Da Roberto Bolle a Frida Bollani. Nello sport e nell’arte, il successo è scandito dall’esercizio quotidiano

Nello sport, nell’arte, così come nella vita, ogni successo è scandito dall’esercizio quotidiano. Anche se la narrazione che traspare dai social è che le vittorie si misurano con il consenso dei follower, la realtà è ben diversa. Si racconta poco del percorso degli atleti, dei musicisti, dei ballerini, e delle loro famiglie, dei sacrifici che sono disposte a fare per sostenere la passione dei figli, fin dai primi passi. Se ne parla poco forse perché il sudore non è instagrammabile.

 

La campionessa di scherma Emilia Rossatti ha iniziato a sette anni ad allenarsi tutti i giorni. Oggi ha ventidue anni ed è nota alle cronache perché ci ha stupiti con una lezione di sportività – o forse più di vita – indimenticabile. Nella finale dei campionati italiani under 23 di scherma, infatti, non ha approfittato dell’infortunio dell’avversaria Gaia Traditi, in vantaggio al momento di una distorsione alla caviglia, consegnandole di fatto la medaglia d’oro. Conosce il valore del fair play.

 

«L’odio mi mette in ginocchio, l’amore mi fa alzare in piedi». Disse Andre Agassi nella sua autobiografia e forse vale un po’ per tutti i più grandi.

 

Aurora Giovinazzo conosce bene quel tipo di amore: è stata una rivelazione per il cinema – candidata al David di Donatello come migliore attrice protagonista del film visionario “Freaks Out”, del regista Gabriele Mainetti – che ha iniziato a girare quando aveva sedici anni. Continuava a studiare sui set con la madre e si allenava, perché è campionessa di balli caraibici. «Ho iniziato a nove anni. La mattina andavo a scuola, ma il pomeriggio scappavo in palestra ad allenarmi anche otto ore. Mia mamma mi accompagnava e aspettava tutto il tempo. Ha imparato a cucire i miei vestiti da ballo, ha guidato ventitré ore per arrivare in Polonia per i Mondiali. I miei genitori sono stati unici».

 

Anche nella vita di Frida Bollani Magoni la sua famiglia ha avuto un peso magico: è appena maggiorenne, eppure è già una straordinaria pianista e cantante perché «una vita senza la musica è impensabile, a prescindere dalla carriera». Sogna di diventare polistrumentista, suona da quando ha memoria, ha iniziato a prendere lezioni di piano con spartiti in braille. Un metodo che offre la possibilità ai ciechi di leggere e scrivere la musica, non solo di suonare (o cantare) a orecchio. È figlia di Stefano Bollani e Petra Magoni, dai quali ha ereditato entrambi i cognomi e l’attitudine per il mondo musicale. «Registravo in casa con mio padre, ho suonato con lui, mi sono esibita con mia madre», ma è ormai in grado di ipnotizzare anche da sola. «Sono un’artista perfezionista, a me interessa essere brava. Voglio comporre, fare dischi, tour, suonare con altri musicisti. Non mi aspetto altro».

 

Roberto Bolle non proviene da una famiglia di danzatori, ma ha sentito ugualmente una fiamma nel petto indicargli il suo percorso di felicità. A soli dodici anni ha lasciato Vercelli per frequentare la scuola di ballo dell’Accademia Teatro alla Scala, costruendo inevitabilmente una carriera basata su talento e sacrifici che l’hanno reso uno dei ballerini più famosi al mondo. C’è una foto di Lella Beretta che lo immortala a dieci anni, unico ballerino fra sei ragazzine con il tutù rosa. Non c’è sogno senza coraggio e costanza. E non c’è bellezza che non si possa seminare, fin da piccoli.