«L’eutanasia non è un tema divisivo: è favorevole anche la maggior parte degli elettori di destra. Siamo partiti con le raccolte firme anche in Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Emilia-Romagna e Abruzzo, ma presto arriveremo in altre regioni». Marco Cappato a L’Espresso racconta come intende far applicare la sentenza della Corte Costituzionale su dj Fabo

I Pro-Vita annunciano battaglia, Paola Binetti si dice stupita, ma il Veneto potrebbe essere la prima regione italiana a dotarsi di una legge sul fine vita. Non ancora, però siamo a un passo. Lo racconta a L’Espresso Marco Cappato, radicale non (più) per tessera, cinque arresti o fermi per disobbedienza civile, un processo che ha rivoluzionato la disciplina sul suicidio assistito. Insieme a Filomena Gallo e all’Associazione Luca Coscioni (tesoriere lui, segretaria lei) hanno deciso di ripartire dalla regioni con la raccolta di firme per la presentazione di leggi regionali basate sulla sentenza della Consulta ("Liberi Subito"). Non solo in Veneto ma anche Abruzzo, Piemonte, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia per regolamentare l’aiuto medico alla morte volontaria. Tutto è fermo a Roma, ma sull’introduzione dell’eutanasia legale in Italia si può andare avanti, nonostante il governo Meloni faccia finta di nulla (“Un sabotaggio silenzioso”) ci sono cittadini e governatori di regione che sordi agli ordini di partito abitano la vita vera. 

 

Marco Cappato, cosa sta succedendo nelle regioni sul tema del fine vita? 
«Per spiegarlo mi permetta una promessa; sul mio processo la Corte costituzionale ha determinato le condizioni in cui è legale ottenere l’aiuto alla morte volontaria. Solo che la persona deve essere lucida e consapevole, affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche reputate intollerabili e che sia tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale. A queste condizioni già oggi un malato può ottenere il suicidio assistito. Nella pratica, non succede mai. È successo una sola volta in 4 anni ed è successo a Federico Carboni dopo due anni di attesa e processi con l’assistenza di Filomena Gallo, l’associazione Luca Coscioni e con l’aiuto di Mario Ricci. Questo significa che la disobbedienza civile ha cambiato la legge ma questa non viene rispettata da nessuna parte nei sistemi sanitari regionali».

 

Come si spiega questa riluttanza?
«Semplice: in assenza di regole e di misure vincolanti e certe, le volontà del malato non ottengono risposta. Noi come associazione Luca Coscioni abbiamo preparato una legge regionale che ovviamente non cambia ciò che potrebbe essere legale o no, essendo appunto regionale, ma chiede che entro 20 giorni tutti facciano le verifiche a cui sono chiamati: che l’ASL verifichi le condizioni delle persone, che il comitato etico locale si esprima e, se il paziente conferma la sua scelta, che possa ottenere l’aiuto medico alla morte volontaria. Questa legge la stiamo proponendo attraverso le iniziative popolari regionali. Ogni regione, in uno statuto, prevede che un tot di cittadini di quella regione possano chiedere al Consiglio Regionale di prendere in esame un testo. La raccolta firma attualmente è attiva in Veneto, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Emilia-Romagna e Abruzzo e sarà presto attivata in altre regioni italiane».

 

Proprio il Veneto, come abbiamo raccontato su L’Espresso, è a un passo grazie alla vostra mobilitazione
«Il Veneto è l’unica regione che ha già raggiunto il numero delle firme. Il pronunciamento della giunta regionale a favore è già un fatto molto positivo perché stiamo parlando di una regione che sulla carta potrebbe essere considerata di una maggioranza politica avversa alla proposta. E qui l’aspetto politico importante considerando la posizione che ha assunto la Lega nella regione: soprattutto del presidente Zaia che sul caso di Stefano Gheller (il cinquant’enne di Cassola affetto da una rara forma di distrofia muscolare n.d.r) si è espresso positivamente sulla possibilità di rispettare le richieste dei malati e Gheller stesso è stato giudicato in tempi giusti e ha ottenuto tutte le verifiche della sua condizione da parte del servizio solitario veneto. Nelle prossime settimane, raccoglieremo altre firme di margine, entro il prossimo mese consegneremo molte più delle firme minime necessarie previste e a quel punto il Consiglio Regionale dovrà discutere non più una mozione (che non ha un effetto vincolante sui diritti) ma una vera e propria legge regionale che se fosse approvata sarebbe la prima regione ad essersi dotata di regole e procedure certe per ottenere l’aiuto medico alla morte volontaria previste e stabilite dalla sentenza della corte costituzionale».

 

Una sorpresa per il Veneto che ha suscitato l’ira degli ultracattolici da Binetti ai gruppi Pro-Vita, che ne pensa?
«Sorprende solo chi si limita a leggere la politica sotto la lente degli schieramenti dei capi partito nazionale. Ma se si va a vedere nel merito delle questioni la gente è oltre. Le faccio un esempio: il Gazzettino del Nord Est pubblica ogni anno un sondaggio proprio sull’eutanasia, dal quale emerge che siamo arrivati a una percentuale di favorevoli del 82%. Gli elettori di Fratelli d’Italia sono all’81% , quelli della Lega favorevoli per il 78. Quello che a Roma i capi partito definiscono temi divisivi nella società sono temi che uniscono le persone che hanno vissuto sulla propria pelle quello di cui stanno parlando. Questa favoletta di temi di estrema sinistra, scontro laici-cattolici è raccontata ad uso e consumo di capi partito che vogliono fare finta di avere truppe dietro le loro parole d’ordine ma sotto queste parole non c’è nella società nulla. Non hanno alcun radicamento sociale».

 

Chi abita il territorio anche se di destra conosce elettori ed esigenze, diciamo così?
«Io penso che Zaia sia semplicemente una persona che avendo una lunga esperienza di governo locale per esercizio quotidiano si sia abituato a confrontarsi quello che davvero pensano le persone».

 

Invece a Roma nulla si muove da questo punto di vista.
«Non avevo aspettative. Già non si era fatto nulla con la scorsa legislatura. Il tentativo del Governo Meloni è quello di un sabotaggio silenzioso. La legge sul testamento biologico c’è da ormai sei anni e sia nei Governi precedenti, meno che mai in questo, stanno rispettando questa legge che prevede ad esempio campagne di informazione. Basterebbe un’ora su Zoom per formare la classe medica in Italia su cosa siano le disposizioni anticipate di trattamento e invece non si muove nulla».

 

Il silenzio è una strategia politica
«Con la sentenza della Corte Costituzionale sul mio processo hanno subito una sconfitta di principio e quindi la strategia è che quella apertura della Corte rimanga solo sulla carta. Basta che la gente non ne sappia nulla, così come i medici, e che i sistemi sanitari non facciano nulla. Il problema così dal loro punto di vista è risolto. Ma noi andremo avanti con le disobbedienze civili, con le leggi di iniziativa popolare anche a livello regionale cercheremo di aprire gli spazi che nella società le contraddizioni questi partiti aprono. Li percorreremo fino alla fine perché sappiamo che le persone sono attente e pronte su questo tema».