Parla il provveditore alle opere pubbliche Roberto Linetti, in carica da dicembre. Archiviato dal Tribunale dei ministri insieme all'ex titolare del Mit Maurizio Lupi. «Le imprese hanno ragione a chiedere i 366 milioni in più»

In laguna cambiano le priorità e le carte si rimescolano. ?Il pallino è adesso nelle mani del provveditore alle opere pubbliche che il ministro Graziano Delrio ha inviato in laguna nel novembre scorso. Il primo atto di Roberto Linetti, 62 anni, romano, è stato concedere alle imprese del Mose altri tre anni per finire i lavori. Linetti ha preso il posto che è stato occupato da Patrizio Cuccioletta e Maria Giovanna Piva, entrambi finiti nell’inchiesta penale. Ex provveditore del Lazio, Linetti aveva gestito anche ?la prima fase della ricostruzione dopo il terremoto de L’Aquila, inviato dall’allora ministro Maurizio Lupi e da Angelo Balducci ?a sostituire Donato Carlea. Lo stesso che lo ha denunciato ?al Tribunale di Roma insieme al ministro e che ora si ritrova ?in laguna, proprio come collaudatore del Mose.

Ingegner Linetti, che effetto le fa ritrovarsi a lavorare ?con il suo accusatore?
«Nessun problema. Si lavora».

La vicenda processuale com’è finita?
«Il tribunale dei ministri ha archiviato tutto. Ma sono stati ?due anni d’inferno. E ci ho rimesso anche 5 mila euro ?di avvocati. Mi accusavano di aver favorito Lupi in cambio ?della nomina. Peccato che io sia stato nominato ?da Altero Matteoli (anch’egli indagato per il Mose, ndr), ?non da Lupi».

Le dighe saranno consegnate solo il 31 dicembre 2021.
«Ci sono dei tempi obbligatori. Gli impianti definitivi, ad esempio, possono essere progettati solo dopo che le paratoie sono entrate in funzione. Qualcosa vedremo anche al termine dei lavori alla fine del prossimo anno. E poi non è una concessione. ?Anzi. Così le imprese dovranno rispondere dell’opera finita. Possono farlo soltanto loro».

Dunque il monopolio continua?
«Il sistema della concessione unica non era sbagliato. Lo Stato dava al concessionario la responsabilità di tutto. Poi chiedeva conto. Invece è successo quello che è successo. Adesso dobbiamo completare l’opera. Faremo i controlli, ma non possiamo fermare i cantieri».

Le imprese hanno chiesto 366 milioni in più perché i lavori ?sono in ritardo.
«In parte hanno ragione. Se i soldi del Cipe non arrivano, i costi di un’impresa lievitano. Questo però non significa che devono fermare i cantieri. Anche sulle criticità tecniche stiamo indagando».

Insomma, l’ex Magistrato alle Acque si riprende il controllo ?dei lavori?
«L’inchiesta ci ha penalizzato più di tutti. È stato un errore cancellare un ufficio che ha secoli di storia. Vogliamo dimostrare che non tutto era guasto. Adesso partiranno i lavori di messa all’asciutto per San Marco. Costano solo un milione, ma potremo dimostrare che, al di là del Mose, la piazza non va più sott’acqua».

Agenzia per la gestione del Mose, un affare da almeno 80 milioni di euro l’anno. Che significa?
«Che Stato, regione e città metropolitana dovranno gestire la fase successiva al completamento dei lavori».