I russi hanno dovuto rinunciare all’idea di conquistare rapidamente l’intera Ucraina e il presidente russo ha perduto molto del suo potere. Perché l’intera operazione militare si basa su una valutazione sbagliata

Ci sono due Europe: una che va in vacanza e l’altra che resta in guerra. Anche quella che raggiunge in massa spiagge e montagna, intasando le autostrade e occupando gli alberghi e le pensioni, e che gode in pieno il privilegio della quiete democratica, è pervasa da una giustificata inquietudine. L’inseguono le immagini quotidiane dell’altra Europa, quella in guerra: case distrutte, città deserte, contabilità inarrestabile dei morti ammazzati, nel Donbass e in altre regioni dell’Ucraina invasa.

 

Le sanzioni promosse da Mosca in risposta a quelle imposte dagli Occidentali non creano soltanto fastidi nella vita quotidiana, e al pensiero di quelli più pesanti nella vita di domani, ma possono suscitare se non in tutti in molti occidentali un’intensa, spontanea solidarietà con l’altro popolo europeo investito dai rigori del conflitto.

 

Quelle sanzioni alimentano al tempo stesso anche il timore che i danni della guerra si estendano in concreto alle contrade limitrofe finora risparmiate. Le nostre. La riduzione drastica dell’esportazione di gas russo o di frumento ucraino è destinata a pesare sulle nostre prossime stagioni. Ed è solo un aspetto di quel che può provocare la vicina guerra. Il risultato elettorale francese, che ha ridotto drasticamente la maggioranza assoluta, detenuta dal presidente francese Macron, a una risicata maggioranza relativa rende difficile governare a Parigi. È un grave danno collaterale che ferisce il fronte occidentale.

 

L’Europa occidentale, tartassata come il resto del mondo dalla non ancora del tutto spenta pandemia sfuggita a lungo alla scienza, alla medicina, si trova adesso intrappolata in una guerra vecchio stampo, che sembrava superata nel continente appena uscito da un secolo con due conflitti mondiali e almeno quattro rivoluzioni fallite. Tutte convinte di essere destinate all’eternità e invece tragicamente sgonfiatesi in pochi decenni. Essendo i principali attori del momento dotati di armi nucleari, si pensava che potessero inoltrarsi in nuovi conflitti in cui sarebbe sorta la tentazione atomica. I dirigenti più spericolati l’hanno agitata soltanto. Penso ad alcuni tra i dirigenti russi. Più avventati che avventurosi perché l’uso del nucleare tra potenze che lo posseggono implica la risposta immediata. Ma a questo punto vado al di là del pensabile.

 

Una nebbia fitta avvolge l’intenzione dei dirigenti del Cremlino. Alcuni tra i più accreditati studiosi del potere russo, succeduto a quello sovietico estinto, hanno avanzato l’idea che il presidente Putin sia circondato da personalità militari che non solo lo guidano, lo influenzano, ma che addirittura decidono le sue azioni. Se è così si tratta di “falchi”. E non con una strategia unica. Non poche forze concorrenti si muovono nel Cremlino, dove è ancora dolorosa la ferita aperta dalla decomposizione dell’Unione Sovietica. E dove dominerebbe il desiderio, la volontà, di ricreare l’impero decaduto e frantumato. Se si scorre la cronaca bellica degli ultimi cento giorni ci si accorge che i giudizi iniziali degli strateghi di Mosca erano sbagliati. Avventati.

 

L’indisciplinata Ucraina, elemento importante e spesso tragico di quella che era l’Unione Sovietica, appariva pronta a reintegrare la nuova Russia amputata di tante repubbliche. Questa era l’immagine che dava. Meglio, quella che illudeva Putin e i suoi collaboratori moscoviti. Era l’illusione che nella Storia ha spesso condotto alla rovina gli uomini temporaneamente forti. L’interminabile fila di carri armati sulla strada di Kiev sembrava pronta a un assalto decisivo. Un’operazione militarmente facile. Tanti alleati, amici, simpatizzanti, l’attendevano. E invece la colonna blindata ha sbandato, si è ritirata, si è dispersa, puntando in altre direzioni giudicate più accessibili.

 

A chi imputare l’errore strategico iniziale? Ai politici? Ai militari? Ai servizi di informazione? Non pochi generali hanno perso il posto, non pochi anche la vita. Ma quel che è accaduto veramente al vertice del potere russo resta incerto. Secondo gli americani Vladimir Putin, pur restando presidente, ha perduto molto del suo potere. L’ambizioso progetto iniziale che sembrava abbracciare l’intera Ucraina si è ridotto al Donbass, regione importante, sia per la posizione geografica sia per le ricchezze minerarie e per la numerosa popolazione russa o filorussa. Comunque, soltanto una regione dell’ambita Ucraina. Ma la guerra è appena cominciata. Siamo soltanto al primo capitolo. E ancora in attesa di un vero e difficile negoziato.