Il 12 e il 13 febbraio si torna alle urne, anche se a dominare è l’indifferenza. Ecco dove e come si vota, i candidati e gli scenari

Il 12 e il 13 febbraio Lazio e Lombardia sceglieranno chi dovrà guidare le due regioni che, insieme, contano quasi sedici milioni di abitanti. La conclusione di una campagna fiacca e povera. Sentimento dominante: la paura. Di perdere. Al secondo posto: l’indifferenza dei cittadini.

 

Come si vota?
Le urne per rinnovare le due amministrazioni saranno aperte domenica 12 dalle 7 alle 23 e lunedì 13 dalle 7 alle 15. L'ultima tornata elettorale per Lazio e Lombardia risale al 4 marzo del 2018.

 

In quella occasione - i dati provengono dal portale del Viminale - nel Lazio su 4.780.090 elettori andarono a votare 3.181.235 persone, con una affluenza finale pari al 66,55%; Nicola Zingaretti (centrosinistra) vinse con il 32,93% e 1.018.736 voti. In Lombardia invece su 7.882.633 elettori andarono al voto in 5.762.459, con un'affluenza del 73,10% e Attilio Fontana (centrodestra) prevalse con il 49,75% e 2.793.369 voti.

 

Entrambe le leggi elettorali prevedono l’elezione diretta del presidente di Regione e del Consiglio regionale in un’unica tornata, a suffragio diretto. Il voto è espresso su una sola scheda, dove sono riportate le liste provinciali e le coalizioni regionali delle candidate e dei candidati a consiglieri, collegate alla propria o al proprio candidato presidente. È possibile il voto disgiunto. E proprio puntando in particolare sull'elettorato del M5s, l'assessore alla Sanità della Regione Lazio (candidato del centrosinistra) durante le iniziative elettorali ha fatto diverse volte appello, ovvero votare D'Amato come presidente e poi dare la preferenza a una delle liste non collegata con lui.

 

Un sistema, quello del voto disgiunto, che prevede anche l'alternanza di genere: l'elettore sulla scheda può esprimere fino a due preferenze scrivendo nome e cognome dei candidati consiglieri regionali compresi nella stessa lista purché siano di sesso diverso pena l'annullamento della seconda preferenza.

 

La legge elettorale della Regione Lazio è stata modificata nel 2017. Tra le novità, oltre all'introduzione della parità di genere, c'è l'abolizione del cosiddetto 'listino', cioè l'elenco di 10 candidati consiglieri collegati al candidato presidente ed eletti automaticamente insieme a lui in caso di vittoria, come premio di maggioranza.

 

I candidati
La storia, si sa, è questa da sempre: il centrodestra si presenta unito mentre il centro sinistra è frammentato. Il Pd si presenta in Lombardia in veste “Giallorossa” (proprio in una regione dove il Movimento Cinque stelle pesa pochissimo) mentre nel Lazio (dove i pentastellati pesano oltre il 15% e governano con il Pd) si presenta con il Terzo Polo.

 

I nomi: la destra cerca nella Lombardia la riconferma candidando Attilio Fontana, il centrosinistra punta su Pierfrancesco Majorino che tiene insieme il Pd, il M5S e la sinistra, mentre il Terzo polo candida Letizia Moratti.

 

Nel Lazio, l’assessore uscente della giunta Zingaretti, Alessio D’Amato, è sostenuto dal Pd e da Azione-Italia viva, insieme ad altre liste di centrosinistra. Il centrodestra punta sul presidente della Croce Rossa italiana Francesco Rocca, mentre il Movimento 5 Stelle propone insieme al Polo progressista la conduttrice Rai Donatella Bianchi.

 

I sondaggi
In ascesa nel pallottoliere dei sondaggi la destra. Secondo l’ultimo realizzato da Noto Sondaggi e pubblicato da "Porta a Porta", il candidato presidente del centrodestra Francesco Rocca è in testa nelle intenzioni di voto con il 46 per cento, seguito dal candidato del centrosinistra Alessio D'Amato con il 35,5 per cento e dalla candidata del M5s Donatella Bianchi con il 16 per cento del campione dei votanti.

 

In vantaggio il centrodestra anche in Lombardia: il 51,5% del campione di votanti in Lombardia si è espresso a favore di Attilio Fontana, mentre il 29% ha dichiarato che voterà per Pierfrancesco Majorino (Centrosinistra-M5S), il 18% per Letizia Moratti (Terzo Polo) e l’1,5% per Mara Ghidorzi (Unione Popolare).

 

Ma resta una campagna che si gioca senza pathos, agita curve di elettori sempre più esigue. A confermarlo un sondaggio di Tecnè per l’agenzia Dire. Su 1.000 intervistati, infatti, il 58% ha dichiarato che si recherà al voto, mentre il 42% si dice incerto o propenso ad astenersi.

 

La maledizione dell’opposizione e le personalità assenti
La campagna elettorale che si chiude porta con sé l’ombra della disaffezione e della mancata competizione: pochissime iniziative sui territori e scarsi confronti tra i candidati, in fuga il candidato Rocca dato per vincente, assente durante la prima tribuna elettorale televisiva, andata in al Tgr-Rai («ha deciso di non partecipare», ha spiegato il conduttore).

 

«Le elezioni locali coinvolgono i cittadini se esistono personalità forti dal punto di vista delle candidature oppure se la percezione è quella di uno scontro intenso. Non è questo il caso», spiega a l’Espresso Massimiliano Panarari, docente dell’università Mercatorum, saggista e sociologo della comunicazione che incornicia queste elezioni a un rilievo mediatico debole: «Viviamo in un contesto di personalizzazione, non soltanto dalla politica ma più in generale di ogni ambito della società. Di fronte a una sproporzione forte l’assenza di personalità note o in grado di polarizzare rende più complicato sviluppare all’interno dell’opinione pubblica un’attenzione significativa rispetto le dinamiche elettorali».

 

Le elezioni regionali, non proprio locali ma non del tutto politiche, seguono lo spirito del tempo che vede la maggioranza di governo ancora stabile: «Oggi la dinamica territoriale si sovrappone a quella nazionale, si tende a votare sulla base del posizionamento politico. In questo caso le amministrative riflettono questo clima che è di sproporzione tra schiarimenti». Il sentimento è quello della disillusione: «Un sentimento di panico, disorientamento schiaccia i cittadini che guardando alle difficoltà del loro vivere quotidiano e non si fidano della politica». Non aiuta lo spettacolo noto della sinistra smarrita e divisa, conclude Panarari: «La maledizione dell’opposizione che continua. Bisogna guardare a due elementi: il maggior partito di centrosinistra è avvitato all’interno da vicende che sono davvero di sopravvivenza e rischio di rilevanza e poi non c’è la possibilità di costruire un campo di alleanze allargato».