Abbiamo scelto come simbolo i piccoli pazienti che insegnano all’Italia coraggio e resilienza

Una ventata di colore, pennellate forti e decise, un sole splendente e sotto una persona con gambe lunghe, un grande sorriso e braccia aperte per accogliere il mondo. È una figura piena di allegria quella che viene incontro al lettore dalla copertina del nuovo numero de L’Espresso, l’ultimo di questo faticoso 2021. Eppure quel disegno è opera di una persona che combatte contro una malattia: uno dei piccoli pazienti del Policlinico Sant’Orsola-Malpighi di Bologna.

 

Mentre i media di tutto il mondo fanno a gara a scegliere il “personaggio dell’anno” tra Vip, magnati e protagonisti delle cronache, il nostro giornale elegge a simbolo dei dodici mesi che abbiamo alle spalle “I bambini che resistono”. Sempre più soli, dimenticati dalla politica, vittime dell’emergenza sanitaria legata alla pandemia. Eppure proprio per questo modelli da indicare al Paese che lotta per cambiare in meglio.

Elena Testi, che già all’inizio dell’anno aveva denunciato sulle nostre pagine l’aumento di casi di disturbi psichiatrici tra gli adolescenti, è tornata a fare il punto sulla sanità pediatrica: e dà voce a medici che denunciano un Paese diviso in due, dove chi abita in Calabria emigra a Bologna per far curare i figli, e un neonato di Trento ha un’aspettativa di vita molto più alta di un coetaneo del sud. 

Mentre Erika Antonelli guarda nelle scuole, tra Dad a singhiozzo e normative controverse, Chiara Sgreccia intervista Raffaela Milano di Save The Children che denuncia: «Abbiamo ipotecato il futuro dei più giovani». E Marco Damilano dal suo editoriale invita Mattarella e Draghi a insistere per inserire nel Pnrr investimenti mirati alla salute dei bambini.

Ad altre idee per migliorare il Piano di ripresa e resilienza, L’Espresso dedica un lungo focus a più voci guidato da Fabrizio Barca e Gloria Riva. Le proposte? Un salario minimo legale (ne scrive Marta Fana), un fisco che combatta le disuguaglianze e tuteli la concorrenza (Mario Monti), reddito di cittadinanza formato famiglia (Chiara Saraceno), più fondi e più coinvolgimento per le scuole (di Franco Lorenzoni). 

E poi stop a carbone e gas (Franco Arminio), algoritmi tarati su donne e bambini (Francesca Bria), un’assistenza efficiente per disabili e anziani (Cristiano Gori), l’eredità universale per i diciottenni (Alessandro Rosina. E per finire Nicoletta Dentico chiede vaccini senza copyright, Ben Phillips informazione e confronto democratico aperto a tutti e tutte. 

Susanna Turco nel suo Rettilario si chiede perché alla destra non piace Casellati al Quirinale. Eugenio Occorsio fa i conti in tasta ai ricchi del pianeta, e ai governi che non gli pongono limiti. Maurizio Martina denuncia i rischi dell’erosione del suolo, che minaccia la produzione alimentare.

Gian Carlo Caselli spiega perché il decreto sulla presunzione d’innocenza è una minaccia alla libertà di cronaca, mentre Bruno Manfellotto fa qualche esempio di storie che L’Espresso non potrebbe scrivere più: dal pantano che circonda Montepaschi ai traffici dei leghisti in Russia, dai fiumi di soldi della renziana Fondazione Open alle notti brave di Grillo jr. & C.

Due articoli esclusivi in tema di mafia e dintorni. Lirio Abbate entra nel carcere del più pericoloso dei boss, Leoluca Bagarella, e smaschera le sue strategie per sfuggire dal 41bis. Mentre Paolo Biondani e Leo Sisti rivelano che un emissario di Berlusconi offrì un milione di dollari per insabbiare l’intervista in cui Paolo Borsellino parlava di Mangano, Dell’Utri e Cosa Nostra: doveva uscire su Canal Plus, ma poi fu pubblicata – indovinate un po’? –  proprio da L’Espresso. 

Altan spera nella Befana e Mauro Biani nei bambini. Makkox sbeffeggia il tocco magico di Salvini, Michele Serra le metamorfosi dei rapper. Gigi Riva scrive di Kosovo e Ucraina, Bernardo Valli torna a Praga ricordando Demetrio Volcic. Ed Elvira Seminara invita a meditare sulla parola della settimana: variante.

E L’Espresso chiude con un’intervista di Emanuele Coccia ad Anselm Kiefer, un dialogo di Giuseppe Catozzella con due filosofi del progetto Tlon e un panorama dei nuovi drammaturghi italiani firmato da Francesca De Sanctis.

Wlodek Goldkorn cerca una spiegazione del fenomeno no vax nelle pagine di Hannah Arendt e Nicola Chiaromonte. Maurizio Di Fazio trova nei musei la nuova frontiera dei videogame. Amélie Baasner scopre che paradossalmente alla “Rai tedesca” il Me Too ha travolto chi lo ha denunciato: che è un giornalista, un uomo, un algerino.

E L’Espresso continua a festeggiare la liberazione di Patrick Zaki: Fabrizio Gatti ricostruisce la trattativa, ma senza dimenticare la richiesta di verità su Giulio Regeni, o l’ingiusto destino del blogger Alaa Abd-el Fattah (ne scrive Paola Caridi), appena condannato a cinque anni di carcere.