La probabile affermazione di Giorgia Meloni pone inquietanti interrogativi. Ma anche sotto i governi riformisti l’accesso al diritto all’aborto non è stato garantito

In molti si chiedono quale sarà il destino della legge 194/78 sull’interruzione volontaria della gravidanza se Giorgia Meloni andrà al Governo. Quale sarà il futuro dei diritti civili e della democrazia se, con la destra al potere, anche altre Regioni seguiranno l’esempio delle Marche, che da anni ormai boicotta non solo l’accesso all’aborto ma anche altri diritti fondamentali, come quello a vedere rispettata la scelta del suicidio assistito (ricordiamo i tre pazienti marchigiani costretti dall’inerzia della Azienda Sanitaria regionale a dolorose attese e a lunghe battaglie giuridiche). Alla fine, proprio in quella regione, Federico Carboni, dopo mesi di battaglie giudiziarie, ha potuto scegliere di morire premendo un pulsante, con il suicidio assistito, come previsto dalla Corte costituzionale con la sentenza “Cappato”.

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Certo, il rischio di fare passi indietro esiste. Ma credo anche che questo interrogativo ci porti fuori strada rispetto alla necessità di un approccio concreto alla difesa delle nostre libertà e dei nostri diritti già conquistati e di quelli ancora da conquistare. Diritti e libertà non possono continuare a essere soltanto evocati all’interno di logiche di posizione - di partito, di schieramento - ma dovrebbero essere difesi nel concreto, dovrebbero essere declinati e affermati nella pratica, ogni giorno. Un diritto sarà sempre a rischio se lo diamo per scontato e non lo difendiamo con la stessa forza con cui ci battiamo per conquistarne di nuovi.

 

Il diritto all’interruzione di gravidanza è legge dal 1978, ma come i dati e l’attualità ci dimostrano è un diritto messo a repentaglio da sempre, e probabilmente continuerà a esserlo chiunque sarà al Governo.

 

Con l’Associazione Luca Coscioni è ormai più di un anno che chiediamo all’attuale ministro della Salute Roberto Speranza di pubblicare dati aperti e aggiornati sulla legge 194 (quanti sono i medici obiettori in ogni regione, quante le strutture che, nonostante il 100% di obiezione, garantiscono il servizio di interruzione volontaria di gravidanza, dove è davvero disponibile l’aborto medico e tutti i requisiti che ci sono nella relazione di attuazione della legge - ma chiusi in un pdf e per media regionale). Chiediamo anche l’inserimento di un indicatore specifico sulla 194 nel sistema di valutazione dei parametri Lea, mentre siamo al lavoro per proporre un aggiornamento della norma. A oggi, da agosto 2021, non ci è arrivata ancora nessuna risposta.

 

In mancanza di dati aperti forniti dal ministero, le giornaliste Chiara Lalli e Sonia Montegiove hanno reso noto, con l’Associazione, l’indagine “Mai dati”, basata su un accesso civico generalizzato per chiedere a tutte le aziende sanitarie e ospedaliere d’Italia i dati sull’applicazione della legge 194. I dati aperti e la conoscenza sono un patrimonio fondamentale per capire le criticità di un fenomeno e per individuare le soluzioni. Come possiamo tutelare una legge se non ne conosciamo la reale applicazione?

 

Dunque, il “grande inverno” sui diritti civili in Italia potrà anche arrivare con la vittoria della destra, e sarà l’occasione per ricordare che lottare per i diritti vuol dire battersi per conquistarne di nuovi ma anche e soprattutto per difendere e rendere “esigibili” quelli già conquistati.