La svolta di San Valentino sul governo accelera i tempi di una possibile uscita di scena del primo presidente della Repubblica rieletto per un secondo mandato?

E ora diventa interessante rileggere il discorso televisivo di fine anno del Capo dello Stato, il messaggio di Giorgio Napolitano di buon 2014. «Resterò presidente fino a quando la situazione del Paese e delle istituzioni me lo farà ritenere necessario e possibile, e fino a quando le forze me lo consentiranno. Fino ad allora e non un giorno di più; e dunque di certo solo per un tempo non lungo», ha detto il presidente davanti alle telecamere. Aggiungendo, nel finale, un’indicazione in più: «Spero di poter vedere nel 2014 avviato un nuovo percorso di crescita e almeno iniziata un’incisiva riforma delle istituzioni repubblicane».

La svolta di San Valentino sul governo accelera i tempi di una possibile uscita di scena del primo presidente della Repubblica rieletto per un secondo mandato? Nei palazzi della politica se ne parla sottovoce. Di certo cambia il percorso della legislatura: diciotto mesi, un anno e mezzo, era il range fissato dal governo Letta per fare le riforme istituzionali, un periodo che coincideva, sia pure soltanto per ipotesi (la Costituzione non prevede presidenze con altra scadenza che non sia quella del settennato), con la vita del governo, la durata della legislatura e anche la disponibilità politica e personale di Napolitano.

La prospettiva di un Parlamento che potrebbe arrivare a fine mandato, fino al 2018, ripropone la questione del Quirinale. Napolitano, sotto il tiro incrociato della destra berlusconiana e del Movimento 5 Stelle dopo le presunte rivelazioni del giornalista Alan Friedman sulla gestione della crisi del 2011 che portò alla nascita del governo Monti, è stato costretto ad assistere allo scontro tra Enrico Letta e Matteo Renzi sul futuro governo.

«Mi pare che la parola sia ora al Pd», ha spiegato il presidente a Lisbona, quasi rassegnato. Un’ammissione che segna un passaggio: il pendolo in cui si decidono i rapporti di forza, le alleanze, le future leadership, si trasferisce dal Quirinale a largo del Nazareno. L’effetto dell’arrivo di Renzi alla segreteria del Pd, ma anche un diverso modo di guardare dal Quirinale alla quotidianità della lotta politica.