Malgrado la riduzione di un terzo, le spese per i gruppi, oltre sessanta milioni, non sono diminuite

Gli abusi del “decreto salsiccia”: 24 articoli, 144 pagine.
Milleproroghe, in politichese. Omnibus, per i palati fini. “Decreto salsiccia”, più plasticamente. Ecco cosa è diventato negli anni il provvedimento nato nel 2001 per prorogare scadenze o fissare il rinvio dell’entrata in vigore di norme il cui mancato rispetto comporterebbe gravi conseguenze per cittadini, imprese e istituzioni. Ormai dentro viene insaccato di tutto. L’ultima perla è lo slittamento dei termini per il superbonus villette, spuntato al Senato dove si discute il Milleproroghe per poi passare alla Camera per l’approvazione entro febbraio. La versione 2023 prevede 24 articoli (destinati a crescere), più relazione e note tecniche. Per un totale di 144 pagine di tecnicismi. Se lo strumento è legittimo ma abnorme, mostruosa è la degenerazione. Nel 2003, 2004, 2006 si è arrivati a sfornare due Milleproroghe l’anno. Per poi sparire nel 2017 e nel 2019. Nel 2020 l’esplosione del brogliaccio: 82 articoli. Negli ultimi due anni la tendenza è di ridurre il malloppo. Basti pensare che il primo milleproroghe era di soli 9 articoli. Negli anni c’è finito dentro di tutto: dal bonus psicologo post Covid alla cancellazione delle penali ai concessionari autostradali in caso di revoca (dopo il crollo del ponte Morandi). A nulla hanno potuto finora Quirinale e Corte costituzionale. L’abuso è prorogato.

 

Il taglio di 315 parlamentari e i suoi intoppi
Fra qualche mese capiremo se qualità degli emendamenti, numero di sedute e tempi di approvazione delle leggi saranno migliorati oppure no. Intanto alcuni dati: il Senato con 200 membri è in grado di svolgere le stesse mansioni di prima. Si è tagliato il numero dei componenti delle Commissioni e lo stesso parlamentare adesso fa parte di molti più organismi. Quindi è più produttivo. Ma c’è l’ostacolo delle Bicamerali. Andrebbe ridotto il numero dei membri. All’Antimafia (ancora da costituire) i 25 senatori sono circa il 12,5% di Palazzo Madama, percentuale assai più alta rispetto ai 25 di Montecitorio (su 400). Manca una regia unica. Esempio: i nuovi regolamenti finora hanno fissato alcuni paletti già in vigore, altri però varranno solo dalla prossima legislatura! Per un gruppo alla Camera - causa mancato accordo nella scorsa legislatura - ancora oggi occorrono 20 deputati, salvo deroghe (accordate agli 11 onorevoli di Verdi-Sinistra e ai 9 di Noi Moderati). Ne basteranno 14 dalla prossima. Invece già oggi a Palazzo Madama per fare gruppo non servono più 10 ma 8 senatori. Tagliare è utile, evitare il caos è vitale.

 

Ma 61 milioni all’anno di risparmi già vanificati
La riduzione di 230 deputati e 115 senatori sulla carta consente un risparmio di 300 milioni a legislatura. Purtroppo, nei bilanci previsionali di Camera e Senato, il volume delle spese per i prossimi due anni è rimasto invariato (fonte: Pagella Politica). I fondi per i gruppi parlamentari restano di 30,9 milioni per Montecitorio e 22,1 a Palazzo Madama. Motivo ufficiale: la struttura di supporto ai gruppi non può essere ridotta, se si vuole garantirne l’efficienza. Le altre spese non direttamente collegate al taglio? Costo dell’energia, rincari complessivi, pensioni e liquidazioni degli ex parlamentari, i collaboratori dei deputati adesso pagati direttamente dal bilancio di Montecitorio. Insomma, il taglio c’è ma non si vede.