Nel Paese strategico sul fronte orientale Nato schierati i sistemi di difesa missilistica. Inviati a Kiev i mezzi della contraerea, si valuta la fornitura di Mig. Al di là della frontiera l’aeroporto di Uzghorod trasformato in base per lo smistamento delle armi (Foto di Gabor Ancsin)

La dogana tra Slovacchia e Ucraina è tranquilla e silenziosa al mattino presto, eppure c’è nell’aria una tensione che fino a qualche giorno fa non c’era. Siamo a Vyšné Německé, a due km dalla prima città ucraina di Uzghorod. Il valico è controllato dalla polizia slovacca, dai militari e da Frontex, che nei giorni caldi dell’esodo di rifugiati, ha dato una mano nella gestione dell’accoglienza. «Ma qualcosa recentemente è cambiato», dice una delle responsabili di Frontex. «No, non nel flusso dei profughi, che di recente si è invertito. È mutato il clima di tensione, come se dovesse accadere qualcosa da un momento all’altro», spiega. Al check-point passano di volata numerose auto con la bandiera dell’Unione Europea sulla fiancata. Sono dirette in Ucraina, ma nessuno al posto di blocco ci vuole spiegare chi sono e dove vanno. «Qui il caos comincia a metà mattinata», racconta uno dei militari di frontiera per sviare il discorso. «Molti continuano ad arrivare in Slovacchia, spesso arrivano con macchine tutte scassate e rientrano con fuoristrada nuovi. Li comprano qui». Poiché nelle zone di guerra le macchine sono state distrutte e in buona parte dell’Ucraina le strade sono ormai completamente dissestate, servono jeep 4X4. E le vengono a comprare in Slovacchia.

[[ge:rep-locali:espresso:348063186]]

 

«Sì, ma i funzionari dell’Ue dove vanno?». Non sono autorizzati a rispondere e ci mandano via. In tutta la zona di confine con l’Ucraina il controllo è aumentato. Fino a qualche giorno fa, per esempio, fare foto di poliziotti e militari per strada era consentito, adesso è vietato. «La verità è che abbiamo paura delle spie russe». Nella sala colazione dell’unico albergo aperto di Michalovce, a 15 km dal confine ucraino, ci sono dei funzionari del governo slovacco. Uno di loro, tra un sorso di caffè e l’altro, accetta di parlare, in incognito. «Ora che la Slovacchia si è schierata contro Putin, temiamo ritorsioni e sappiamo che ci sono spie che cercano di capire quali armi abbiamo predisposto». La Slovacchia da tre settimane ha inviato all’Ucraina il sistema sovietico di difesa aerea S-300, per aiutarla a difendersi dagli attacchi russi. E ora sta valutando di inviare a Kiev anche 12 aerei MiG-29 di fabbricazione sovietica. La decisione verrà presa in queste settimane, in attesa di capire quando arriverà la prima fornitura di jet F-16 ordinati dagli Stati Uniti.

 

Ma c’è di più. Da fine marzo, alla base aerea slovacca di Sliač è arrivata una task force tedesca-olandese che ha schierato alcuni sistemi Patriot Sam. L’obiettivo è rafforzare le difese aeree della Slovacchia e integrare i sistemi di difesa aerea e missilistica. Alla base ci sono circa 400 soldati tedeschi e olandesi che lo scorso 20 e 21 aprile hanno fatto una esercitazione congiunta tra Slovacchia, Germania e Olanda. Il 27 aprile, poi, il presidente tedesco Frank Steinmeier è stato ospite alla base di Sliač insieme alla presidente slovacca Zuzana Čaputová. «Sai come si dice, è nei momenti difficili che ci riconoscono gli amici». Ha detto la presidente slovacca che, nonostante le minacce, su Mosca è netta. «Questa situazione è stata causata dall'invasione illegale delle truppe russe in Ucraina. Ecco perché era necessario rafforzare le nostre capacità, che avevamo indebolito di recente», ha spiegato Čaputová. La presidente della Repubblica slovacca ha voluto sottolineare la sua gratitudine a Germania, Paesi Bassi, Repubblica Ceca e agli altri. Perché in questo momento la Slovacchia si sente in pericolo.

[[ge:rep-locali:espresso:348063187]]

 

«I cittadini qui sono contro la guerra, non vogliamo entrare in conflitto, ma siamo vulnerabili e proprio per questo dobbiamo aiutare l’Ucraina. Anche se, per la verità, la gente ora teme le reazioni di Putin». Ce lo rivela una fonte del governo proprio alla base di Sliač, dove siamo riusciti a entrare per vedere cosa sta accadendo in Slovacchia. Un Paese che è stato poco raccontato, anche nella gestione dei migranti, e che invece ora sta diventando strategico sull’intero fianco orientale della Nato. C’è anche un’altra ragione, ci raccontano più fonti, per cui la Slovacchia è un punto nodale in questo momento. Uzghorod, in Ucraina, è una città che in questo momento è relativamente tranquilla ma il suo aeroporto civile improvvisamente è stato blindato come fosse zona militare. I voli commerciali sono quasi zero e comunque ci si può avvicinare alle strade limitrofe solo se si lavora all’interno o se si dimostra di dover prendere un aereo. Altrimenti la strada è sbarrata dalle camionette dell’esercito.

 

Per entrare in Ucraina l’attesa è stata relativamente breve, solo un paio d’ore e poi la strada fino al centro città è diritta. Scorgiamo ancora qualche auto con l’effige dell’Ue che sfreccia, ma la nostra meta è la sede della Transcarpatian regional military administration. Un palazzone in stile sovietico tutto ricoperto di sacchi di sabbia. «Una decina di giorni fa un gruppo di filo russi ci ha attaccato e ha tentato di prendere il controllo della città», racconta una guardia armata all’ingresso. A noi serve il pass proprio per provare ad accedere alla zona aeroportuale. Mentre siamo a Uzghorod, l’allarme antimissile suona due volte, eppure nessuno sembra preoccuparsi più di tanto. «Perché non vi nascondete?». Una dipendente del comune spiega che la zona dei Transcarpazi è sicura, almeno per ora. «La sirene suonano perché intercettano i missili delle aree limitrofe, ma qui i russi non bombardano». Lo sguardo scettico. «La regione è troppo piccola e i missili russi poco precisi. Il rischio di sbagliare e colpire un Paese Nato è troppo alto». Effettivamente, l’Oblast’ della Transcarpazia è un fazzoletto di terra tra Slovacchia, Ungheria, Romania e Polonia. «La volta che davvero arriverà un missile ci beccherà tutti in strada», ridacchia amaramente la donna. Ma intanto ci avvisa che non ci possiamo avvicinare all’aeroporto, accredito o non accredito. Perché tanta sicurezza? Le fonti ci hanno raccontato che lo scalo aeroportuale è utilizzato segretamente per ammassare armi che vengono poi trasportate nelle aree sotto assedio. Avvicinarsi per capire cosa succede è impossibile, ma salendo sulle colline di Uzghorod riusciamo a vedere mezzi militari in movimento e un elicottero che sorvola l’intera area. «La zona è vietata ai civili, informazioni top secret». Ci ammonisce un poliziotto a guardia della strada, dove in lontananza scorgiamo militari con mimetiche diverse tra loro. Dalla zona dobbiamo andar via e ci dirigiamo verso una area montagnosa dove, secondo una mappa, dovrebbe esserci un campo di addestramento. Sentiamo colpi di armi che risuonano nel silenzio della campagna e poi ci un calpestio alle nostre spalle.

[[ge:rep-locali:espresso:348063188]]

«Abito qui in zona, sentiamo spesso gli spari». L’anziano col cane dice di aver visto soldati stranieri aggirarsi con le jeep. «Parlavano inglese tra loro, sembravano americani, ma c’erano sicuramente anche slovacchi, la conosco la lingua», racconta l’uomo. «Non ha paura?». Ormai... le ha viste tutte, dice. Non si meraviglia più di nulla. Tornando in città, notiamo una maggiore agitazione. Il ministro della Difesa slovacco Jaroslav Naď ha detto che si teme un attacco russo sull'aeroporto di Uzghorod. Non è un gran mistero, dunque, che l’aeroporto sia usato per esercitazioni militari e per accumulare armamenti. «Ci aspettiamo attacchi militari sull'aeroporto e avranno sicuramente implicazioni militari», ha detto il ministro Naď. D’altronde, la Russia ha già compiuto azioni simili. Come quando ha colpito la base di Javoriv, ​​a soli 20 chilometri dal confine polacco, dove si addestravano i foreign fighters.

 

[[ge:rep-locali:espresso:348063188]]

Il ritorno in Slovacchia è lento. Ci sono molti ucraini in uscita al check-point e anche lì la tensione è cresciuta. C’è una grandissima paura delle spie. Si fanno domande, si controllano le auto centimetro per centimetro a tutti. Anche ai giornalisti. «La Slovacchia è un piccolo Paese che nessuno tiene più di tanto in considerazione», dice uno dei portavoce dell’esercito. «Eppure, ora ospitiamo quasi 2100 persone. Oltre ai cechi, ci sono anche americani, tedeschi, olandesi, polacchi e sloveni. Se succederà un casino, sarà un casino grosso».