Il giorno dopo la pesante sconfitta, molti esponenti dem esprimono perplessità sulla gestione del partito. «Ora una discussione seria», scrive Enrico Rossi su Facebook. «Necessaria una riflessione», gli fa eco Francesco Boccia. E la direzione di venerdì si annuncia bollente
«Il risultato elettorale è molto negativo e doloroso. Il Pd ha perso la connessione con una parte importante del suo popolo. Io dico che occorre unità, umiltà e ascolto della nostra gente per costruire insieme il cambiamento che è necessario». Il primo commento arriva a tarda notte, a scrutinio ancora in corso.
Enrico Rossi, presidente della regione
Toscana, è fra i primi a parlare. E affida il suo commento ai social network.
Il Pd è sotto shock in tutt'Italia. Perde a Roma, perde a Torino. E con Beppe Sala riesce a strappare per un soffio
Milano al candidato del centrodestra
Stefano Parisi. Ma la sconfitta che brucia di più è nella regione feudo del segretario-premier Matteo Renzi, dove i dem perdono in 5 ballottaggi su 6.
Da Grosseto a Montevarchi, da Sansepolcro a Cascina, per il Pd è un
tracollo: il partito soffre dappertutto e a Sesto Fiorentino, roccaforte dei democratici, resuscita le speranze della minoranza e dei compagni di
Sinistra Italiana, che stravincono con il 36enne
Lorenzo Falchi e volano oltre il 60 per cento. Ed è per questo che il governatore toscano, storico rivale di Renzi, chiede ora «una discussione seria». Non c'è più tempo.
Quasi gli fa eco
Francesco Boccia: «Nel Pd necessaria una riflessione seria», scrive su Twitter il presidente della commissione Bilancio alla Camera che fa gli auguri alle neo-sindache Virginia Raggi e Chiara Appendino, che hanno sconfitto gli sfidanti Roberto Giachetti a Roma e Piero Fassino a Torino, migliorando entrambe le performance del primo turno.
«Non mi convince l'idea che si perde perché non si è spinta la rottamazione fino in fondo. Non mi convince l'idea che si vince solamente con volti '
giovani e belli'
e che la battaglia politica possa ridursi a un fattore biografico o estetico», si sfoga sempre su Facebook
Gianni Cuperlo, uno dei leader della minoranza, convinto che in questo momento non serva «chiedere come primo atto la distinzione tra la carica di segretario e quella di premier».
Nessuna guerra interna, almeno per il momento. Anche se Cuperlo non risparmia bordate a Renzi: «Penso che quando perdi centinaia di migliaia di voti il punto non è solo e tanto chi siede sulla
poltrona di segretario ma quale linea politica esprime», scrive invocando «una correzione seria della rotta» che per lui significa «una svolta culturale, politica, dell'identità di un centrosinistra di governo». «Mi auguro che si affronti una discussione pacata nei toni ma seria nel merito. Qui nessuno può rivendicare quella frase abbastanza odiosa 'lo avevo detto'. Qui si tratta di rimboccarsi le maniche e di mettere in sicurezza il principale partito della Sinistra e le prospettive di un governo progressista per il futuro dell'Italia», conclude Cuperlo.
«Abbiamo subito una sconfitta severa. Prenderne atto con lucidità è la prima condizione per tentare di uscirne», ha dichiarato il senatore dem
Vannino Chiti che individua nella lacerazione del «rapporto tra sinistra e suoi mondi di riferimento: scuola, lavoro, pubblica amministrazione», la causa del ko alle amministrative. «È indispensabile introdurre a livello nazionale e locale cambiamenti significativi, prima di incappare in sconfitte ancor più dure e lasciare via libera a populismi reazionari», concude Chiti che guarda al M5S come al vero nemico del Partito Democratico. Soprattutto in vista del prossimo appuntamento elettorale: il
referendum costituzionale di ottobre.
Nella notte in una nota diffusa da Largo del Nazareno la sconfitta è stata definita «netta e senza attenuanti». Una formula a cui nei prossimi giorni farà seguito la consegna del silenzio. Almeno fino alla direzione del Pd, convocata per
venerdì 24 giugno.
In queste ore, però, le richieste di chiarimento non si fanno attendere e anche l'ex commissario del Pd di Roma, all'indomani di Mafia Capitale,
Fabrizio Barca non le manda a dire al segretario Renzi: «In singole città pesano storie e persone. Nell'Italia pesa l'idea monca di sinistra del Pd e la sua mancata riforma», ha scritto sul suo profilo Twitter l'ex ministro del governo Monti, tessera Pd dal 2013.
Nel tardo pomeriggio di lunedì è arrivata anche la reazione del presidente del Pd
Matteo Orfini: «Dopo un risultato come quello di Roma credo che solo una cosa non si possa fare: discutere per finta. Abbiamo il dovere della
sincerità. Che significa riconoscere gli errori, ma anche ricostruire i fatti con precisione per evitare di sbagliare ancora. E vale per tutti, prima di tutto per me», ha detto Orfini smentendo qualsiasi ipotesi di dimissioni e ringraziando Roberto Giachetti che ieri, subito dopo i primi exit poll, ha ammesso la sconfitta.
«Virginia Raggi è il sindaco di Roma. Ha avuto un grande risultato e gliene diamo atto», ha concluso Orfini annunciando «una
opposizione dura e costruttiva, ma senza sconti» in Campidoglio.