Per sfruttare le opportunità derivanti dalla decarbonizzazione dell’economia, serve una nuova stagione di politiche industriali verdi. L’intervento del Forum Disuguaglianze Diversità

Il tempo che ci separa dal 2030 è fondamentale non solo per ridurre del 55 per cento le emissioni di gas serra dell’Italia, ma anche per rilanciare la nostra economia stagnante. Come sostengono le indagini del Centro di ricerca Enrico Fermi, le imprese italiane hanno le competenze tecnologiche per cogliere le opportunità di crescita della transizione verde, stimolando la crescita della produttività e l’occupazione, ma devono essere supportate dallo Stato con una nuova stagione di politiche industriali.

 

Studiando i profili di specializzazione produttiva e i vantaggi comparati nell’attività brevettuale, l’Italia è molto attiva nelle innovazioni verdi, sebbene con profonde disparità regionali e con risultati lontani da Francia e Germania. Tuttavia l’Italia è specializzata in tecnologie molto complesse e si posiziona tra le prime cinque nazioni europee per know-how verde, con invenzioni concentrate nei settori chiave della riduzione dei gas serra nel comparto energetico, nei trasporti, nell’edilizia e nella produzione di beni. La distribuzione territoriale della crescita di brevetti verdi mostra l’eccellenza del Nord insieme a una forte eterogeneità regionale.

 

In linea con la crescita europea del volume di brevetti verdi, tutte le regioni italiane registrano un trend positivo: in alcuni casi i volumi di brevetti raddoppiano (Sicilia e Lombardia), in altri triplicano (Emilia-Romagna) o si passa da una produzione bassa a una medio-alta (Campania e Trentino). In termini di competitività tecnologica verde, invece, osserviamo un migliore posizionamento delle regioni italiane nel panorama europeo. Lombardia e Lazio sono trainanti e sono le uniche sempre presenti nel top 25 per cento europeo. Emilia-Romagna, Toscana e Liguria fanno un balzo in avanti e si posizionano tra le regioni europee più avanzate, mentre Piemonte e Marche perdono in competitività.

 

Le potenzialità delle imprese italiane nelle tecnologie e nelle industrie collegate alla transizione verde devono consolidarsi sfruttando i processi di reshoring che secondo l’International energy agency porteranno allo sviluppo di filiere europee nelle energie rinnovabili, batterie, elettrolizzatori e pompe di calore, nonché nella decarbonizzazione dei settori ad alte emissioni.

 

Per sfruttare le opportunità derivanti dalla decarbonizzazione dell’economia, serve una nuova stagione di politiche industriali verdi, come indicato dall’ultimo rapporto dell’Iea e perseguito dagli Stati Uniti con l’Inflation reduction act. Questo è uno degli obiettivi del Manifesto “Liberare la conoscenza per ridurre le disuguaglianze”, scritto da diversi membri del Forum disuguaglianze e diversità.

 

Ciò richiede innanzitutto il coordinamento delle strategie delle grandi imprese a controllo pubblico, le cui competenze tecnologiche e industriali sono fondamentali per decarbonizzare l’economia. Qualche esempio positivo esiste già: ad esempio Enel, che produce pannelli solari di ultima generazione e realizza centrali elettriche integrate basate su fonti rinnovabili; oppure Terna che fa collegamenti elettrici sottomarini per creare hub energetici verdi. Un modello da seguire per uscire dall’impasse Ilva è quello svedese, che ha creato sinergie tra imprese pubbliche e private per la produzione di acciaio da idrogeno verde.

 

Lo Stato Innovatore deve anche sostenere la cooperazione tra imprese pubbliche e private, abbandonando una visione di neutralità tecnologica, scegliendo di investire massicciamente in energie rinnovabili e affiancando le politiche industriali verdi con regolamentazioni che impediscano, ad esempio, la vendita di auto endotermiche dal 2035 o che impongano standard energetici stringenti agli edifici. Oltre a offrire opportunità di crescita alle imprese, la transizione verde creerà nuovi posti di lavoro caratterizzati da migliori retribuzioni: ma perché ciò avvenga lo Stato dovrà avere un ruolo attivo nella formazione dei lavoratori e nella gestione delle crisi aziendali, che possono essere un’occasione per riposizionare le imprese coinvolte nelle produzioni verdi, come mostra il piano di rilancio della Gkn.