Il regolamento europeo ha scatenato le reazioni della politica. Ma offre l’opportunità di sviluppare per primi tecnologie che altri adotteranno e spendere soldi che saranno risparmiati domani

Scrivo questo pezzo dopo l’accordo raggiunto tra Europa e Germania sul regolamento relativo alle auto a emissioni zero dopo il 2035. L’accordo permette i combustibili sintetici (e-fuels, che derivano dalla combinazione di idrogeno e di CO2) e non i bio-carburanti (che sono derivati da materiale organico) come voleva l’Italia. Forse quando il pezzo sarà pubblicato, la reazione del nostro governo sarà nota. In ogni caso, vorrei fare quattro punti per chiarire la questione.

 

Primo, Giorgia Meloni in Senato prima della riunione del Consiglio Europeo ha detto che l’Italia è d’accordo sulle emissioni zero di CO2 per le auto entro il 2035 e chiede solo che lo si possa fare con qualunque tecnologia disponibile, non solo l’elettrico. Ma questo è proprio quello che prevede il regolamento europeo: emissioni zero, non l’elettrico. C’è casomai una questione su cosa si intenda per emissioni zero. Per gli e-fuels le emissioni sono zero contando anche la CO2 assorbita nel produrli. L’Italia dovrebbe allora convincere la Commissione che anche i bio-carburanti comportano emissioni zero nel complesso, cosa più complicata.

 

Secondo, molti dicono che l’elettrico ci renderebbe dipendenti dall’importazione dalla Cina di batterie o materie prime come il litio. È vero che ora gran parte delle batterie viene dalla Cina, ma allora diamoci da fare a costruire batterie qui da noi. Per quanto riguarda il litio, l’America Latina ne è molto più ricca della Cina. Insomma, i problemi sembrano superabili. Più complicato sarebbe invece liberarsi dalla dipendenza esterna dagli idrocarburi che usiamo per i motori a combustione interna.

 

Terzo, si dice che lo sforzo europeo di decarbonizzazione è futile perché l’Europa conta solo per l’8 per cento delle emissioni mondiali di CO2. Vero, ma prima o poi il mondo dovrà seguirci su questa strada e se partiamo prima avremo un vantaggio tecnologico. Ma non è solo questo: ridurre il consumo di idrocarburi per auto e riscaldamento case contribuirebbe non poco alla riduzione dell’inquinamento locale. Secondo la European Environment Agency, delle prime 32 città più inquinate in Europa per polveri sottili (particolato 2,5, più dannoso per la salute) quindici erano italiane, sedici polacche e una croata. Occupiamo il secondo, terzo, quarto e quinto posto. Ci manca solo il primato che va a Nowy Satz, in Polonia. Tutte le città italiane in questa classifica sono nella pianura padana, tranne una. Certo, in pianura padana c’è poco vento, ma proprio per questo dovremmo ridurre ancora di più le emissioni. Le tre principali fonti di polveri sottili sono autotrasporto, riscaldamento delle case e agricoltura. Quindi, dobbiamo decarbonizzare auto e case non solo perché fa bene al pianeta, ma soprattutto perché fa bene ai nostri polmoni.

 

Quarto, spendere soldi per decarbonizzare è un investimento, non una patrimoniale, visto che ci farà risparmiare nel lungo periodo (per esempio in termini di bollette del gas e di spese sanitarie). Ma, come ogni investimento, richiede una spesa iniziale. Servono per questo sussidi pubblici perché meno emissioni per riscaldamento e auto fanno bene a tutti. Gli obiettivi devono essere realistici, ma allora discutiamo sulle scadenze, non sulla validità della direzione in cui dobbiamo muoverci.