La proposta in consiglio comunale a Perugia per contrastare la violenza di genere: creare coppie sane con benefit e gadget. E poi un percorso di formazione per il dialogo: “le denunce alimentano l’odio”

Come combattere la violenza contro le donne? Con percorsi prematrimoniali e preconvivenza, per creare persone perfette e coppie perfette. E’ questa la proposta sui generis del comune di Perugia, a guida Forza Italia, ma con una maggioranza ormai fortemente caratterizzata dalla Lega.

"Finché violenza non ci separi". Sembra il nome di una pièce teatrale un po’ noir e macabra, se non fosse la proposta di ordine del giorno discussa il 5 ottobre a Palazzo Priori. Il titolo, dicono “apertamente provocatorio”, o “apertamente provocante”, come si lascia scappare maldestramente ed erroneamente un consigliere comunale, è la violenza di genere e in particolare quella maschile contro le donne. I soggetti presi in esame sono quei “rapporti sbilanciati o malati” che interessano i “soggetti che subiscono violenza”. Insomma non le donne, ma le persone.

Preso atto dei numerosi femminicidi degli ultimi mesi, dell’ondata di richieste di aiuto da parte di donne durante il periodo di lockdown e del fatto che i casi di prevaricazione si annidano nell’ambito familiare, due consiglieri di centrodestra Cristiana Casaioli e Massimo Pici elaborano il testo tanto discusso.

 

 

Non bastano leggi, bisogna agire sulla prevenzione. E come si pensa di fare? L’ordine del giorno, redatto su tre punti, su questo è molto chiaro. Una delle soluzioni proposte è quella di “costruire un percorso prematrimoniale o preconvivenza a disposizione di tutte le coppie, all’interno del quale fornire utili indizi ad entrambi i soggetti, dando conto di elementi ed indicatori che caratterizzano i cosiddetti “rapporti sbilanciati o malati” [...] in caso di comparsa di segnali di un rapporto sbilanciato, lo scopo è quello di informare e formare, dando magari consapevolezza a chi è già dentro il tunnel della paura”. Su chi debba tenere questi corsi e come, non ci sono informazioni, si sa solo che lo scopo è quello di prevenire.

«Servono a educare l’individuo e il cittadino ad avere una visione della coppia sana», spiega Casaioli. Di fianco ai corsi ecclesiastici, sottolinea anche la consigliera, ci sarebbero questi comunali, laici, per arrivare a un “matrimonio consapevole”. «Come per i corsi preparto, sono delle conoscenze che ti porti per tutta la vita», riassume Pici, ex poliziotto, attivo nel sindacato e membro dell’associazione Margot, indirizzata agli uomini maltrattanti e che sarebbe anche chiamata in causa a stilare i protocolli.

In fondo si trovano specifiche che sfociano quasi nella comicità: “come rendere ancora più appetibile alle coppie l’adesione all’iniziativa”. Gadget, viaggi, vacanza per le “coppie in crisi”, l’ordine del giorno si occupa anche di questo: “si potrebbe pensare di legare l’adesione a qualche benefit o badge forniti da sponsor del progetto, visita gratuita a qualche museo, teatro etc”. Non solo: “in ambito di edilizia popolare, la possibilità di riservare qualche piccolo spazio da utilizzare a tempo determinato, da destinare a partner di coppia in crisi, oppure in alternativa, assegnare un punteggio maggiore in graduatoria a persone che escono da situazioni di violenza”. E ancora: “potrebbe avere una sua utilità la formula della vacanza presso appartamenti di altro comune per quale coppie o singoli, in difficoltà economica che posso avere necessità, per così dire, di staccare la spina per qualche giorno”. Insomma, risolvere la violenza sulle donne con le vacanze a punti.

 

 

«Favorire il percorso della coppia che va verso la convivenza, il percorso laico che affianca quello religioso. Portiamo la coppia in un luogo esteriore in cui possa condividere, dialogare e amare quello che l’altro vuole fare, “come la pesca sportiva o altre attività», propone Tiziana Casale, presidente dell’associazione Progetto Donna, e, come lei stessa ha ammesso in riunione, a capo di un tour operator che si occupa di recuperare i borghi abbandonati in cui si potrebbero indirizzare le coppie.

 

Le proteste dell’opposizione
«La proposta un po’ innovativa dei corsi non sta molto in piedi: su quali tematiche? Chi andrebbe a fare la formazione? E quante coppie sarebbero disposte a fare questi corsi? Impieghiamo le risorse in attività di sensibilizzazione e rafforzando la rete di supporto delle donne vittime di violenza», spiega Lucia Maddoli, consigliera di lista civica in appoggio al Partito Democratico, che pur condividendo il tema portato dai colleghi, non trova condivisibile metodologia e passaggi concettuali. «Si fa confusione tra conflitto e violenza: le situazioni conflittuali presuppongono due parti che dialogano, ma la violenza è unilaterale, con soggetti che agiscono e soggetti che subiscono». E in questo la proposta di destra sembra proprio abbattere uno dei principi della convenzione di Istanbul, quello di non confondere i piani favorendo una mediazione familiare anche tra parti non paritarie perché in presenza di violenza.

Durante l’ora e quarantadue di discussione consiliare non sono mancati riferimenti vittimizzanti e superficiali su temi tanto delicati: “La violenza non si contrasta con altra violenza. Con le denunce? Alimentiamo altro odio, altro odio? Non sappiamo cosa può succedere. Se prima rompono un braccio poi ne rompono due”, suggerendo che denunciare non è sempre la scelta migliore. “Non parlo mai di donne vittime di violenza, per coerenza e onestà intellettuale, ci sono tanti uomini che mi dicono di subire violenza. Le dinamiche sono sempre uguali: c’è un abusante e una persona più fragile che glielo permette. Ci sono degli irrisolti e delle mancanze che mettono una persona nello stato d’animo di sottomissione e permette l’abuso”, parole che ricalcano quelle della giornalista Barbara Palombelli, che di recente hanno fatto tanto discutere. E ancora: “Bisogna quindi lavorare sulla vittima, siamo tutti vittima di qualcun altro. Bisogna essere corazzati e ben consapevoli, così eviteremmo di trovarci in queste situazioni di violenza. La prevenzione avviene nella consapevolezza”.

Un altro punto, che ha destato i dubbi di molti, è quello dedicato alle Forze dell’Ordine. A cui spetterebbe il compito di tenere corsi formativi e informativi indirizzati ai giovani “dal taglio estremamente pratico”. L’idea di far gestire l’educazione degli adolescenti sulle tematiche di genere alle Forze dell’Ordine è giustificata dal fatto che sono le prime a cogliere nella praticità la violenza e “molti membri sono sensibili a questi temi”. «Non so se è corretto dire al Comune di fare un protocollo specifico con le forze dell’ordine su queste tematiche, meglio indirizzarsi alle tante associazioni che lavorano già nel campo», aggiunge Maddoli.

Nella terra di Pillon, in una regione che ogni giorno combatte azioni contro la libertà delle donne, tanta è la perplessità: “Hanno bypassato i centri antiviolenza, che sono i primi a dover parlare di questi argomenti. Hanno invece chiamato associazioni che non hanno esperienza, a dare approvazione a un ordine del giorno astruso”, denuncia Sara Pasquino, consigliera e membro della commissione Pari Opportunità. «Non è la coppia in crisi di cui si parla, il preambolo parla chiaro, è la violenza sulle donne e questa proposta è la sua negazione».