Dai centri antiviolenza alla formazione nelle scuole, fino al contrasto quotidiano di ogni forma di sessismo. La politica ascolti chi guarda in faccia l’orrore

Mese di giugno. Non vorrei fare una lista ma quello che viene fuori è comunque un elenco. Michelle. Svetlana. Simona. Rosa. Cettina. Floriana. Giuseppina. Maria Brigida. Sibora. Mariangela. Ottavina. Pierpaola. Il loro epilogo purtroppo le accomuna tutte.

 

Solo nel mese di giugno ho scritto di queste donne, le ho salutate una per una. L’ho fatto perché anche questo fa parte del mio lavoro, occupandomi della comunicazione del Telefono Rosa. Ma sento di averlo fatto anche per il bisogno, non so più se solo mio, di ricordarle con il proprio nome e non come una foto a corredo di qualche riga sui giornali, superata presto da altre analoghe.

 

Aggiungo Michelle Maria, aveva solo 17 anni. Sono stata alla sua fiaccolata, sempre per lavoro ma non solo. Quando scegli di fare un lavoro come il mio i confini inevitabilmente si assottigliano e l’impegno diventa qualcosa di più, uno zaino pesante che ti porti dietro ogni giorno. Senti e vedi talmente tanto dolore che alla fine te ne carichi un po’ sulle spalle, sperando di alleggerire la fatica di queste donne. Lo so che non ci riesco, ma in certi momenti è meglio credere che sia così.

 

Oltre ai femminicidi ci sono le violenze sommerse, quelle che non finiscono sui giornali. Quelle che ascoltiamo solo noi, centri antiviolenza che quotidianamente sostengono le donne mentre si perpetua un diffuso machismo che è terreno di coltura del seme della violenza. Espressione, come accaduto di recente con le parole in libertà del sottosegretario alla Cultura, di una cultura maschilista e patriarcale che continuiamo a ingoiare a colazione assieme al caffè e al cornetto.

 

Cosa fare? Le associazioni e i movimenti da soli possono poco. Allora ho pensato a qualche compito per ognuno di noi, tipo quelli delle vacanze. Scrittori e scrittrici, cantanti, attori e attrici, registi e registe, insomma quelli famosi, mettevi a gridare (se già non lo fate ovviamente) e chiedete un piano formativo ed educativo sin dalle scuole materne.

 

Influencer, giornalisti e giornaliste, presentatori e presentatrici e chiunque abbia gli strumenti, informate le donne che dalla violenza si può uscire e che non sono sole. Ci sono centinaia di centri antiviolenza e associazioni che possono sostenere le donne, fateli conoscere. E noi cittadini e cittadine come compito abbiamo quello di rispettare l’altro e di batterci per la parità nei gesti più piccoli, anche quelli che ci sembrano irrilevanti.

 

Non lo so, ma immagino una rete fatta di persone nella quale ognuno mette a disposizione quello che ha. Per ultima, ma non per importanza, penso ai politici. Potete davvero fare la differenza, ma se la violenza non diventa una priorità sarà tutto vano. Pure occuparsi del dopo sembra una goccia nel mare. Diverso invece sarebbe concentrarsi sulla prevenzione. Parola usata spesso, ma poco applicata nella pratico. Tra i compiti ci metterei anche l’ascolto, ci sono tanti professionisti e professioniste che si occupano di violenza di genere. Coinvolgeteli, chiedetegli aiuto e consigli. Conoscono il problema nel profondo e sono sicura che sapranno da che parte iniziare. Spero che il mese di luglio sia migliore. Per un Paese civile e democratico non c’è niente di normale in questo triste elenco.