Tutti scagionati, a partire da Berlusconi. E dopo dieci anni di processi, solo tre condannati: Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti. Storia e retroscena della saga legale più sconcia del secolo: dalla «nipote di Mubarak» ai verbali cancellati dal tribunale

Berlusconi 3 - Procura 0. Nel caso Ruby il Cavaliere sembra il Milan di Gullit e Van Basten. Gioco creativo, tanti soldi, grandi campioni dell'avvocatura e una difesa capace di attaccare. Tutti in campo per un trionfo.

 

La saga giudiziaria più sconcia del secolo (aggettivo che per motivi opposti mette d'accordo tutti, accusa e difesa, politici e magistrati) era iniziata a Milano il 27 maggio 2010. Karima El Marough, una ragazza di 17 anni che su Internet si faceva chiamare Ruby Rubacuori, viene fermata da una volante della polizia con l'accusa di furto. È minorenne, è scappata di casa, lasciando i genitori marocchini in Sicilia, ed è stata denunciata dall'amica che la ospitava. Ruby viene portata in questura per essere identificata e segnalata al tribunale dei minori, per affidarla a una comunità. A tarda sera Silvio Berlusconi, che è il presidente del consiglio in carica, telefona personalmente al capo di gabinetto della questura e chiede di rilasciare la ragazzina, raccontando che sarebbe la nipote dell'allora presidente egiziano Mubarak.

Il leader di Forza Italia aggiunge che una consigliere regionale del suo partito, Nicole Minetti, è pronta ad accoglierla. Ruby viene rilasciata poco dopo. Nicole Minetti però la porta a casa di un'indossatrice brasiliana che arrotonda lo stipendio facendo la escort. La telefonata di Berlusconi resta segreta. I vertici della questura non dicono nulla ai magistrati.

 

La Procura ne viene informata solo in estate, da un verbale di due poliziotti di un'altra volante, intervenuti per sedare una lite tra Ruby e la ragazza brasiliana. A quel punto la minorenne viene trasferita in una comunità protetta, dove inizia a parlare di un giro di prostituzione per clienti molto ricchi, che cercano ragazze giovanissime. Partono le intercettazioni. L'indagine porta a ricostruire una lunga serie di serate di sesso e soldi, chiamate «bunga-bunga», con plotoni di ragazze italiane e straniere pronte a vendersi nella villa di Berlusconi ad Arcore. Il guaio è grosso: Ruby è minorenne e ha passato almeno tre notti ad Arcore. La notizia trapela solo in ottobre, con uno scoop di Gianni Barbacetto sul Fatto Quotidiano.

 

Berlusconi viene accusato di due reati: prostituzione minorile, per le notti con Ruby, e concussione per induzione, per le pressioni sulla questura per farla rilasciare, con abuso della qualità di premier. La sentenza di primo grado è pesante: nel giugno 2013 il tribunale, un collegio di tre donne, lo condanna a sette anni di reclusione. Nel luglio 2014, però, la seconda sezione della corte d'appello ribalta il verdetto e lo scagiona totalmente: Berlusconi viene assolto da entrambe le accuse. Con una motivazione che conferma le serate di sesso in cambio di soldi, ma nega che siano punibili. Per la corte, non è provato che Berlusconi sapesse che Ruby era minorenne; mentre la telefonata in questura con la bugia su Mubarak non raggiunge gli estremi della «concussione per induzione» (un reato modificato tra il primo e il secondo grado di giudizio), perché la sua non fu una «pressione illecita» sulla polizia, ma solo una «raccomandazione» all'italiana.

 

Dopo il verdetto c'è un altro colpo di scena: il presidente del collegio, l'esperto magistrato Nicola Tranfa, rivela di aver votato contro l'assoluzione, decisa a maggioranza dagli altri due giudici, e abbandona la magistratura, spiegando ai colleghi più fidati di non riconoscersi più in una giustizia che bastona i deboli e grazia i potenti. Il caso di coscienza però non scuote la Cassazione, che convalida con sentenza definitiva l'assoluzione di Berlusconi.

 

Intanto parte il processo, poi diviso in due tronconi, contro Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti, accusati di aver gestito per mesi il traffico di prostitute ad Arcore. Sono gli unici tre imputati condannati in tutti i gradi di giudizio. Il verdetto finale della Cassazione arriva dell'aprile 2019: quattro anni e sei mesi per l'ex direttore del Tg4, due anni e dieci mesi per l'ex consigliera regionale lombarda. Entrambi evitano il carcere: Fede sconta la pena ai domiciliari, Minetti ottiene subito la misura alternativa dell'affidamento ai servizi sociali. L'unico a finire davvero in galera, per 14 mesi, è Lele Mora. Il problema è che sull'ex agente delle star pesa anche un'altra condanna, per la bancarotta della sua società, per cui la pena finale sale a otto anni. Un patteggiamento in appello gli evita però di tornare in cella.

 

Nel 2018 partono i processi per i soldi alle testimoni. La Procura accusa Berlusconi di aver versato più di dieci milioni di euro, durante le indagini e i processi, a oltre venti ragazze, perché smentissero, negli interrogatori, le serate di sesso a pagamento, confermate invece dalle loro stesse intercettazioni, audio e video trovati sui telefonini. Sotto accusa per falsa testimonianza finiscono anche altri ospiti delle feste di Arcore. La difesa, guidata dal compianto avvocato Niccolò Ghedini, che non ha mai partecipato a quelle «cene eleganti», replica che Berlusconi ha fatto «regolari bonifici bancari», generose donazioni «alla luce del sole», solo per aiutare «persone danneggiate dallo scandalo mediatico», senza voler corrompere nessuno.

 

Nel novembre 2021, dopo tre anni di dibattimento (ormai arrivato alle battute finali, ma poi rallentato dalla pandemia), i giudici della settima sezione del tribunale accolgono, con un'ordinanza a sorpresa, una precedente eccezione difensiva dell'avvocato Federico Cecconi. Secondo il collegio, le ragazze andavano sentite già dal 2012 come indagate, non come testimoni. Quindi i verbali con le loro testimonianze ritenute false vengono dichiarati «inutilizzabili» ed escono dal processo. Di conseguenza frana anche l'accusa di corruzione delle testimoni, che non sono più tali. È la premessa tecnica dell'assoluzione generale pronunciata ieri. I fatti sono provati, ma non ci sono più i reati. L'avvocato Franco Coppi, nell'arringa finale, ha riassunto così la linea difensiva: «Noi non neghiamo che il dottor Berlusconi abbia versato denaro alle persone coinvolte nei processi Ruby, ma sosteniamo che non l’ha fatto per finalità corruttive».

 

Nel 2022, prima di quest'ultimo verdetto, Berlusconi aveva già incassato la seconda tornata di assoluzioni, nei processi collegati trasferiti per competenza a Roma e a Siena. Queste sentenze considerano validi i verbali con le testimonianze e provati i pagamenti di Berlusconi, ma spiegano che quei due beneficiari, il musicisti Mariano Apicella e Danilo Mariani, lavoravano da tempo per Berlusconi e hanno ricevuto molti altri pagamenti leciti, per cui non è dimostrato che i versamenti fatti durante le indagini fossero il prezzo di una corruzione.

 

La sentenza di ieri ha decretato la piena assoluzione nel merito, non per problemi procedurali, per il giornalista Carlo Rossella, ex presidente della società Medusa del gruppo Fininvest. Solo per lui, come ha spiegato il presidente vicario del tribunale in una nota, «è emersa con evidenza l’insussistenza del fatto»: non ha mai testimoniato il falso.

 

Altri imputati di accuse diverse dalla corruzione, in particolare l'ex parlamentare Maria Rosaria Rossi e la modella Roberta Bonasia, hanno beneficiato della prescrizione. Tutte le 22 ragazze che erano imputate di falsa testimonianza sono state invece prosciolte «per ragioni di carattere esclusivamente giuridico», come precisa il comunicato del presidente, cioè perché i giudici hanno dichiarato nulle le loro deposizioni. Una decisione procedurale che ha beneficato la stessa Ruby, per cui la Procura aveva chiesto una condanna a cinque anni, il suo ex legale Luca Giuliante e l'ex convivente Luca Risso. La sentenza ha anche dissequestrato i beni bloccati dalla Procura. Ora Karima El Marough e le altre ragazze hanno diritto di tenersi tutti i soldi versati da Berlusconi.