Al Teatro Carignano la convention dopo il pressing del governo Meloni per cancellare i figli delle coppie omogenitoriali. I sindaci a una voce sola: «Questo è il momento del matrimonio egualitario»

È nelle città che si capiscono con grande nitore ed esattezza le dinamiche che muovono la politica. Quello che agita la gente, abita le loro vite. Un interesse spesso reso opaco dai grandi scenari romani dove tra predellini e papi tutto può diventare uno show, anche gli Stati Generali della Natalità.

 

Così, in purezza, si possono vedere a Torino oltre 300 sindaci da tutta Italia riempire Teatro Carignano per chiedere più diritti per le famiglie omogenitoriali. A rispondere all'appello del sindaco Stefano Lo Russo fra gli altri i primi cittadini di Roma, Milano, Napoli, Bologna, Firenze e Bari: gli stessi che recentemente hanno scritto al governo chiedendo un intervento per cancellare la disparità di trattamento in materia di diritti civili. A far partire la mobilitazione, è stato lo stop - per Torino arrivato nel giugno scorso e per Milano nel marzo di quest'anno come raccontato da L’Espresso - alle trascrizioni all'anagrafe dei figli delle coppie dello stesso sesso. Divieto che ha spinto i sindaci alla mobilitazione.

 

Sul palco della convention “La Città per i diritti” con Lo Russo c’è il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, in collegamento video da Milano Giuseppe Sala, da Bologna Matteo Lepore, da Firenze Dario Nardella, da Napoli Gaetano Manfredi, e da Bari Antonio Decaro. È l’opposizione dei sindaci al governo Meloni che tra provvedimenti e pressioni soffia sull’omotransfobia del paese e nega diritti e doveri alle coppie omogenitoriali.

 

La distanza tra Roma e Torino è insieme millimetrica e abissale ed è Vladimir Luxuria, attivista Lgbt e direttrice del Lovers Film Festival a misurarla in apertura: «Benvenuti alla festa della natalità. Essere a favore della natalità significa non mettere dei paletti a persone che sono famiglia e che desiderano essere genitori. Significa consentire la possibilità di avere dei bambini che altrimenti non ci sarebbero».

 

Ma è l’unità dei sindaci sui diritti delle famiglie arcobaleno a mandare messaggi precisi e inequivocabili alla politica romana. «Chiediamo al Parlamento di colmare un vuoto, così come ha fatto presente anche la Consulta: serve un quadro normativo per i figli delle coppie omogenitoriali». Dice Stefano Lo Russo, sindaco di Torino e racconta le difficoltà di chi, da primo cittadino, esercita in prima persona la responsabilità: «Come sindaci ci siamo ritrovati in molti casi a dare una risposta alle famiglie che si rivolgevano a noi per ottenere una cosa che in Europa è scontata, e cioè il riconoscimento della doppia genitorialità, quella biologica e quella intenzionale. I tribunali del nostro Paese dicevano una cosa e il suo esatto contrario», ha sottolineato.

 

Interviene in collegamento anche il sindaco di Milano, Giuseppe Sala che ci tiene a precisare: «Non vogliamo disobbedire bensì ottenere leggi giuste» e sembra rispondere così, con pacatezza, all'invito alla disubbidienza civile fatto dallo stesso palco dal giurista Gustavo Zabrelsky. «Purtroppo - ha continuato Sala - la Corte costituzionale si è già espressa, non è quella la strada. E non mettiamola sulla mancanza di coraggio: ci sono sindaci che si stanno battendo. Ma non so se trasgredire alla legge sia il percorso giusto: vogliamo che sia il Parlamento a esprimersi. Alcune coppie ci stanno chiedendo la registrazione del padre biologico. Bisogna capire sulla base di quale documento poterlo fare, poiché non figura sull'atto di nascita del bambino, ma sarebbe già un piccolo passo».

 

Come fare? Proprio questo è il punto intorno cui gira l’intera convention. «Il Parlamento si deve assumere le sue responsabilità, non si possono decidere i diritti dei bambini nei tribunali. I sindaci hanno sempre avuto coraggio e continueranno ad averlo, ma non vogliamo portare i bambini nei tribunali, vogliamo tutelarli con la legge. Il matrimonio egualitario può essere la soluzione», suggerisce il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi.

 

A queste parole sembra fargli eco il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, «C'è una maggioranza di italiani e italiane - ha sottolineato Gualtieri - che è matura per fare ciò che in Europa è normale. Ma c'è anche purtroppo una parte fosca - ha aggiunto - che punta a rimestare su sentimenti che nel Paese stanno scomparendo. Tali figli, senza le trascrizioni, si trovano in una situazione di oggettivo svantaggio e discriminazione. Speriamo di essere ascoltati sia dal Parlamento che dal Governo».

 

Fuori dal teatro pochi attivisti di Pro-Vita agitano dei bambolotti in un carro della spesa. "I bambini non sono prodotti” urlano, ma la mobilitazione è fiacca mentre il Teatro Carignano esplode in un applauso alle parole del sindaco di Bari, Antonio Decaro. «C'è una certa classe politica che dimostra un pregiudizio, quello verso l'omosessualità» e quasi a rispondere ai contestatori fuori ricorda: «l’80 percento della maternità surrogata è fatta da coppie eterosessuali all'estero, a cui nessuno chiede niente al momento della trascrizione dei figli. C'è un pregiudizio rispetto al quale non possiamo stare fermi».

 

Il punto è proprio questo: fermi non si può stare. Non più. Questa volta a dirlo sono i sindaci: volto della politica nelle città e nei paesi. Quelli che la gente ferma per strada per chiedere soluzioni e aiuto: «Noi sindaci - osserva Decaro - siamo stati chiamati a guardare oltre lo stretto contenuto di una norma e abbiamo sentito forte la necessità di tutela i diritti dei più deboli, l'abbiamo già fatta per tanti anni la disobbedienza, e sempre tenuto al primo posto i diritti dei bambini. Ora è tempo di legiferare».