta.

Prendiamo Unipol-Fonsai,  nata dalla fusione tra l'assicurazione targata Coop e quella portata fin quasi al dissesto dai Ligresti. A settembre i titoli di stato italiani valevano il 73,5 per cento del portafoglio obbligazionario del gruppo. Nove mesi prima, alla fine del 2012, la quota di Btp e altri titoli governativi italiani superava di poco il 64% del totale.

In pratica quest'anno i manager di Unipol hanno venduto, tra l'altro, Germania (-157 milioni) per comprare Italia. Certo, sul piano dei rendimenti non c'è confronto. I titoli pubblici tedeschi rendono pochissimo, (con la scadenza a 10 anni viaggiamo vicino all'1,7 per cento contro il 4 per cento dell'analoga scadenza italiana), ma forse qualche domanda sulla prudenza e l'opportunità di questa scelta di investimento è legittima. Con buona pace dei difensori dei sacri confini dell'italianità.