Ha conquistato il collegio che per trent’anni è stato della Cancelliera. Spiega come i giovani e i socialdemocratici tornano a parlarsi. “Bisogna essere presenti sempre, non solo in campagna elettorale. Altrimenti vincono i populisti e le destre”

La Germania che cambia è anche una smorfia buffa sotto occhiali da sole tondi un po’ hippy di una ragazza in maglietta su una fotografia in bianco e nero che illustra un profilo Twitter. Il nome a corredo è quello di Anna Kassautzki, la giovane socialdemocratica che nello stupore generale ha strappato ai cristiano-democratici tedeschi la circoscrizione elettorale che per trent’anni filati ha votato senza tentennamenti per Angela Merkel: quella di Greifswald in Meclemburgo-Pomerania anteriore, un pezzo nordico di ex Ddr affacciato sul Mar Baltico, un posto da case rosse e gialle con il tetto a punta ed il cielo smaccatamente blu quando il tempo è bello, a circa due ore mezzo di auto da Berlino.

 

«Giovane socialista, femminista, europea, figlia di un villaggio, Internet è casa sua»: così si definisce sui social media la neo-deputata, che a 27 anni si ritrova nell’eccitante ma anche scomoda situazione di ereditare la poltrona al Bundestag dalla cancelliera più amata dal dopoguerra ad oggi. Tanto che su Whatsapp è subissata di richieste di interviste, e lei è pure un po’ stufa di rispondere alle domande su Merkel, così diversa e in qualche modo così distante, che aveva deciso di non ricandidarsi dopo 16 anni alla cancelleria e tre decadi al parlamento della Repubblica federale.

 

Certo, non è facile incarnare in modo quasi perfetto la fine di un’epoca e l’inizio di una transizione che quasi certamente vedrà i socialdemocratici formare un governo inedito a fianco dei Verdi e dei Liberali. Alla domanda, posta comunque, su come ci si senta nei panni di chi ha ereditato il seggio merkeliano risponde facendo spallucce: «Non so se io e la cancelliera abbiamo questo in comune, ma io non ho mai fatto finta di essere quella che non sono, e non ho mai preso una posizione che non condivido davvero. Sono sempre autentica, le persone se ne sono accorte».

 

 

Ma c’è anche un altro aspetto a rendere il nome di Kassautzki (che, ci rivela, ha riversato su Instagram tutte le immagini e i video della prima plenaria del Bundestag) uno dei più gettonati di questa fase: la vicenda di Anna è emblematica per quel che riguarda la trasformazione compiuta dal partito che fu di Brandt e di Schmidt negli ultimi quattro anni, dalla cocente sconfitta del 2017, quando anche Merkel dovette fare i conti con un’emorragia di voti non indifferente, mentre l’estrema destra dellAfd entrava per la prima volta e trionfalmente al Bundestag, alla sorprendente e a lungo inattesa vittoria di fine settembre con il rassicurante ministro alle Finanze Olaf Scholz a correre per la cancelleria.

 

Da una parte, perché una buona metà dei deputati Spd oggi è di prima nomina e ben 49 membri del gruppo parlamentare hanno meno di 35 anni («Abbiamo mantenuto le nostre promesse per un Bundestag più giovane, femminile e diverso», si entusiasma Anna). Dall’altra, perché i socialdemocratici - come segnalato dal politologo Wolfgang Schroeder - sono tornati ad annaffiare le radici sul territorio, come si usava dire una volta: ebbene, pure Kassautzki viene dall’associazionismo, da un luogo nel quale sono stati pazientemente ricostruiti i legami con le realtà locali, a praticare una presenza “fisica” che sembrava spezzata via dagli anni dei partiti “liquidi”. Per lei è una chiave fondamentale del fare politica: «Vede, laddove le forze democratiche svaniscono o non sono visibili», spiega pazientemente, «entrano in gioco i populisti e le destre, che così hanno la possibilità di portarsi dietro intere generazioni. Arrivano e offrono occasioni d’incontro e luoghi di aggregazione e dicono “ci occupiamo dei vostri bisogni”, organizzano feste per bambini: ma a 12 anni non sai cosa siano l’Npd (il partito neonazista, ndr) o la Spd, e allora è facile fare breccia. Per questo è importante che i partiti democratici lavorino in loco e coltivino il collegamento con la società civile. Certo non basta mettersi in strada un mese prima del voto chiedendo di essere votati per poi non esserci mai».

 

Kassautzki, che ha cominciato a far politica a 13 anni, prende molto sul serio l’aspetto del contatto personale nel suo lavoro al Bundestag: «Oltre ai normali appuntamenti da deputata, voglio provare a proporre il format dei colloqui al pub. D’altronde ho lavorato ben sei anni in gastronomia: la sera starò al bancone a spillare la birra e se qualcuno vuole parlare mi ci siedo al tavolo a chiacchierare, poi torno a spillare birra. Sul mio sito c’è il numero del mio cellulare, e se mi scrivono su Whatsapp fisso un appuntamento. Già prima del voto andavo in visita all’associazione di skat (il gioco di carte più diffuso della Germania, n.d.r.), partecipavo alle iniziative locali, visitavo l’unione dei pescatori: per me è molto importante fare queste cose quando non sono a Berlino, in modo che le persone si rendano conto che sì, ci sono per loro».

 

Il bello è che Anna non è originaria di qui, di Greifswald. Una delle sue due nonne veniva dal Territorio di Memel, la zona della Prussia orientale oggetto di varie rivendicazioni dalla fine della Grande guerra fino alla riannessione al Reich e oggi di nuovo appartenente alla Lituania, l’altra nonna era dell’Alta Slesia: ambedue cacciate alla fine del secondo conflitto mondiale. L’altra parte della sua famiglia viene dall’Alsazia e dalla Svizzera, lei stessa è nata a Heidelberg: ma quando era piccolissima, i Kassautzki si trasferirono in un villaggio di 700 abitanti in Assia, dov’è cresciuta. «Ma è solo qui in Pomerania anteriore, sul Mare dell’est, che ho provato per la prima volta la sensazione di sentirmi a casa mia», aggiunge. Dopodiché lo studio delle scienze politiche prima a Passau e poi a Greifswald, mantenendosi come barista e cameriera, infine collaboratrice di un deputato del Landtag del Meclemburgo.

 

 

«La politica non si fa da soli», ama ripetere. «Funziona solo in collaborazione con le associazioni, le alleanze e la società civile», illustra dalla sua homepage. Il punto è anche come cambiare la politica giorno per giorno, come cambiare un orgoglioso partito ultracentenario come quello socialdemocratico: «Rimanere fermi non è un’opzione. Ci pensavo sin dal 2010 a iscrivermi nell’Spd: perché era l’unico partito che a livello locale prendeva sul serio pure noi ragazzi, permettendoci di intervenire nelle riunioni e di partecipare alle iniziative di base. E così anche dopo il 2017, ci sono state tantissime opportunità per partecipare e contribuire. Prima quando il partito decideva qualcosa lo si scopriva dai giornali, oggi almeno si riceve una mail».

 

Di sicuro Anna ha le idee chiare. «Avevo presentato la richiesta di candidarmi al Bundestag sin dal febbraio 2020, anche per avviare un processo di trasparenza nel partito», spiega sorridendo. Ma aveva anche già individuato i rischi del mestiere: «Innanzitutto ho fatto un giro sui miei profili Facebook e Instagram, cancellando tutte le cose che tirate fuori dal contesto possono suonare false». Dopodiché ha stilato il suo programma: «Avevo messo insieme una serie di punti, ho spiegato alle compagne e ai compagni come volevo andare in campagna elettorale, e quando poi è arrivato il programma del partito ho visto che combaciava perfettamente: abbiamo individuato gli stessi problemi ed in parte le stesse soluzioni, cose come una buona occupazione, gli stipendi equi e la giustizia sociale, la domanda a chi appartiene il luogo nel quale viviamo, lo sviluppo delle infrastrutture, anche quelle digitali, e poi il cambiamento climatico, i cui effetti arrivano qui, sulle coste del Mar Baltico, più rapidamente che altrove». Appunto, il clima: impossibile non parlarne con una persona così vicina alla generazione di Greta Thunberg. «Mi guardo regolarmente i documenti di Fridays for Future, mi incontro con quei ragazzi, ma vorrei che entrassero nei partiti, perché cambiarli da fuori e più difficile che dal di dentro».

 

Chissà, forse anche Anna Kassautzki sarà uno dei volti del “decennio socialdemocratico” evocato da Lars Klingbeil, l’architetto della clamorosa rimonta targata Spd, il segretario generale che ora ha deciso di candidarsi alla leadership. La giovane deputata è ottimista. «Non partecipo ai negoziati della coalizione “semaforo” con Verdi e Liberali, ma certamente l’atmosfera è tutt’altra rispetto al passato: allora la questione era cosa riusciamo a fare “nonostante” i partner di coalizione, adesso è cosa riusciamo a fare “con” gli alleati». Ultima domanda: allora Scholz ha fatto bene a posare mimando il classico gesto delle mani a rombo merkeliano? Era giusto il messaggio che è lui a rappresentare la reale continuità con la cancelliera? Kassautzki, che sul sito Spd è immortalata con un cappellino di lana accanto ad Olaf che si fa una bella risata, di nuovo spalanca gli occhi: «Il messaggio era che Scholz ha esperienza di governo e sa navigare anche in acque agitate. E la strategia ha funzionato anche perché ancora la Cdu/Csu non sa se Merkel le piace oppure no. Sono dell’opinione che la cancelliera sia più progressista di gran parte del suo partito».

 

Bene, grazie signorina Kassautzki, l’intervista è finita. «No, mi scusi: vorrei dire un’altra cosa su Frau Merkel». Certo, prego. «Trovo notevole che tra i cancellieri sia la prima a non ricandidarsi e a non essere cacciata dalle urne e che ai suoi ultimi vertici internazionali si porta dietro il probabile successore, appunto Olaf: tanto di cappello. Sono certa che Merkel finito il mandato non metterà bocca su come governare meglio e si cercherà un nuovo compito: non credo affatto che andrà in pensione. Insomma, massimo rispetto». Firmato Anna Kassautzki, socialista, europea e femminista con in tasca i voti che un tempo furono della donna più potente del mondo.