È la prima agente a capo della Cia, ma la sua nomina è offuscata dalle polemiche. Nel 2002, da responsabile di una prigione segreta in Thailandia, Haspel ha dato il suo benestare al programma di interrogatori e torture sviluppato per estorcere confessioni agli affiliati di Al Qaeda

La sua vita è avvolta nel mistero, così come gran parte degli incarichi svolti all'interno del servizio segreto più famoso al mondo. Gina Haspel è stata scelta come direttore della Cia, al termine di un processo di nomina iniziato due mesi fa con la proposta fatta da Donald Trump. Sarà la prima donna a capo della “Company”, come viene soprannominata l'agenzia di spionaggio americana.

Due mesi di critiche e dubbi: la Commissione sull'intelligence e il Senato degli Stati Uniti, incaricati di decidere se ratificare o meno la nomina, hanno ricevuto poco materiale su quanto fatto da Haspel nei suoi 33 anni di servizio. La maggior parte delle informazioni, infatti, sono secretate. Rivelarle, sostengono dalla Cia, metterebbe a rischio la sicurezza nazionale.

Eppure in un articolo scritto sul Washington Post da John Kiriakou, ex agente della Cia per le operazioni di antiterrorismo, il ritratto che ne viene fatto non è dei più lusinghieri. Kiriakou racconta che lui e altri agenti erano soliti riferirsi a lei utilizzando il soprannome “Bloody Gina”, Gina la sanguinaria. Questo perché la Haspel ha partecipato, dopo gli attentati dell'11 settembre 2001, al «potenziamento delle tecniche di interrogatorio» da parte della Cia nei confronti dei presunti terroristi. Tradotto, tortura per estorcere confessioni.

La stessa Haspel ha diretto sul finire del 2002, in Thailandia, un “black site”, ossia una prigione segreta in cui venivano deportati i sospettati di affiliazione con Al Qaeda per essere interrogati. Anni dopo si è scoperto che almeno un uomo, Abd al Rahim al-Nashiri, è stato torturato nel periodo in cui la nuova direttrice della Cia era a capo del carcere chiamato in codice “Occhio di gatto”. Al-Nashiri, cittadino saudita, era accusato di aver progettato l'attentato al cacciatorpediniere americano USS Cole nel 1998 e di essere stato alla guida delle operazioni di Al Qaeda nel golfo Persico. L'uomo sarebbe stato sottoposto in varie circostanze al “waterboarding”, tecnica di tortura che simula l'affogamento per costringere la persona interrogata a parlare. Il nome della Haspel, inoltre, compare nel documento scritto dall'allora capo delle operazioni antiterrorismo José Rodriguez che autorizzava la distruzione di decine di registrazioni video in cui venivano ripresi gli interrogatori sotto tortura.

In campagna elettorale Donald Trump ha più volte dichiarato di essere a favore delle tecniche utilizzate dalla Cia dopo gli attentati al World Trade Center di New York. Gina Haspel, però, ha cercato di fare chiarezza. Di fronte alla Commissione sull'intelligence del Senato ha affermato che sotto la sua guida l'agenzia di spionaggio non farà più uso della tortura, anche se si è rifiutata di rispondere sulla moralità del waterboarding e delle altre tecniche usate in passato.

Nonostante le ombre sul suo passato, ben sei ex direttori della Cia hanno appoggiato la sua nomina. Lo stesso hanno fatto molti altri funzionari che lavorano nel mondo dell'intelligence e alcuni diplomatici. Le poche informazioni desecretate per presentare il lavoro svolto sono tutte positive, rappresentano Haspel come una persona preparata, «una patriota», in grado di tenere testa alle pressioni politiche. Al Senato è bastato per far entrare “Bloody Gina” nella storia americana.