Sinora nessuna forza politica ha condotto una battaglia a favore degli anziani non autosufficienti e delle loro famiglie. Eppure questa riforma del welfare gioverebbe a tutti
Riusciranno le nostre madri con l’Alzheimer e i nostri padri allettati a diventare una priorità della politica? La modernizzazione del welfare italiano passa - ben più di quanto si pensi - dalla risposta a questo interrogativo.
I dati sull’incremento esponenziale della popolazione anziana non autosufficiente e sulle difficoltà causate dalle deboli risposte delle politiche pubbliche occupano ormai intere biblioteche. Ancor più significativa, però, è l’esperienza di ognuno:
se non siete un anziano non autosufficiente o un suo parente, o se nessuna persona vicina a voi lo è, smettete di leggere l’articolo. Siete rimasti in tanti a seguire queste righe per un semplice motivo: questa è una questione centrale.
Nel primo decennio del secolo, gli esperti concordavano sulle fasce di popolazione che – trascurate fino a quel momento dal welfare pubblico – necessitavano di specifiche riforme di protezione sociale: disoccupati, poveri, famiglie con figli e anziani non autosufficienti. Da allora, sono state incrementate le tutele in caso di disoccupazione (Aspi nel 2012 e Naspi nel 2015), per il contrasto alla povertà (Rei nel 2017 e Reddito di Cittadinanza nel 2019) e per il sostegno economico alle famiglie con figli (l’assegno unico in vigore dal prossimo anno). All’appello manca solo
la riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti. Questi ultimi, in seguito all’irrompere del Covid-19, si sono drammaticamente trovati al centro della scena e la loro condizione ha suscitato, nei media e nella società, un interesse senza precedenti nella storia del nostro Paese. L’inedita attenzione permetterà di superare, finalmente, la storica indifferenza della politica nazionale?
È possibile ampliare l’offerta di servizi pubblici dedicati solo attraverso un’incisiva azione dello Stato a sostegno degli enti locali, Regioni e Comuni, che ne sono titolari. Non a caso, i numerosi Paesi europei che hanno già introdotto riforme nazionali – Spagna, Germania, Austria, Portogallo – sono partiti dai medesimi presupposti: la necessità di aumentare i servizi per gli anziani e la consapevolezza che gli enti locali, da soli, non possono raggiungere l’obiettivo.
Attenzione, però, a evitare errori ben noti.
Non serve né una generica normativa quadro colma di principi generali condivisibili, ma priva degli strumenti per tradurli in pratica, né una legge di bandiera, con un micro-intervento presentato come “un primo segno di attenzione”. La riforma, invece, dovrebbe contenere un progetto pluriennale fondato sulla definizione di obiettivi precisi, accompagnati da indicazioni puntuali su come raggiungerli, dotato di finanziamenti adeguati e da seguire attraverso un robusto sistema di monitoraggio. Inoltre, la riforma dovrebbe leggere i tanti volti della non autosufficienza e promuovere, pertanto, un pacchetto di risposte differenziate: l’inserimento in strutture residenziali, gli interventi domiciliari, i centri diurni. Quasi sempre, invece, le famiglie avrebbero bisogno di un operatore qualificato al quale poter chiedere informazioni e consigli.
Rafforzare il settore avrebbe anche effetti positivi per l’occupazione. I servizi rivolti agli anziani non autosufficienti rappresentano una delle principali fonti di possibili nuovi lavori. Un potenziale, però, sinora sottovalutato: il lavoro di cura dovrebbe essere non solo più diffuso,
ma anche più tutelato, come racconta l’articolo di Gloria Riva.
Sinora nessuna forza politica ha condotto una battaglia a favore degli anziani non autosufficienti e delle loro famiglie. La prima a farlo, pertanto, influenzerà positivamente non solo il welfare italiano ma anche il proprio destino. Si ricordi quando, ormai 10 anni fa, il neonato Movimento Cinque Stelle iniziò a battere il tasto della povertà, al tempo trascurata da tutti i partiti. Quello che allora era un tema politicamente marginale si è rivelato cruciale per l’ascesa del Movimento. Questa è innovazione politica: intestarsi per primi una questione molto presente nella società ma poco considerata dai palazzi del potere. E l’innovazione politica regala sempre benefici in termini di consenso. Politici ambiziosi, fatevi avanti.
Cristiano Gori è il coordinatore del Network Non Autosufficienza