Al grido «m'ha dato una pizza» al Circo Massimo è andata in scena una manifestazione autolesionista, tra ceffoni, violenza e fumogeni lanciati male. Ma per Giuliano Castellino e i "Ragazzi d'Italia" è andata benissimo. E già il 9 e il 10 due nuove mobilitazioni

Dicono che torneranno, più forti di prima, che puntano alla lunga durata. E in effetti una data l'hanno fissata, di nuovo in piazza il 20 giugno, come vedremo. Ma se c'è, nel vento che soffia da destra, un punto che unisce il fetido e il ridicolo, lo spaventoso e il grottesco, ecco questo punto si rivela già sotto il sole forte e l'erba secca in un sabato pomeriggio al Circo Massimo, cuore della Roma che il Covid 19 ha sottratto ai turisti e che la Questura ha invece concesso agli ultrà fascisti, al termine non ultimo (verrà dell'altro) di una settimana strana dove la Capitale è diventata palcoscenico per le estreme destre di ogni risma: il generale Pappalardo, Casapound, Meloni, Salvini e tutti i colori immaginabili, dai gilet arancioni alle mascherine tricolori.

Per arrivare qua, nella protesta organizzata dai "Ragazzi d'Italia", con gli ultras e Forza Nuova: sabato 6 giugno, dalle 15 e per un paio d'ore, va in scena una piazza mai vista, in tempi recenti e in posti così. Una piazza enorme ma quasi vuota (dicevano migliaia, sono centinaia), tutta maschile, testosteronica, stretta in un angolo di tatuaggi, magliette bianche, birra, barbe. Antica per violenza, lanci di bottiglie, sassi, petardi e bombe carta, cariche contro la polizia, oltre all'immancabile «duce, duce», marchio di fabbrica. Contemporanea per i modi: tutto scivola via rapido, veloce, da diretta Instagram, tra centinaia di telefonini alzati in ripresa, e cori contro i giornalisti («giornalista terrorista»), ultimo nemico in mancanza di meglio - dopo che anche la sinistra non dà più le soddisfazioni di una volta.

Una piazza che non è capace di chiedere nulla e che forse non ha nulla da chiedere, neanche uno slogan contro Conte, contro i poteri forti e la dittatura sanitaria: il palco è un puntino in mezzo al nulla del Circo Massimo, non se lo fila nessuno, nei momenti più difficili dal microfono un attivista veneto quasi implora («venite di quaaaa, venite di quaaaa»), pressoché invano: alcuni dei manifestanti lo raggiungono, a malapena si riesce ad arrivare in fondo all'Inno di Mameli, poi il richiamo delle botte torna a farsi calamita più forte, e fine. Sarà per un'altra volta.

Una piazza che partiva per menare (l'invito, dalla pagina Facebook "Dalle curve alle piazze" era «togliere le mascherine e indossare il passamontagna») e finisce a menarsi da sola. Letteralmente. Con una scena da film di Ridolini, peraltro ripresa dalle telecamere, di Giuliano Castellino, leader romano di Forza Nuova, che per il comprensibile timore di una marginalizzazione mediatica agguanta dal crocchio dei giornalisti Simone Carabella, già candidato con il Pd e con Fratelli d'Italia, attivissimo su Facebook dove si presenta come «personal trainer e mental coach», che si stava facendo intervistare. Lo agguanta e lo schiaffeggia, proprio mentre Carabella, il mental coach, stava assicurando alle telecamere che «è una manifestazione assolutamente pacifica, altrimenti non sarei qua». La proponessero per un film, la scena sarebbe scartata per inverosimiglianza, eppure. «M'ha dato una pizza», l'urlo finale di Carabella.

Non ci sono i fascisti di una volta, si direbbe. Le voci, le anticipazioni, un mondo che non regge più agli antichi schemi di potere, l’anarchia figlia di un vuoto di leadership e di ordine, sono stati gli elementi che hanno innervosito Castellino, che lo hanno portato ad un gesto di estrema debolezza. «Non ce se mena fra camerati davanti alle telecamere - dice R.G, che in piazza c’era ma se ne andato dopo lo schiaffo. - è da coglioni, da sprovveduti. Una grande occasione persa».

Non ci sono nemmeno gli ultrà di una volta: sul lato opposto agli scontri, un gruppetto parte agguerrito in salita verso il Roseto comunale. Qualcuno ha il volto coperto, quasi tutti dei bastoni arrotolati nelle bandiere. Il gruppetto si ferma nel punto più alto del Circo Massimo e di lì lancia dei fumogeni: ma qualcosa va storto, parte un principio di incendio. Quelli con i passamontagna finiscono a usare le mazze di legno per tentare di spegnerlo, picchiando forsennati la sacra terra di Roma. Era forse questo il senso con cui i Ragazzi d'Italia proclamavano che «tra poco le piazze diventeranno il vostro incubo?». 

I protagonisti del sabato romano visti da lontano ricordano le epiche gesta del comico Gustavo Cacini, che nei palchi dell’avanspettacolo, offendeva il suo pubblico gonfiando il suo ego, accarezzava la mitomania di essere l’erede del pugile Primo Carnera ma poi risolveva l’equivoco dicendo: «Le ho prese, sì, ma quante gliene ho dette…».

Un mood che viene ricalcato anche dell’editoriale di Giuliano Castellino, attore protagonista della sceneggiata del Circo Massimo, sul sito “L’Italia mensile”, rivista fascista nuova di zecca, dove canta vittoria, definendo quella di sabato «la piazza più bella d’Italia» e dove però ritira l’adesione di Forza Nuova sia dalla manifestazione che dal progetto unitario degli ultras e parla di adesione a titolo personale. A Roberto Fiore quel disordine di piazza non è andato giù: non sono mai state così le piazze della destra che piace a lui, non sono così le piazze della vecchia destra dove l’estetica militare ha sempre prevalso sull’etica costituzionale, questa volta - come si vocifera negli ambienti - neanche lui può tenere bordone al fallimento del suo pupillo.

I “Ragazzi d’Italia”, che giovani non sono visto che hanno iniziato il loro viaggio nella destra eversiva come i NAR o Ordine Nuovo - nonostante il nome ricordi un complesso pop degli anni ’90 - non sono un fenomeno stagionale e puntano alla lunga durata.

Le prossime tappe saranno una mobilitazione di due giorni, martedì 9 e mercoledì 10, in piazza del Popolo a Roma lanciata da Giuliano Castellino al grido di “Italia libera”. Un corteo unitario è previsto per il 20 giugno: le “Mascherine tricolori”, i “Ragazzi d’Italia” e i “Gilet arancioni” marceranno sempre a Roma compatti contro la dittatura sanitaria. Un appuntamento nazionale che anticiperà la riunione di coordinamento prevista per il 30 giugno dove tutte queste sigle si salderanno con i no-vax, i no 5G e il Movimento R2020 di Sara Cunial, vera nuova sacerdotessa del complottismo.

Roma sarà ancora li ad osservare sorniona quanto accade avendo memoria dei fasti imperiali, della retorica fascista e pensando magari a questo tempo incongruo dove il pensiero e la ragione non vanno a braccetto, dove tutto corre sul filo dell’assurdo come nell’avanspettacolo che è sempre stato il prologo ideale alle tragedie.