Esiste un pubblico che continua ad amare il trash in tv. E che è talmente numeroso da condizionare l’evoluzione dell’offerta

È abitudine di molti criticare i palinsesti della televisione italiana. Capita che ci si accalori, quando il tema sul tavolo è il servizio pubblico, perché la sensazione a volte è quella di essere stati traditi da un combinato disposto di mediocrità e malafede, ma anche il resto della video-offerta non è esentato da perplessità e improperi. Tutti a lamentare il ritorno dei soliti format, la difficoltà - salvo lucenti eccezioni - di costruire un giornalismo libero da politica e pregiudizi. Tutti, anche, a invocare una forma di fiction su Rai e Mediaset che non si limiti a epicizzare le figure della storia nostrana ma entri a gamba tesa nelle mutazioni sociali e culturali di oggi (come già avviene in zona Sky e Netflix).

Insoddisfazione, dunque. Polemiche attraverso il megafono compensatorio dei social. Invettive contro conduttori, autori, direttori di rete e Bruno Vespa sempre. Un cumulo di considerazioni che spesso pescano nel giusto, ma devono anche fare i conti con un’altra realtà. Antipatica. Canaglia, nel ribaltare il punto di osservazione e però anche cruciale in quella che è la complessità della tv. Ovvero deve relazionarsi, questo esercito di contestanti, con le preferenze del grande pubblico di cui fa comunque parte, e del quale deve valutare - e magari rispettare - i comportamenti.

Il peggio della televisione contemporanea, infatti, vanta una platea di affezionati che autorizza i cacciatori di ascolti a giustificarne la messa in onda. Connazionali, questi fan dell’evitabile, che non soffrono - e anzi assecondano, con le loro scelte - la conservazione, lo strapotere di standard esausti, la coltivazione di quella superficialità che a parole nessuno apprezza ma in sostanza impera, l’affondo cinico e baro nel ventre dei sentimenti popolari (di cui maestre indiscusse sono due signore che di nome fanno Barbara e Maria), nonché la coltivazione in video del brutto realizzata in forma altrettanto brutta e con esiti di conseguenza brutti (come non pensare alle edizioni su Canale 5 di Selfie, con Simona Ventura superstar del trash?).

Impossibile, oggi come in passato, fiaccare la resistenza dei titolari di telecomando legati a simile mercanzia. Perché i tantissimi devoti ai corteggiamenti sgangherati di “Uomini e donne”, i milioni di entusiasti delle domeniche pomeriggio targate Biscione, o anche i frequentatori di programmi come Storie vere su Rai1, in cui Eleonora Daniele approfitta in scioltezza dell’attualità più turbolenta, coincidono con l’incapacità nazionale di alimentare il fronte della conoscenza e della consapevolezza. Così il sogno di un (tele)cambiamento stenta, inciampa e alla fine genera l’amarezza di una minoranza di pubblico trascurata e - gioco forza, visti gli equilibri in campo - trascurabile.