Ex ministri e parlamentari, sconfitti alle elezioni, tornano da sottosegretari o consulenti, nei cda delle aziende, a capo della comunicazione o da impiegati dei gruppi. Ed è il partito del “Capitano” a piazzare più uomini in giro

Perché un sociologo nel consiglio di amministrazione dell’Enel? Leggendo la lista del Tesoro per le nomine qualcuno se lo sarà chiesto. Trovando una risposta nel suo curriculum, tappezzato di incarichi in industrie di mezzo mondo. Ma forse non la risposta che conta. Per quella bisogna scorrere un’altra lista: quella dei candidati della destra alle ultime elezioni politiche. Circoscrizione estero del Senato, dove il manager sociologo Alessandro Zehentner si è presentato ma senza fortuna. Non meritava uno strapuntino alla compagnia elettrica di Stato?

 

Ma non è il caso di scandalizzarsi. Certe cose sono sempre state normali, anche quando prevaleva la sinistra. Stavolta, però, è un po’ diverso. Il taglio del numero dei seggi in Parlamento ha trasformato i posti di sottogoverno nella preda più ambita. Mai come ora avevamo assistito a un’operazione di riciclaggio di trombati, amici e fedelissimi rimasti a spasso, titolari di vecchi debiti politici mai onorati. In cui, va detto, spicca il Carroccio targato Matteo Salvini.

 

Una ventina di ex onorevoli ha trovato riparo nei ministeri. A differenti livelli di responsabilità e di retribuzione. Metà di loro, nelle stanze principali: sottosegretari. L’altra metà nelle stanze a fianco. C’è perfino un ex ministro.

 

Marco Bussetti, ricordate? Ex professore di ginnastica, era ministro dell’Istruzione nel primo governo Conte. Ora affianca come esperto il ministro dello Sport Andrea Abodi. Gli ex senatori salviniani Luigi Augussori e Stefano Corti consigliano invece il ministro delle Autonomie Roberto Calderoli. Altri due senatori leghisti sfortunati alle elezioni sono consiglieri a palazzo Chigi, del vicepremier Salvini. Il primo è Pasquale Pepe. Il secondo, Armando Siri: l’ex sottosegretario revocato dall’incarico nel 2019 dal consiglio dei ministri in seguito al suo presunto coinvolgimento in un’inchiesta per corruzione.

 

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha poi recuperato Sestino Giacomoni, per lunghi anni l’ombra di Silvio Berlusconi. Il suo collega dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha ingaggiato l’ex viceministro Enrico Zanetti, bocciato alle urne nel 2018 e poi proposto invano alla presidenza dell’ufficio parlamentare di Bilancio. Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha chiamato accanto a sé le leghiste orfane del seggio Valeria Alessandrini e Angela Colmellere. Ma è stato l’unico a puntare sulle donne.

 

Il ministro del Mare Nello Musumeci ha preso come capo ufficio stampa l’ex deputato di An Carmelo Briguglio. Capo della segreteria del sottosegretario al Made in Italy Massimo Bitonci è l’ex onorevole salviniano Roberto Turri. Medesimo ruolo nella segreteria del vice di Salvini alle Infrastrutture, il genovese Edorado Rixi, ha avuto Flavio Di Muro, già deputato leghista della Liguria. Parcheggiato lì giusto il tempo per candidarsi a sindaco di Ventimiglia, dov’è stato eletto al ballottaggio il 23 maggio scorso.

 

Perché se non si può rientrare dalla porta principale, va bene anche un ingresso sul retro. Ne sa qualcosa Luciano Nobili di Italia Viva: sconfitto alle Politiche, si è candidato alle Regionali e ora è consigliere del Lazio. La retribuzione è ottima e l’impegno relativo.

 

E per la serie porte secondarie, l’ex senatore Francesco Urraro, grillino folgorato da Salvini, ha ottenuto un posto da membro laico nel consiglio di presidenza della giustizia amministrativa. Mentre in quello dei giudici tributari c’è addirittura l’ex ministro della Giustizia del Movimento 5 stelle, Alfonso Bonafede. Gli è andata meglio che a tanti altri grillini, ivi inclusi due big come l’ex vicepresidente del Senato Paola Taverna e l’ex capo del partito Vito Crimi, ora semplici dipendenti dei gruppi parlamentari. Dai disegni di legge alle fotocopie?

 

Però c’è anche chi può guardare Bonafede dall’alto in basso. Come l’ex deputato del Pd Ernesto Carbone ora a Italia Viva, renziano a quattro ruote motrici, eletto al Consiglio superiore della magistratura. Nientemeno. Ma lui non era in Parlamento. Stava nel consiglio di amministrazione di Terna, che lo aveva accolto dopo la fallita partecipazione alle Politiche del 2018.

 

Un classico. Fra le varie porte secondarie, quelle delle società pubbliche si aprono più facilmente. Per tutti. Ecco allora nel cda delle Poste l’ex sindaco di Omegna, il leghista Paolo Marchioni, sconfitto alle Comunali nel 2022. Gradito ritorno nelle partecipazioni statali, per uno già stato in un’altra pausa della sua vita politica consigliere dell’Eni.

 

Ecco a Raiway, la società degli impianti della tivù pubblica, una poltroncina per Romano Ciccone di Forza Italia, collezionista di trombature: nel 2015 e 2020 alle Regionali della Campania e nel 2018 alle Politiche. Ecco alla presidenza del Poligrafico il bocconiano Paolo Perrone, ex sindaco di Lecce bocciato alle Politiche del 2018 con Fratelli d’Italia, riemerso dopo un lustro in apnea. Ed ecco, nel medesimo cda, la ex vicepresidente del consiglio comunale di Barletta Stella Mele, anch’ella di stretta osservanza meloniana. Ecco gli ex senatori Paolo Arrigoni (Lega) e Roberta Toffanin (FI) nel board del Gestore servizi energetici. Ecco Roberto Cingolani, ex ministro del governo di Mario Draghi che piaceva ai grillini convertito a consigliere energetico di Giorgia Meloni, piazzato al vertice di Leonardo. E sempre a Leonardo, tempio della tecnologia di Stato, ecco Francesco Macrì, la cui candidature alle Politiche con Fratelli d’Italia era sfumata causa inchiesta giudiziaria dalla quale il manager della multiutility aretina Estra sarebbe stato prosciolto a urne ormai chiuse. E ancora a Leonardo l’ex imprenditore pugliese del settore funghi e affini Trifone Altieri, leghista trombato alle elezioni del 2018 e già risarcito con la presidenza dell’immobiliare pubblica Invimit. Insediato oggi perciò in contemporanea su due poltrone di società dei contribuenti.

 

Ovviamente non è finita qui. Ci sono ancora molte caselle da sistemare e la fila è sempre più lunga. Ma ci sono anche gli incidenti di percorso. Come quando qualcuno si ostina a non levarsi di mezzo. Il nuovo presidente dell’Enav Paqualino Monti, per esempio, ha deciso di non mollare la guida dell’autorità portuale della Sicilia occidentale. Incarico che qualcuno aveva già pensato di dare all’ex grillino passato a Forza Italia Giancarlo Cancelleri. O in alternativa a Francesco Scoma, che aveva abbozzato una candidatura alle Comunali di Palermo. Ancora un leghista.

 

A contarli, i riciclati della Lega non hanno davvero rivali. Né confini. Si fanno spazio dappertutto, come sta a dimostrare il caso di Tony Junior Bruognolo. Primo dei non eletti alle Regionali del Lazio, è stato paracadutato sullo scranno di commissario dell’Ater, le case popolari della provincia di Roma. È il protetto di Claudio Durigon, il proconsole laziale di Salvini, quello che voleva intestare il parco di Latina ad Arnaldo Mussolini, il fratello di Benito.

 

Per par condicio, il presidente della Regione Lazio Francesco Rocca ha messo a capo della comunicazione Marcello De Angelis, ex deputato di An non rieletto alle elezioni politiche del 2013. Meglio tardi che mai.

 

Del resto è anche questione di competenze. De Angelis è giornalista: per tre anni è stato direttore del Secolo d’Italia. La comunicazione è senza dubbio roba sua. E il rappresentante dell’Unione Europea nel Golfo Persico, Luigi Di Maio, già capo del Movimento 5 stelle sonoramente sconfitto alle elezioni politiche del 2022, non è forse stato ministro degli Esteri, e per ben tre anni? Esperienza certamente in linea con l’incarico. Così Renato Brunetta. Ex onorevole, ex europarlamentare, ex ministro del Lavoro e della Pubblica amministrazione, dopo essersi beccato del «traditore» da Antonio Tajani insieme a Mara Carfagna e Mariastella Gelmini, perché in dissenso con la decisione di Forza Italia di far cadere il governo Draghi, lascia la politica. Ma non le istituzioni. E dunque il «traditore» viene nominato dal governo dei presunti traditi alla presidenza del Cnel.

 

Così anche Francesco Pionati. Chi potrebbe mettere in dubbio la competenza del nuovo direttore del giornale radio Rai? Sta alla tivù di Stato da quarant’anni: democristiano mai pentito è entrato lì nel 1983. Appena un dettaglio, la circostanza che abbia fatto il parlamentare per due legislature con il centrodestra e oggi sia nel comitato direttivo del partitino di Maurizio Lupi, che alle ultime Politiche ha preso lo 0,9 per cento dei voti. Ma riciclaggio qui è una parola grossa. Noi con l’Italia ha più poltrone da occupare che persone per occuparle, al contrario della Lega. Perché la classe (democristiana) non è acqua.