Viaggio nella città toscana dove la lista della tartaruga frecciata ha conquistato l'8 per cento, portando un suo rappresentante in consiglio comunale. Riempiendo i vuoti lasciati dai partiti tradizionali

«Certo che li ho votati! No, macché, non sono fascista, io, ci mancherebbe! Ma quei ragazzi sono stati gli unici a darsi da fare. Qui al Piaggione il sindaco Pd non l’abbiamo visto neanche una volta in tutto il suo mandato. Guardi quell’avvallamento, sta lì da tre anni, fa tremare le case ogni volta che passa un camion, un giorno o l’altro le farà crollare, ma decine di lettere del comitato paesano non hanno avuto risposta. CasaPound, invece...».

Anni 56, operaio in cartiera, alle scorse politiche un voto di protesta ai Cinquestelle, Francesco Novelli te lo spiega in due parole come hanno fatto i “fascisti del terzo millennio”, col loro simbolo della tartaruga nera in campo rosso e una lista collegata, a prendere a Lucca quasi l’8 per cento alle comunali di giugno e a portare in Consiglio il loro leader Fabio Barsanti, terzo per voti dopo il sindaco e l’avversario di centrodestra e prima del sindacalista candidato dai Cinquestelle. Case history, Lucca, ma lo stesso schema ha funzionato l’altr’anno a Bolzano e in questa tornata di amministrative a Todi, all’Aquila e in altri centri minori, con e senza apparentamenti col centrodestra, percentuali fra il 2 e il 5. Come ha raccontato a caldo Marco Damilano sull’Espresso dei tre omini neri col fez in copertina, per ballerina che sia la legge elettorale quella al momento in vigore alla Camera contempla una soglia del 3 per cento: non facile da raggiungere ma neanche impossibile. È in atto a quanto pare un cambio di strategia di CasaPound in vista delle politiche: dall’entrismo nel centrodestra (anche Barsanti alle comunali 2012 si era presentato, senza successo, con il Pdl) a liste autonome. Sulla scia greca di Alba Dorata.

Il Piaggione, dunque, è l’ultima frazione del Comune di Lucca verso la Garfagnana, sorta intorno a un cotonificio oggi chiuso, duecento abitanti, dodici chilometri dalle mura, due file di vecchie case e in mezzo uno stradone. «La vuole sapere l’ultima beffa?», attacca Novelli. Ti conduce al vialetto alberato che porta alla stazione, abbandonata, e alla passerella sul fiume Serchio, sbarrata da un muro di cemento perché nessuno l’ha più riparata, e lui, che alla cartiera ci arrivava a piedi in dieci minuti, adesso deve prendere l’auto e fare il giro da sotto: «Tempo fa, sette o otto ragazzi di CasaPound sono venuti qua rimboccandosi le maniche a ripulire il viale dove i bambini giocano e le anziane signore fanno salotto sulle panchine. Sotto elezioni mettono un cartello per dire che tornano il sabato, e che fa il sindaco? Manda gli operai comunali alle 6 di mattina per far prima di loro!». Sbottano Alma e Rita, due delle signore in panchina: «Cosa credono, quelli, di cambiare la storia perché levano quattro frasche?» Ma quando al Circolino è venuto a parlare Barsanti la sala era piena, con gli altri quasi vuota. E il candidato di qua di CasaPound ha preso da solo 90 e passa voti.

Chi sono, innanzitutto, i militanti? Venti o trenta, anche ragazze. Composti, ben vestiti, niente ostentazione, zero rappresaglie quando un collettivo di sinistra gli rovesciò palate di letame davanti alla sede. Attentissimi a non tracimare nell’iconografia del fascista violento e sprezzante. Determinati ma rassicuranti, dev’essere l’ordine di scuderia. La sede l’hanno in centro in un’ex-gioielleria con porta protetta, via Michele Rosi a cento metri dalla Casa della Carità dove suor Rosa delle Scalabriniane distribuisce una quarantina di pasti a migranti e, la sera, anche a italiani, ormai un terzo dei senzapane. Dentro la sede, tricolore, tartaruga, articoli di giornale, niente ammennicoli mussoliniani in vista, una tenda a dividere la zona club e bancone bar, riservata. Abili anche nella comunicazione, ribaltano pro domo loro gli svarioni altrui: la notte della risicata vittoria, il Pd in piazza a cantare Bella ciao, al sindaco scappa detto che con lui ha vinto «la Lucca bella e buona», loro gli sparano contro l’hashtag #Luccacattiva, come dire il 78 per cento che non l’ha votato, a Tambellini tocca scusarsi.

Il loro capo è Fabio Barsanti, 36 anni, laurea triennale in Scienze giuridiche, anni fa lavori occasionali come cameriere e falegname, rappresentante di fiori essiccati e addobbi per vetrine e cerimonie, coordinatore di CasaPound prima in Toscana e ora nel lucchese. Un fumetto sulla pagina facebook sotto lo slogan “Difendere Lucca” lo raffigura con scudo e corazza da guerriero, nella destra una grande matita o paletto appuntito, difficile dire, sorridente. «Sempre con il sorriso sulle labbra» è la chiusa di alcuni suoi post. Però è sotto processo a Lecce per rissa aggravata, scontri con antagonisti nel settembre 2015; a chi glielo ricordava ha risposto di ritenere «anormale un uomo che non ha fatto a cazzotti»; e il suo film preferito è “Fight club”, combattimenti clandestini, bombe, banche che saltano per aria, anche se a lui ciò che piace del film è «la sfida, la realtà, il tempo».

Toni pacati sempre, nei confronti pubblici e nei comportamenti privati, non come il candidato CasaPound di Ostia che prometteva in Consiglio di «far volare sedie e rovesciare banchi». Gentile e corretto, il Barsanti, anche quando ti dà buca. Arrivano in due, lui e un altro militante, bella moto Bmw del 2001, maglietta polo d’ordinanza, barba ben curata. Due ore prima dell’incontro concordato, un pomeriggio in giro tra sede e quartieri dove hanno fatto man bassa di voti, è arrivato il diktat del vertice romano di CasaPound: cancellare, niente interviste con L’Espresso. Non sono piaciuti i pezzi su Carminati. Sì, lui, “er cecato”, il neofascista dei Nar e della banda della Magliana, lo scassinatore di caveau, in galera per Mafia Capitale.

Abbastanza stupefacente, ma così è. D’altronde, un minimo di gerarchia... «Un massimo di gerarchia!». Giusto. “Del terzo millennio” ma pur sempre fascisti si dichiarano e sono. “Gerarchia” era la rivista ufficiale del regime, anche se i loro riferimenti sono il fascismo rivoluzionario delle origini e quello repubblicano di Salò. Gerarchia resta per loro un valore imprescindibile. E gerarchia è «responsabilità, doveri, disciplina» (Mussolini 1922), «rapporto di subordinazione e supremazia» (Treccani 1932): chi sta sopra comanda, chi sta sotto ubbidisce. Anche se è uno come Fabio Barsanti, nel 2008 a Roma tra i fondatori nazionali di CasaPound Italia, oggi l’artefice dell’encomiabile risultato di Lucca.

Vari fattori hanno concorso al loro successo in questa città un tempo feudo democristiano nella Toscana rossa. L’incrocio con la tifoseria estrema della locale squadra di calcio, la Lucchese, come raccontiamo a pagina 34 . L’attivismo del Blocco studentesco, loro filiazione, negli istituti cittadini, tre rappresentanti all’agrario, al turistico, al tecnico-commerciale e uno nella Consulta provinciale. Poi, certo, i 273 migranti sistemati in una tendopoli alle Tagliate gestita dalla Croce Rossa, il vicino campo rom semi-istituzionalizzato, e tutto l’armamentario cui attingono loro e altri qua e altrove: i barconi, l’invasione, i furti, la sicurezza, lo spauracchio del gender. Eccoli infatti proclamare che loro azzererebbero i costi per l’accoglienza girando i 500 euro al mese a ogni nuovo nato lucchese, o appendere davanti a una scuola d’infanzia cartelli con maschio e femmina stilizzati e accanto la X rossa sopra due omini maschi.

Ma l’elemento decisivo che ha portato voti e consensi, è stato il lavoro capillare sul territorio. Ciò che un tempo svolgevano da dio il Pci e la Dc. Da tre anni almeno, non solo sotto elezioni, Barsanti e i suoi camerati di CasaPound girano, ascoltano, danno voce alla protesta di ogni singolo attore, comitato, gruppo: dai residenti di Antraccoli che si oppongono alla costruzione di un nuovo centro polivalente fino ai volontari del canile comunale di Montetetto, assieme ai quali si mettono a fare la sgambatura, l’ora d’aria degli animali, resa difficile dai nuovi regolamenti e dalla carenza di stanziamenti. Un attivismo quotidiano. Supplenza alle carenze delle istituzioni: a Nave han messo in sicurezza coi mezzi che avevano una piscina chiusa dove i bambini vanno comunque a giocare. Assistenza legale gratuita: la campagna “Nemica banca” contro gli illeciti degli istituti di credito. Volontariato: c’è il terremoto ad Amatrice, loro raccolgono e mandano abiti, soldi, cibo. Microwelfare: come una San Vincenzo nera, fanno la spesa all’invalido, organizzano mensilmente una raccolta alimentare, ritiro anche a domicilio, distribuzione alle famiglie bisognose, rigorosamente italiane.

Su chi fanno presa, come allargano l’area di consenso, come arruolano nuovi militanti? Detto altrimenti: come si diventa fascisti nel 2017? Te lo racconta un uomo di sinistra, Simone Cavazzoli, presidente della Cooperativa sociale NoEmarginazione, agricoltura biologica e lavoro a disabili: «In questa città i mestieri altolocati sono appannaggio degli stessi cognomi da seicento anni e, caso unico, sulla carta d’identità ti scrivono “Lucca centro”: fuori le mura sei già un foresto. Alle periferie, alla pensilina che manca o al fiume che puzza non ci pensa nessuno. Loro sì. Ed è così che crescono: il ventenne vuol vedere un buco la mattina e la sera un mattone che lo chiude, ha bisogno di riscontri immediati di ciò che fa e di esserne soddisfatto. Hanno intercettato un bisogno di inclusione e riconoscimento di sé. Ne conosco un paio, ragazzi a posto, e madri contente della “buona compagnia” dei figli».

È quasi un refrain: «Hanno lavorato bene, ci sono, li vedi, gli altri no»: così da chi li ha votati e da chi mai nella vita. Al Montuolo, altro quartiere dove sono volati nelle urne, villette, giardini, tre blocchi di case popolari e l’antica torre campanaria, Luca operaio elettrico, che stava con Bertinotti e leggeva il manifesto, ora vota CasaPound «contro il sindaco e contro una sinistra diventata liberista e preoccupata solo di immigrati e matrimoni gay». Lasci i dimenticati fuori le mura per il centro storico pieno di turisti americani che sciamano tra le cento osterie dal Duomo alla Casa del Boia per vie che si chiamano del Bastardo, dei Bacchettoni o della Felicità: e scopri che anche qui CasaPound ha rastrellato 334 voti, pari all’11 per cento.

Perché «la sinistra ha aperto sei micromarket e una grande bisteccheria Eataly disintegrando il piccolo commercio e tutti i lunedì pomeriggio la Caritas distribuisce i panni agli immigrati tra i turisti basiti dallo spettacolo», si sfoga Partemio Moroni il pasticcere, disilluso pure dal centrodestra. Perfino il sindaco Pd Alessandro Tambellini, rieletto per il rotto della cuffia al ballottaggio con 361 voti di scarto, che con loro s’è preso a pesci in faccia prima e dopo le elezioni, ti dice che «hanno sensori sui territori, svolgono servizi nelle zone di maggior disagio, han censito gli edifici abbandonati che sono o possono diventare luoghi di spaccio». Gli chiedi perché non provvede il Comune. «Era tutto da rifare, a cominciare dai trasporti. S’incassavano 13 milioni l’anno di oneri di urbanizzazione, ora siamo a 1,6. Non arriviamo a tutto».

I giovani e i militanti del Pd, allora? Circolo centro storico in piazza San Francesco, compagni e compagne seduti fuori a cerchio come un tempo nell’aia delle cascine, Sonia Bernicchi è la presidente del Comitato San Francesco, qua ospitato: «Ma anche noi facciamo tanto! Paghiamo bollette alla povera gente, italiani, sì, feste per i bimbi, ogni martedì andiamo nelle frazioni a prendere gli anziani per farli giocare a tombola da noi, e la domenica mattina è un viavai di gente che viene a prendere un litro di latte o un pacco di pasta, quasi più italiani che migranti. Il fatto è che non pubblicizziamo abbastanza ciò che facciamo...»

Ecco, ci mancava, difetto di comunicazione, figuriamoci. C’è davvero da stupirsi se per un ragazzo è come una boccata d’aria fresca aggiustare un muretto in gruppo, perché no di camerati, anziché infervorarsi su come arare il campo di Pisapia o su dove s’è spostata oggi la tenda di Prodi?