La crisi politica manda alle stelle lo spread e abbatte le quotazioni dei titoli di Stato. E i primi a essere colpiti sono gli istituti di credito

Nel 2011, ai tempi dello spread a quota 500, i Btp erano descritti come una sorta di bomba a orologeria nei bilanci delle banche italiane. Per anni gli istituti di credito avevano accumulato titoli di Stato, fino a quando la crisi del debito sovrano innescò il crollo delle quotazioni di un investimento fino ad allora considerato ultrasicuro e a rendimento garantito. A sette anni di distanza lo scenario è del tutto cambiato. Lo spread è tenuto al guinzaglio dalla Bce, ?che compra sul mercato titoli pubblici dei Paesi dell’area euro sostenendone le quotazioni.

Anche adesso però i Btp rappresentano una quota importante dell’attivo delle banche italiane. E così, quando tira aria di crisi, gli investitori internazionali si liberano del rischio Italia anche vendendo le azioni degli istituti di credito nostrani. Si spiegano così, almeno in parte, i ribassi registrati dai titoli bancari dei giorni scorsi. I timori dei mercati sull'esito della crisi politica hanno portato lo spread da quota 150 fino a superare i 320 punti. E anche i rendimenti dei Btp a scadenza decennale sono aumentati fino al 3 per cento, ai massimi dal 2013 con una corrispondente discesa delle quotazioni.

Le statistiche più recenti pubblicate da Bankitalia, aggiornate a fine marzo, segnalano che le banche italiane hanno in portafoglio titoli di Stato per un totale di 338 miliardi, una somma che corrisponde a poco meno del 10 per cento delle attività complessive del sistema bancario nazionale, pari a circa 3.700 miliardi di euro. La quota investita in Btp vale 245,9 miliardi, il resto sono Cct ?(55 miliardi) e Bot (10 miliardi).

Ecco spiegato, quindi, perché ogni scossone nelle quotazioni dei titoli di Stato non può che aver effetti anche sull’andamento borsistico delle banche. Già da tempo, peraltro, i banchieri hanno avviato una manovra di alleggerimento del portafoglio investito in Btp. A marzo dell’anno scorso queste attività valevano quasi 290 miliardi, il 15 per cento in più rispetto a 12 mesi dopo. Alcuni istituti di credito hanno accelerato le vendite nei primi tre mesi di quest’anno. È il caso di Ubi, la banca lombarda che per dimensioni è al terzo posto nella graduatoria nazionale ?alle spalle di Unicredit e Intesa. Tra gennaio e aprile Ubi ha venduto titoli di Stato per circa un miliardo: il portafoglio ?si è così ridotto da 11,4 a 10,4 miliardi.

Banco Bpm, nato dalla fusione del Banco Popolare con ?la milanese Bpm, segnala invece nella trimestrale chiusa ?a marzo che i titoli di stato valgono il 72 per cento degli investimenti complessivi contro l’82 per cento registrato ?nel dicembre scorso.